CAPITOLO 21

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EDMUND RISGEF

È la nostra luce, non la nostra ombra quella che ci spaventa di più
NELSON MANDELA


La notte l'ho trascorsa tra il letto e il divano, con una birra, poi due, fino a quando ero abbastanza stordito da smettere di pensare. Una volta rientrato a casa, Marie mi era corsa incontro, i suoi occhi azzurri mi scrutavano intensamente, pieni di preoccupazione e tenerezza.

Mi ero lavato e poi messo a letto a notte inoltrata, con la testa della mia ragazza appoggiata sul mio petto. Ogni tanto la guardavo, osservando i suoi lineamenti sereni e la lieve curva delle sue labbra mentre dormiva.

Da molto tempo ero entrato nel tunnel dell'abitudine, e i sentimenti che provavo verso Marie si erano affievoliti, diventando una pallida ombra di ciò che erano un tempo. La passione e l'entusiasmo iniziali si erano trasformati in una routine spenta e priva di emozioni.

Da altrettanto tempo ero diventato un traditore seriale, un pezzo di merda da cui stare alla larga. Ero un uomo senza scrupoli, capace di ingannare chiunque, con una freddezza calcolatrice e una perversione che mi spingeva a cercare nuove conquiste senza alcun rimorso.

Solo che fino a ieri sera, le mie conquiste non rientravano nella categoria delle pazienti. Ora mi sento confuso, ho tradito la mia legge morale e il codice deontologico, e forse dovrei dimettermi, ma non sono abbastanza coraggioso per farlo.

Ripenso ad Abigail: il completino di pizzo blu era un incanto sul suo corpo perfetto, aderendo alle sue curve in modo seducente e mettendo in risalto la sua pelle liscia e luminosa. I suoi occhi brillavano di una luce invitante. Era irresistibile.

Non potrei continuare a essere il suo terapeuta dopo quello che è successo, ma ormai ho promesso a suo fratello che l'avrei aiutata. O forse è solo una scusa che mi racconto.

Mi alzo alle prime luci dell'alba, prendo un caffè al volo e mi chiudo in bagno per vestirmi. Sullo specchio noto un post-it di Marie:

"Sono uscita presto per andare a lavoro. Ti amo. M."

Anche questa è un'abitudine: ogni mattina mi lascia un post-it di colore diverso in diversi luoghi della casa. Oggi è toccato al colore rosa.

Arrivo in ufficio puntuale, accolto da Susan, sempre impeccabile, che mi aggiorna sugli appuntamenti della giornata e mi informa che Bryan ha telefonato e sarà qui a momenti.

Alzo gli occhi al cielo, pensando a quanto sia difficile iniziare la giornata con una visita inaspettata. Di cosa vorrà parlarmi stavolta?

Chiedo gentilmente a Susan di portarmi il mio caffè amaro con latte a parte mentre mi dirigo nel mio studio.

Il telefono squilla, riconosco il numero interno e deduco che Susan mi stia avvisando dell'arrivo di Bryan. Apro la porta del mio studio e lo vedo accanto alla mia segretaria, con un pupazzo in una mano e una cartellina nell'altra.

<<Vieni, accomodati>> gli dico cordialmente.

Una volta seduti, noto che Bryan è visibilmente agitato: le sue mani tremano leggermente e il suo sguardo si sposta nervosamente intorno alla stanza. Rimango in silenzio, aspettando che sia lui a parlare per primo.

<<Mi scusi per l'improvvisata>> dice, parlando tutto d'un fiato. <<Ieri, mentre rovistavo nel baule dei ricordi, mi sono imbattuto in questi oggetti appartenenti a Era. Ho letto su internet che i traumi spesso risalgono all'infanzia e ho pensato che questi potessero essere utili per la terapia.>>

INFERNO PARADISODove le storie prendono vita. Scoprilo ora