quarto capitolo.

84 6 0
                                    

Si fermó davanti al selciato di casa mia. Le sue mani mi stringevano dolcemente le gambe, in una presa forte ma allo stesso tempo delicata e salda. Sembrava non mi volesse lasciare piú.

Un velo di imbarazzo copriva i miei occhi, fissi a terra, mentre la mia testa riposava stanca sul suo imponente petto. Sapevo che una volta passato il dolore, lo schok e l'adrenalina, mi sarei chiesta come avevo fatto a non morire di vergogna ed imbarazzo, invece me ne stavo la, bella tranquilla, come se quel ragazzo che fino a due giorni prima non conoscevo nemmeno, fosse stato mia amico da una vita. Insomma, non è la cosa piú naturale al mondo che tu da un giorno all'altro ti ritrovi tra le braccia di un perfetto sconosciuto, tra l'altro bellissimo. Almeno, per me no.

Mi stupii di me stessa. Come poteva una chiusa e timida come me cedere cosí facilmente ad un ragazzo? Mai visto tra l'altro.
Forse era lui a farmi quello strano effetto.
NO ALEX NO. Era solo il dolore e l'adrenalina. Si sicuramente era quello.

Schiusi leggermente gli occhi, e vidi mia madre sull'uscio della porta della veranda che mi fissava preoccupatissima. Posava il suo sgurdo su me, su lui e poi dinuovo su di me.
Ce insomma  fa strano anche ad una madre vedere scomparire la propria figlia e vederla ritornare imbraccio ad uno sconosciuto, per di piú con una caviglia gonfia quanto una palla da bowling.

"Siamo arrivati."
Decretó lui, senza accorgersi che io lo avevo già intuito.

Feci per scendere dalle sue braccia senza ricordarmi della caviglia. Si un attimo di sbadatezza. Avevo mia madre che mi fissava, le mani di josh non lontane dal mio lato b, gli ormoni a 20mila e l'adrenalina nel sangue. E poi io sono una molto sbadata già di mio, infatti quel giorno ne stavo soffrendo le coseguenze.

Feci appena a poggiare la maledetta caviglia ferita che lui con un movimento fugace e istintivo mi riafferó il polpaccio e se lo ritiró a se.

"Ah-ah-ah-ah. Ricorda, la caviglia."
Mi ammoní con tono dolce e malizioso, io subito non seppi che rispondere, quindi prima di aprir bocca, feci una pausa.

"Già, sono una cretina."
_
"Una dolce ragazzina come te non dovrebbe mica offendersi in questo modo."
Disse con tono spiritoso.
COSA? MI AVEVA DAVVERO CHIAMATA DOLCE RAGAZZINA?

Rimasi un po' offesa per il "ragazzina" ma ammaliata e confusa per il "dolce". Che intendeva con dolce? Come faceva a sapere che lo ero, se ci conoscevamo appena?

"Come scusa? Come fai a dire che sono dolce se nemmeno mi conosci?"
Chiesi io, cercando di nascondere l'imbarazzo con un filo di decisione.
Lui non esitó nemmeno, come se avesse la risposta già pronta.

Avvicinó le sue labbra al mio orecchio sfiorandolo, il sangue mi geló nelle vene.
"Perchè le ragazzine dolci hanno gli occhi come i tuoi, scemetta."

Un blocco. Mi bloccai letteralmente. Sembravo letteralmente un pezzo di ghiaccio. Tutto il corpo si irrigidí, i miei muscoli furono inondati da brividi. Mi aveva fatto un complimento, senza nemmeno farsi scrupoli. Bhe tralasciando lo "scemetta".
Lo aveva fatto davvero, ancora non ci credevo, non credevo a quello che avevo sentito. Mai nessuno mi era stato cosí vicino, cosí vicino da bloccarmi, influenzarmi, rendermi vulnerabile. Io ero sempre stata schiva con le persone, mi limitavo ad un semlice saluto.
Ma lui no, lui mi rendeva debole.
Impotente.
Schiava dei suoi occhi.

Riemersi dalla mia trance da ragazza in sovrappensiero e la prima cosa che vidi fu mia mamma, che si stava catapultando verso di me. Rimasi ferma, interdetta, finchè Josh mi poggió delicatamente a su di lei, rimanendo fermo sul selciato. Lo vidi grattarsi la nuca con le mani, come se non sapeva cosa fare. Mia madre infine gli gettó un occhiata fredda, strana. Poi si voltó e senza nemmeno fare parola al mio "salvatore" mi condusse a casa. Varcó la porta di casa e mi poggió sul divano. Con la sua mano svelta e cauta da infermiera mi sollevó la gamba appoggiandomi delicatamente la caviglia su un cuscino. Qualche minuto dopo, l'arto era quasi completamente sommerso da ghiaccio e, la parte interessata, bloccata con della stoffa simile alla garza ma piú adatta alle slogature.

Non sapevo se Josh era ancora la, non mi era sembrato giusto abbandonarlo cosí, infondo ero stata io a cadergli quasi addosso e lui ad aiutare me.

Scorsi la testa dalla porta ancora aperta approfittando della momentanea assenza di mia madre che mi incuteva un forte senzo di imbarazzo, ma non lo vidi piú.
Non so per quale stupido motivo ma sentii il mio cuore seccare. Forse senza nemmeno saperlo, stavo ingenuamente sperando di ritrovarlo la, ad aspettarmi.
Mi ero illusa che per lui potevo significare qualcosa.
Ma su Alex, cazzo dici? Mi ero fatta dinuovo i miei soliti film mentali.
Non era successo niente. Assolutamente niente di che.
Era cosí banale! È normale che un ragazzo soccorra una stupida ragazza con la caviglia rotta! Più che naturale, niente di piú!

Eppure nei suoi occhi avevo visto qualcosa, un bagliore, una scintilla. Ma no, probabilmente quello che avevo visto nelle sue iridi verdi, quella luce magnifica, era solo il riflesso delle mie pupille da ragazzina innamorata. Forse i suoi erano restati impassibili.

Ragazzina, già, forse aveva ragione lui, ancora ero solo una ragazzina.

"Non tornerà, tranquilla."
Quelle parole mi bruciavano dentro. Non mi ero accorta di star ancora fissando fuori.
Era lei, la voce di mia mamma.
"C-cosa?"
Chiesi facendo la finta tonta.

"Dico, quelli come lui non tornano. Quelli da una botta e via non sanno restare. Li conosco bene quegli occhi, quei muscoli, quei capelli, quella bocca da cattivo ragazzo. Esattamente come tuo padre. La stessa identica cosa. Sono caduta nella sua trappola, ed ora eccomi qua, sola."
Apri le braccia ai lati dei fianchi, stendendo i palmi.
Aveva ragione, tutta la casa, gli spazi, il giardino, era tutto maledettamente vuoto senza mio padre, quel bastardo.

"Mamma, io non so cosa tu stia dicendo, quel ragazzo mi ha solo aiutata. Punto. Gli sono andata addosso con la bicicletta e per poco non l'ho travolto, ora non capisco perchè tu stia dicendo queste cose stupide. Davvero, non farneticare."
_
Sapevo che stavo mentendo, ma la cosa piú brutta è che stavo mentendo a me stessa. Di lui, dello sconosciuto, mi importava eccome. Solo troppo orgogliosa per ammetterlo.

"Ah alex alex alex. Eheheheh ho visto i tuoi occhi mentre fissavi il vuoto dalla porta. Saró vecchia come dici tu, ma non scema. Lo conosco lo sguardo di una persona innamorata!"
Disse.

Poi si avvicinó a me, sporgendosi vicino al mio orecchio.

"Solo sta attenta. Tu sei troppo, troppo per uno cosí.
Troppo per sprecarti. Sei sensibile, mica poco poi eh, incantevole, dolce..."
Si bloccó

Continuó
"Ingenua. Anche molto. Lo sei sempre stata. Tu le cotte le prendi subito eh! Anche se hai 19 anni, per me sei ancora la mia piccola, fragile e indifesa bambi.
Non permetteró di vederti soffrire senza fare nulla per impedirlo,
Ragazzina."

RAGAZZINA.

A quella parola il sangue mi geló nelle vene, come se non avrebbe piú dovuto scorrermi.
_

BUONA SERAAAA!
ED ECCO QUA IL QUARTO CAPITOLO YEEEE.
Spero vi piaccia, anche perchè ora la storia
Comincia a prendere vita eheheheh!
Se vi piace la storia votatela e commentate,
Mi daretse una buona ragione per
Andare avanti, sempre piú entusiasta!

Un grande bacio

INSIDE

due perfette imperfezioni.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora