CAPITOLO 10

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Al mattino seguente, dopo la notte dei giochi, ho le idee chiare su cosa devo fare.
Mi alzo dal letto e scendo in cucina, sono già le 11 e Bryan doveva essere già rientrato invece sono sola.

Faccio colazione velocemente e mi vesto altrettanto velocemente prendendo dall'armadio un jeans e una felpa di colore lilla.

Esco di casa, salgo in macchina e chiamo Diana che non risponde.

Starà dormendo, meglio così. Mi immergo nel traffico di Manhattan, devo arrivare ad Hudson Yards prima delle 12.30, orario in cui il patrigno della mia amica va in pausa pranzo. È proprietario dello studio legale Brown&Smith.

Sono stata solo una volta in quell'edificio e ho conosciuto il suo socio. Un figlio di puttana tale e quale a lui. Mentre nella mia maserati rimbomba "Animals" dei Maroon 5, arrivo a destinazione.  Scendo nel parcheggio privato del palazzo, dopo aver mentito al portiere dicendogli che ho un appuntamento per un consulto.

L'auto del bastardo è una porsche GT grigio fumo metallizzata.  Tiro fuori dal bagagliaio quello che mi serve.

Smonto la ruota, devo cercare di capire come manomettere i freni solo che ha scelto i dischi in acciaio e questo è un problema. Dischi, pinze e pastiglie dei freni devono essere tarati con precisione per ottenere prestazioni di frenata costante.

  Soprattutto, il rapporto tra la superficie delle pastiglie  e la dimensione dei dischi è fondamentale per evitare il surriscaldamento dell’impianto frenante.  Senza contare che l’impianto deve essere alimentato con aria di raffreddamento sufficiente e il calore deve essere dissipato in modo mirato. Il dilemma è che scegliendo i dischi in acciaio essi supportano temperature elevatissime perciò anche volendo manomettere l'impianto, riuscirebbe a frenare.

L'unico modo che ho per far si che perda il controllo dell'auto è allentare i bulloni degli pneumatici.

Funzionerà, a maggior ragione data la velocità che il bastardo si accerta di raggiungere ogni volta che si mette alla guida. Le gomme perderanno aderenza e stabilità.

Procedo silenziosa. Sono fortunata perché a quest'ora non c'è nessuno nel parcheggio ma devo sbrigarmi perché tra venti minuti si affollerà di dipendenti affamati impazienti.

Una volta finito,  sto per rimettermi in auto quando sento una voce familiare provenire dall'ingresso del parcheggio. Mi abbasso dietro la mia maserati e sbircio dai finestrini.

Diana sta uscendo accompagnata dal patrigno e dal socio. Ha il viso pallido e da qui sembra stia tremando.

Non mi piace, non deve entrare in quella macchina.
Apro la portiera lentamente e tiro fuori dal porta oggetti qualche salvietta umidificata per pulirmi al meglio dalle macchie di grasso, dopodiché mi faccio notare.

<<Buongiorno Diana>> le dico incamminandomi verso di lei che, nel vedermi si pietrifica.

<<Era ma che piacere!>> ribatte il patrigno. Indossa un completo nero e mi guarda malizioso. Lo saluto con un cenno del capo. Devo pensare ad una scusa per portare via la mia amica.

<<Cosa ti porta fino a qui?>> chiede lui allungando un braccio per abbracciarmi. Mi sposto e gli sorrido forzatamente.

<<Diana, pranziamo insieme oggi? Ho necessità di parlare con te>> affermo.

<<Non può oggi, deve venire con noi>> risponde il socio, Lucas se la memoria non mi inganna. Giro la testa di lato e lo osservo. Non è cambiato dall'ultima volta che l'ho visto ma non mi stupisco. I figli di puttana non cambiano mai.

<<Diana deve venire con me, ho bisogno urgente di parlare con lei>> rispondo cercando di mantenere la calma. I due uomini bisbigliano qualcosa tra di loro, intanto, Diana mi guarda e scuote la testa.

INFERNO PARADISODove le storie prendono vita. Scoprilo ora