CAPITOLO 20

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Il sesso è l’arte di controllare la mancanza di controllo
PAULO COELHO

Il viaggio di ritorno verso casa è noioso. Guida solo io perché Bryan è ancora troppo confuso: il corpo è accasciato contro la portiera e la testa appoggiata al finestrino.

Accendo la radio e, su una stazione, sta passando "Houdini" di Eminem. Tamburello le dita sul volante a ritmo, mentre mi concentro sulla strada. Una volta arrivati a destinazione, spengo l'auto e apro la portiera. Proprio in quel momento, Bryan mi afferra per il braccio, costringendomi a tornare seduta.

«Che vuoi?» chiedo con tono minaccioso.

«Stavo riflettendo su una cosa, ne ho parlato anche con il dottor Risgef,» risponde, abbassando lo sguardo.

Non vedendo alcuna mia reazione, continua: «Questa diagnosi non mi convince. Potresti fingere, dopotutto ti farebbe comodo per passare inosservata, no? Hai rubato un cadavere e Dio solo sa cos'altro hai fatto.»

Lo fisso, incredula. Fa sul serio?

«Lui mi ha detto che la tua situazione non è una finzione, ma ho deciso di farti valutare da uno psichiatra,» dice, fissandomi con occhi vuoti e tristi.

Alzo un angolo delle labbra in un sorriso beffardo.

«E poi? Mi porti da un esorcista?» cerco di mantenere il controllo, mentre la rabbia che sale dalla mia pancia minaccia di sopraffarmi.

«Se dentro di te c'è qualcun altro, devo aiutarti a guarire» risponde, con tono deciso.

«Ho giurato a mamma e papà che mi sarei preso cura di te» dice con voce tremante. «In ginocchio sulla loro lapide, ho promesso che ti avrei protetta a ogni costo, anche sacrificando la mia vita.»

Abi, lascia che parli con lui, penserò io a sistemare le cose.

No, faccio io.

«Ti ringrazio per il pensiero» rispondo con fermezza, «ma sono abbastanza grande da cavarmela da sola.»

B sospira e scuote la testa, come per scacciare un pensiero indesiderato.

«Non ne sono certo» dice, indurendo la voce. «Hai combinato un bel guaio con quel cadavere.»

«Forse è il caso che rivedi le tue convinzioni» rispondo con calma, «che accetti la realtà e riconosca che io ho un problema.»

«Non ti credo, Era» dice con tono scettico. «Non credo che tu abbia diverse personalità. Che idiozia!» Sembra essersi ripreso e ride beffardamente.

«Era è allergica alle albicocche?» chiedo, sfidandolo.

Lui mi osserva, sbattendo le palpebre, sorpreso e senza parole.

«No, non ha allergie» risponde finalmente.

«Allora come spieghi che io sia finita in ospedale a causa dei tuoi fallimentari esperimenti di merda?» ribatto. «O hai dimenticato l'episodio del risotto?»

«La tazza di Superman» afferma dopo essersi immerso nei suoi pensieri per qualche minuto.

«Eh? Che diavolo c'entra?» rispondo, stanca e infuriata.

«Non ricordavi di avermela regalata» La sua voce si spezza, e questo basta a chiudere bruscamente il colloquio improvvisato.

«Bravo, fratellone, i tuoi neuroni sembrano funzionare. Ora basta, entriamo in casa. È stata una lunga giornata e sono esausta» dico, esasperata.

Bryan annuisce, non del tutto convinto, e apre la portiera.

Nel silenzio della notte, rotto solo dal sussurro del vento tra le foglie e dal lontano ululare di un cane, cerchiamo di muoverci senza fare rumore. Sfilo le chiavi dalla tasca dei jeans e apro la serratura con un clic secco, interrompendo brevemente la tranquillità del viale.

INFERNO PARADISODove le storie prendono vita. Scoprilo ora