Idee pericolose

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Alcuni uomini vogliono solo vedere il mondo bruciare."

– Il Cavaliere Oscuro

Avevo passato la notte a casa di Jay. Avevo le chiavi e mi era bastato mandargli un semplice messaggio per avvisarlo che sarei andata da lui. Avevo bisogno di un posto dove stare da sola e assimilare tutto.

Avevo spento il telefono per non sentire le chiamate e i messaggi di Blake. Avevo gli occhi pieni di lacrime, ma mi rifiutavo di farne cadere anche solo una per lui.

Avrei fatto qualsiasi cosa per difenderlo, ma quella sera, in quel bagno, aveva deciso di mandare all'aria tutto andando con quella ragazza. E io non avevo più motivi per giustificarlo.

Mi aveva sempre sottovalutata e io glielo avevo permesso. Ma ora basta. Mi sarei rialzata e avrei dimostrato a tutti che non ero più la piccola Heart. Ero Cassandra, e non avevo bisogno di uno stronzo qualunque al mio fianco. Volevo qualcuno che tremasse al solo pensiero di perdermi. Sapevo di meritarlo. E anche se in quel momento il cuore mi faceva male come se ci avessero sparato dentro, perché quel qualcuno non era Blake, mi sarei ripresa e avrei avuto tutto ciò che meritavo.

Mi spogliai, presi una maglietta di Jay come pigiama e mi infilai a letto. Volevo spegnere il rumore dei miei pensieri, volevo dormire per poi svegliarmi e ricominciare. Volevo che fosse così semplice. Ma non lo era. In quel momento avrei tanto voluto rifugiarmi nell'abbraccio di Melody. Lei avrebbe saputo cosa dire. Ma non potevo chiamarla e dovevo sperare che il mattino seguente le cose andassero davvero come dovevano. Non avrei perso solo Melody, ma almeno loro sarebbero stati al sicuro.

Non riuscii a trattenere le lacrime. Per un solo secondo accettai di crollare, da sola a casa di Jay.

Accettai che lasciarlo andare mi aveva lasciato un vuoto dentro e che, almeno quando ero sola, potevo permettermi di sentirlo e raccogliere i pezzi.

Non so dopo quanto tempo mi addormentai, ma quando successe, avevo gli occhi pesanti e gonfi e le labbra martoriate dai miei stessi morsi per non singhiozzare.

Quando mi svegliai era quasi sera e Jay era rientrato. Sentivo il volume della TV dalla stanza accanto. Mi stiracchiai e, dopo aver fissato per qualche secondo il soffitto, mi decisi ad alzarmi. Uscii dalla stanza e lo trovai sul divano, intento a mangiare. Doveva essere tornato da poco, perché aveva ancora gli stessi pantaloni della sera prima, anche se non avevo idea di che fine avesse fatto la maglietta.

"Bentornato."

Si girò verso di me e io mi avvicinai al divano.

"Ehi, mogliettina, tutto qui? Dopo una notte di lavoro mi merito un'accoglienza migliore, no?"

Mi fiondai tra le sue braccia e inspirai il suo profumo. Per tutti gli altri, il rapporto tra me e Jay era sempre stato contorto, ma per me era semplicemente il prolungamento di me stessa. Un altro fratello. Non scelto dalla genetica, ma da me.

"Devo ucciderlo? Che ha fatto, Cass?"

Sospirai. Non gli avrei detto tutto, o avrebbe potuto davvero ucciderlo, e in quel momento non mi servivano altri problemi.

"Niente. Ma non voglio più sentirne parlare."

"Piuttosto, Miljkovic, perché non mi dici chi è stata la fortunata stanotte?"

Mi alzai per preparare un caffè mentre lui iniziò a raccontarmi dell'ennesima ragazza che, al suo risveglio, avrebbe avuto il cuore spezzato. La faccia d'angelo di Jay Miljkovic non si fermava mai. Se ne era andato nel cuore della notte, come sempre. A Las Vegas, e soprattutto al Ghetto, il tempo scorreva in modo diverso.

Ricordami chi eroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora