CAPITOLO 1

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Questa università è un dannato labirinto. Sì, il mio senso dell'orientamento fa schifo, ma bisogna ammettere che la Columbia è veramente enorme, e perdersi è fin troppo facile, anche dopo sei mesi.

Mentre avanzo verso l'entrata, vedo già persone in costume. Demoni, conigliette sexy, pagliacci, supereroi, cheerleader, e altri travestimenti imbarazzanti. Ho persino visto qualcuno vestito da bidone dell'immondizia. Mancano ancora dieci giorni a Halloween, ma quest'anno sarà epico, sarà spaventoso, sarà proibito. Sto organizzando tutto con l'aiuto delle mie amiche, Diana e Kelly, che vedrò stasera a cena per definire gli ultimi dettagli.

Loro non frequentano l'università, lavorano. Io "studio", anche se odio la Columbia e i suoi insegnanti. L'unica cosa positiva è che qui ho modo di conoscere un sacco di persone e avere un'ampia rete di contatti.

Arrivo in ritardo a lezione, ma non mi importa. Arti visive, una noia mortale. Fingo di prendere appunti, mentre osservo i figli di papà seduti in aula.

Riconoscerei l'odore dell'Upper West Side ovunque. Una volta, la ricchezza puzzava di sudore, di escrementi e di urina usata come solvente. Oggi, la ricchezza non ha odore: è vuota.

Vedo esseri umani, ma non vedo umanità. Vedo maschere, ma non volti. Sono tutti senza personalità, senza note di testa o di cuore, come la maggior parte delle persone che li circonda. Io, invece, sono diversa. Non ho pregiudizi, vado d'accordo con tutti, ma se un giorno i miei capelli sono in disordine, non ne faccio una tragedia né mi affretto a postare su Instagram "bad hair day". Ironia della sorte, le mie migliori amiche sono l'opposto di me, esattamente come la massa di pecore di questa città. Eppure, come si dice... gli opposti si attraggono.

«Signorina Cooper, sta disturbando la lezione, la prego di smetterla.» 
Lo sto facendo apposta, professoressa Anderson. La sua lezione fa schifo.

«Mi annoio a sentire le sue stronzate, e la sua voce da oca mi fa venire i brividi. Per non parlare di come è vestita: sembra una di quelle insegnanti di Hogwarts.» 
Il silenzio cala in aula. Immagino che tutti abbiano la bocca spalancata, ma non mi preoccupo di controllare; continuo a fissare la professoressa. Dio, quanto è ripugnante. Mi stavo divertendo a canticchiare "Toxic" di Britney Spears, una delle mie canzoni preferite. Dopo qualche minuto di shock, la professoressa decide di farsi venire una crisi isterica e mi manda fuori dall'aula. Non aspettavo altro.

Esco dalla scuola e mi dirigo verso la mia Maserati MC20 nera. Edizione speciale, un regalo di Bryan che cerca di compensare le sue continue assenze con un bolide di cui non mi interessa sapere il prezzo. So solo che ne sono state prodotte cinquanta. Io e Bryan siamo gli eredi delle Cooper's Garage, una catena di cinque officine sparse per l'America. Che figata, eh? Già. Ne approfitto, certo, ma solo per avere lavori gratis sulla mia Maserati. Fosse per me, avrei venduto tutto, ma non potevo. Chi mai rinuncerebbe a miliardi di dollari?

Apro la portiera e trovo un sacchetto di albicocche secche sul sedile. Un bello scherzo di merda. Sono allergica a quel frutto. Bryan è via per lavoro e torna domani, e comunque non credo che metterebbe mai delle fottute albicocche nella mia macchina. Non ho tempo né voglia di pensarci ora; ho giochi da finire di organizzare.

Arrivo a casa con l'intenzione di farmi una lunga doccia, ma le mie amiche bussano alla porta. Le vedo attraverso le finestre. Cristo, avevo detto alle 20, sono le 18. Ho due scassacoglioni come aiutanti.

«Ciao, orribili creature,» le saluto con un sorriso a trentadue denti, infastidita dal loro anticipo. 
Diana mi abbraccia e si precipita davanti allo specchio del corridoio, sia mai che il rossetto si sia sbavato. Kelly, invece, mi sorpassa senza degnarmi di uno sguardo, la solita cafona.

Chiudo la porta e le raggiungo in cucina; si comportano come se fossero a casa loro, ormai. Ci conosciamo da cinque lunghissimi anni.

«Se volete bere, alzate il culo e servitevi,» dico forzando un sorriso a quelle due facce ingrati. 
«Ok,» rispondono in coro. Prevedo una lunga serata.

Mi siedo davanti a loro, gomiti sul tavolo e mani intrecciate all'altezza del mento. Le fisso per qualche minuto, mentre loro si guardano confuse.

«È un nuovo gioco?» chiede Kelly, sorridendo come un'ebete.

«Potrebbe esserlo. Volevo vedere chi avrebbe ceduto per prima,» rispondo seria.

«Cazzo, certe volte mi spaventi,» sbotta Diana. Alta un metro e ottanta, regina dell'Upper East Side, bionda, pelle perfetta, occhi scuri e fisico da urlo. Lavora come modella ed è superficiale come poche persone.

«Dai, ultimiamo i giochi così poi ceniamo,» sbuffo.

Kelly, pelle scura, occhi scuri, capelli rosa, alta un metro e settanta, magra e sempre affamata, batte le mani come una bimba.

«Sì, evvai! Sbrighiamoci, che ho fame,» esclama divertita.

«Allora, il messaggio è sempre lo stesso, ma ve lo rileggo: "In biblioteca vi aspetto, al mio cospetto. Il gioco ha inizio e sarete al mio servizio. Se accetterai, cinquemila dollari avrai."»

Le mie amiche non mi stanno ascoltando, troppo impegnate con i loro cazzo di telefoni.

«Ragazze, mettete via quei telefoni di merda, cazzo!» sbatto la mano sul tavolo, e loro sobbalzano. Diana si schiarisce la voce, mentre Kelly si tormenta la pellicina del pollice con i denti. Sospirando, continuo.

«Dunque, la notte di Halloween avremo la biblioteca a completa disposizione. Ho pagato duemila dollari al rettore per non avere sorprese. Entrerete travestite e vi confonderete tra gli studenti. Io mi vestirò da angelo condannato.» 
Il sorriso malizioso che mi si dipinge sul volto non lascia dubbi, e le mie amiche scoppiano a ridere all'unisono.

«Che intenzioni hai? Scoparti ancora uno dei perdenti?» Diana mi conosce bene. Io marchio sempre i miei perdenti.

Li scopo e poi incido sulla loro pelle una lettera A, proprio sull'asta del pene. Mi eccita da morire vedere il loro viso terrorizzato quando, dopo l'orgasmo, li blocco e mi avvicino al loro gioiello con un bisturi. Fremo all'idea di rifarlo.

Mi mordo il labbro fino a farlo sanguinare, il ricordo mi eccita troppo.

«Piantala, sei inquietante. Hai lo sguardo di un'assassina!» Kelly sembra terrorizzata.

«Mi conoscete, inutile che vi scandalizzate>> dico dirigendomi verso il frigo per prendere dell'acqua.

<<Sì ma ti sei fatta sanguinare il labbro, sta cosa che ti eccita così tanto inizia a spaventarmi anzi a spaventarci>> Diana, la stronza,parla per entrambe senza  guardarmi. Fissa la finestra della cucina, nervosa. Mi avvicino un soffio dalla sua bocca.

<<Ti piace scoparti il tuo patrigno,  sicura di voler giudicare me?>>
Colpita e affondata. Sbianca. Si starà chiedendo come faccio a saperlo.
Balbetta qualcosa ma non le do retta. Kelly intanto, si gode la scena masticando rumorosamente quel chewingum che tiene in bocca da troppo tempo e che vorrei farle ingoiare.

<<Andatevene, ho da fare>>ordino alzando la voce mentre mi dirigo verso il bagno.

<<Ma dovevamo finire di decidere i nostri giochi e dobbiamo cenare>> Diana rischia grosso oggi. Mi volto di scatto e la raggiungo mezza nuda.

<<I miei giochi>> scandisco bene la parola miei.

La fulmino con lo sguardo e questo basta a far capire loro che è ora di levare le tende.

Mentre si alzano dal tavolo e si avviano verso la porta di casa mi schiarisco la voce costringendole a voltarsi. Le guardo negli occhi e con un tono gelido aggiungo: <<siate puntuali o il pene dei perdenti non sarà l'unica cosa che inciderò>>


INFERNO PARADISODove le storie prendono vita. Scoprilo ora