secondo capitolo

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"I passeggeri sono pregati di allacciare le cinture, siamo pronti al decollo, buon viaggio a tutti."

Serrai le mani sul bracciolo del sedile. Le vertigini mi pervasero. Sentii la mano di mia madre poggiarsi sulla mia spalla.

"Tranquilla amore, tutto apposto."

Io annuii. Misi le cuffiette come aveva fatto mio fratello e provai a rilassarmi, senza però ottenere buoni risultati.

***

Quando misi il primo piede sulle piste d'atterraggio di Washington, mi sentii realmente a casa. Ero protetta, al sicuro, ormai tutto era finito.

Mi sgranchii le gambe e le braccia e afferrai la mia valigia, mentre con l'altra tenevo salda la mano di Emily.
Guardai il cielo, Washington mi accoglieva nel peggiore dei modi, come ogni anno.
Le nuvole grigie sopprimevano il tiepido sole di fine agosto, disturbando la limpidezza tranquilla dell'azzurro.

***

Mia mamma sbarró la porta di casa. Mi precipitai dentro ed assaporai il caldo profumo di casa. Quanto mi era mancato in fin dei conti.
Sapevo che ora tutto sarebbe tornato normale, e al semplice pensiero, la malinconia mi divorava.

Andai a disfare le valigie, ci misi un po' ma fui felice di aver già tutto sistemato. Mi sciolsi i capelli. Puzzavano di smog. Decisi allora di farmi una doccia rilassante, avevo anche un piano.

***

Uscii dalla doccia velocemente, e 20 minuti dopo i miei capelli erano asciutti.
Aprii con forza il cassettone e ne estrassi un pantaloncino jeansato chiaro ed una canotta nera.
Legai i capelli in uno chingnon scombito e misi sulla spalla lo zainetto che racchiudeva la mia nuova macchina fotografica.
Avevo deciso di andare sulla "casa sul lago" circa 500 metri o più da casa mia, non esisteva sicuramente posto migliore per innaugurarla!
Ero entusiasta, mi si leggeva negli occhi.

Dissi a mia madre che sarei mancata una o due orette,
Così mi richiusi il cancelletto in ferro battuto alle spalle e cominciai ad allontanarmi sempre più speditamente da casa mia.

Accostai la bicicletta su un cespuglio di rovi e cominciai ad osservare la maestosità di ciò che avevo intorno. La giovane edera che si impossessava della vecchia casa in legno, tutta annerita dal tempo e rovinata dall'acqua del lago. Il porticato girava tutto in torno all'abitazione ed era sede di vari tipi di vegetazione. Gli uccelli cinguettavano in coro, le libellule sorvolavano il velo d'acqua più in superficie. Mi sedetti sugli scalini che portavano all'ingresso, sotto una tettoia molto precaria. Cominciai a scattare miriadi di foto, da ogni angolazione, ogni particolare mi faceva innamorare sempre di più di quel posto.

Ad un certo punto sentii scricchiolare la legna dietro di me, mi girai di scatto e vidi. Cioè. Lo vidi. Un ragazzo alto, capelli tra il moro e il nero, occhi verdi ma brillanti. Era una figura molto slanciata, muscoloso, statuario.

Non saprei tutt'oggi descrivere cosa causò dentro me quella visione così idilliaca, sono coscente solo del fatto che mi bloccai come una scema, con ancora la fotocamera tra le mani.

Scattai di corsa in piedi, senza mai levargli gli occhi di dosso.

Sentii delle risate, forti risate.
Tornai in me ma diventai rossissima.

Credo che quella fu la figura più brutta che feci nella mia vita.

Mi porse la mano delicatamente ridendo ancora:
"Josh"

Gliela strinsi di colpo:
"Alexandra, meglio A-Alex."

Sorrise. Mi sentii morire lentamente, ero estasiata, e mi sa che si era chiaramente intuito.

Mi voltai per raccogliere il mio zainetto e quando tornai a guardare verso la sua direzione, lui era scomparso.

Stranita ritornai dietro la casa, e la lo trovai.

Si stava sistemando la giacca on pelle nera sulle spalle, e in una mano teneva il casco.

Io lo osservavo da dietro un amgolo della vecchia casa, ma lui aveva capito che io lo stavo guardando.

"Ti ho vista, non fare la timida, su vieni."

Non mi guardava nemmeno.
La mie guancie presero fuoco ed io dovetti farmi avanti.

Tenevo le mani intrecciate poco sotto la pancia e continuavo a guardare terra, visibilmente imbarazzata.

"Quindi, Alex, dove è che vivi? Sei di queste parti?"

Finalmente prese a guardarmi.
Mi sentii gelare quando sentii pronunciare il mio nome. Mi risvegliai dalla mia trance momentanea.

"Sisi, a-abito in fondo alla strada, q-qualche isolato p-più in là. "

Non seppi cosa stavo dicendo, ero troppo impegnata a guardarlo nella sua mistica bellezza.

"Vabene ragazzina, è ora che io vada, è tardi."

Sentii il rombo della sua moto e vidi lui sistemarsi sul sedile. Non capii cosa stava facendo, fece un giro largo, retromarcia e poi si accostò a me. Eravamo vicinissimi. I brividi mi percorsero la colonna vertebrale.
Sgranai gli occhi e poi mi concentrai sul suo volto.

Mi mise una mano sulla spalla e l'altra la tenne sul manubrio.

"È stato davvero un piacere conoscerti, spero di rivederti."

Rise e vidi la sua moto sfrecciare lontano, mentre io stetti lì, ferma.

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Tadà! Ecco il secondo
Bel capitolo!
A me piace davvero tanto,
Spero che anche a voi
Dia lo stesso effetto ahahahah
***
Che succederà ora?
Ma soprattutto, chi era il misterioso ragazzo?
Eheheheh vi lascio con queste domande, intanto fatemi sapere cosa ne pensate e se avete consigli ditemeli!

Ci si rivede

Alla prossima

due perfette imperfezioni.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora