CAPITOLO 8

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L'esatta origine del gioco della bottiglia è ignota ma si pensa che sia stato inventato negli stati uniti, verso la prima metà del novecento. 

Ai miei ospiti viene chiesto di alzarsi dalle sedie e di prendere posto sul pavimento. Devono creare un cerchio. Eseguono. Camminando lentamente mi fermo dietro la schiena di due ragazze dai capelli biondi e toccando una di queste con la punta della scarpa, essa si sposta lasciandomi passare. Ora sono dentro al cerchio, in piedi. Mi accovaccio e  appoggio la bottiglia di chianti al centro.

<<Conoscerete sicuramente il gioco della bottiglia. O meglio, lo conoscerete come viene fatto da voi nelle vostre confortevoli camerette insieme ai vostri amici o durante una di quelle feste delle confraternite.>> i ragazzi annuiscono ed io proseguo il mio discorso. <<Non ci saranno pomiciate, baci, carezze vomitevoli o abbracci. Questa bottiglia di vino italiano serve solo per scegliere chi saranno i primi a sfidarsi. Una delle mie aiutanti ha il compito di fare girare l'oggetto. Chi verrà scelto dovrà alzarsi in piedi.>>

Esco dal cerchio e con un cenno di mano chiamo Kelly che stava addentando un hot dog. Quando capisce che sta perdendo tempo, lascia il panino su uno dei tavoli e corre verso la cerchia di persone.

Delicatamente fa girare la bottiglia, il cui collo ferma davanti ad un ragazzo con i capelli rossi che si alza subito. Al suo secondo giro, la scelta ricade su un ragazzo con i capelli castani.

<<Gli altri sono pregati di seguire le mie aiutanti dentro quella stanza>> dico indicando la porta bianca dell'archivio scolastico; porta che avevo scassinato mentre aspettavamo i partecipanti.

Rimaniamo soli. Io e i due ragazzi che si guardano a vicenda. So per certo che dietro la maschera il loro viso è teso e preoccupato, d'altronde per loro è tutto nuovo e ignoto.

Prendo dal tavolo un punteruolo per la pelle con manico tondo di legno grezzo  e lo faccio girare tra le dita.

<<C'è un gioco, comunemente chiamato "indovina il disegno sulla schiena", ne avete sentito parlare?>> gli sfidanti annuiscono.

<<Farete lo stesso gioco, con la differenza che il palmo della vostra mano sarà il foglio e questo punteruolo sarà la matita. Il disegno da riprodurre lo scelgo io. Vince chi riesce a sopportare il dolore fino a disegno completo. Se non riuscirete a finire l'immagine, verrete eliminati e ringraziati per aver partecipato con i cinque mila dollari promessi>> concludo con voce bassa e provocatoria.

<<Ma questa è una tortura, non è un gioco!>> esclama il rosso. Mi avvicino a lui con l'oggetto ancora tra le mani, lo sfigato indietreggia.

<<Non ti ho dato l'autorizzazione per aprire la bocca.>> esclamo mentre lo afferro per la gola.
Lo vedo deglutire a fatica così lascio la presa e mi allontano. Ora non posso far loro del male.

<<Siediti qui e appoggia sulla gamba la mano con il palmo verso l'alto>> ordino strisciando una sedia e spingendolo sopra. <<Una volta varcata la soglia della biblioteca non potete tirarvi indietro, era nelle regole che avete letto>> decido di rammentargli questo punto perché da come si muove sono certa che voglia svignarsela. Il castano mi affianca, gli passo il punteruolo e in un sussurro gli dico l'immagine da creare.

Si china e avvicina la mano tremolante al suo compagno di sventura, poi prende un bel respiro. Io osservo rimanendo ferma a braccia conserte.

Al contrario di quello che pensavo, lui non ha ripensamenti e incide la pelle molto piano. Ogni tanto si volta nella mia direzione ma continua il suo lavoro. Il rosso invece, si lamenta. Piccoli rantoli di dolore escono dalla sua bocca. Quando inizia anche a tremare mi sposto dietro di lui e lo tengo fermo posando un braccio su una spalla e l'altro sulla pancia, così facendo lo faccio aderire completamente allo schienale della sedia.

INFERNO PARADISODove le storie prendono vita. Scoprilo ora