diciannovesimo capitolo

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È la conferma più grande che potessi avere. Non ero certa di ció che stavo facendo e delle ripercussioni che le mie azioni avrebbero provocato, ma il troppo alcol rende la mia testa vulnerabile come quella di un bambino. I miei piedi si muovevano guidati da una forza sconosciuta, e le mie parole non obbedivano alla mia mente.

Ho osato, ho sfidato la sorte, e se mi avesse offesa, forse non ci avrei nemmeno fatto caso, ma non avrei dovuto avere motivo di piangere, sarebbe stata la punizione giusta alla mia troppa spavalderia.
Ma solo osando, avevo potuto avere la certezza che le mie idee erano assolutamente fondate.
Josh era vulnerabile come ogni ragazzo, se non di più.
Non ero così ripugnante ai suoi occhi, se le sue iridi avevano perso la concentrazione e la cognizione del tempo quando io lo avevo toccato.
Forse potevo sortire l'effetto che volevo nel corpo di Josh, ma non sarei mai entrata nel suo cuore, di quello ne ero certa.

Non mi importava se ora mi avesse urlato contro che gli facevi schifo, ribrezzo. Ora io sapevo che non era del tutto così, perché gli occhi, a differenza delle persone, non mentono mai.

Ora sarei riuscita a dimenticarlo, a dimenticarmi dei suoi occhi crudelmente attraenti, ora che avevo trovato risposte alle mie domande interiori.
Mi concessi un'ultimo sorriso sbilenco, dandogli le spalle, decisamente per l'ultima volta.

La bottiglia tintinnava contro l'intonaco grigio delle pareti e gli stipiti sdruciolati delle porte.
Quel che rimaneva della bottiglia intera, era solo il fondo. Me la ripassai nelle mani ripensando al fatto che avevo bevuto troppo vino per pensare lucidamente, e mi sentivo in colpa per essermi ubriacata cosí facilmente già al primo appuntamento con un ragazzo. Non mi sarei dovuta sorprendere se mi avrebbe ritenuta una ragazza poco affidabile.
Feci appello a tutte le mie forze e mi concentrai sullo schermo del mio telefono. Cercai di comporre il mio codice e, dopo svariati tentativi, mi apparve la schermata principale.
Vidi che non era nemmeno mezzanotte e lasciai un messaggio nella segreteria a Grant, chiedendogli tra una risata e l'altra dove si fosse cacciato. Spensi il telefono e lo riposi nella tasca posteriore del jeans e barcollai ancora un po' sulle scale prima di stravaccarmi sul divano in pelle che non fece una piega sotto il mio peso.
Accesi la tv e cominciai a scorrere inperterrita i canali prima di bloccarmi su un film Che avevo già visto milioni di volte.

Presi a mangiucchiarmi le unghia annoiata e appoggiai la testa nello schenale.
La serata si stava evolvendo malamente e chiusi gli occhi per cercare di sbollentare un attimo la confusione che mi intorpidiva la testa.

Erano passati circa 20 minuti e tenevo ancora gli occhi chiusi, sospirando sommessamente nella stanza avvolta dalla penombra.
All'improvviso, il divano si piegò sotto il peso di un altro corpo, ma ero troppo presa dal mio corpo che tremava dal freddo per ribattere qualcosa, quindi rimasi in silenzio con gli occhi sbarrati verso la tv che emetteva lampi luminosi.
Poi, la mia mente ancora annebbiata dal vino che repentino obbligava la mia testa a non obbedire alla nia volontà, decise di farmi voltare.

Aveva la testa buttata all'indietro e uno sbuffo di fumo gli usciva dalla bocca increspata da un sorrisino rilassato. Era adorabile cosí, era stranamente sereno, come non lo avevo mai visto.
La sua fossetta adorabile prese il posto della rughetta corrucciata di sempre quando si voltó simultaneamente e mi vide assorta nell'ammirarlo. Alzai un dito e indulgiai un secondo prima di posarglielo sulla bellissima fossetta. Lui si irrigidí stupito dal mio gesto, ma poi si rilassó sotto il mio tocco timido e leggero.
Anche io ero stupida da me stessa, ma non era il momento, nè il posto giusto per abbandonarsi alle paranoie. Lo fissai negli occhi ma lo vidi distogliere lo sguardo e, per precedere gli insulti che avrebbe pronunciato da li a poco, ritrassi la mano immediatamente e abbassai la testa prendendo a fissarmi le ginocchia infreddolite.
Sentii le sue dita calde sfiorarmi il braccio, per poi indulgiare sulle mie labbra schiuse. Lo guardai con sguardo mite, mentre lui fissava la mia bocca arrossata per il freddo.
Dovevo ritrarmi a quella pericolosa situazione, perché più lui si avvicinava, più ero vulnerabile ai suoi occhi verdi.

Sapevo che non sarei riuscita a contrastare la sua vicinanza mista alla forza impetuosa e prepotente dell'alcol nelle vene.
Il suo profumo mi sferzó le narici e mi ubriacai ancor di più delle emozioni che mi regalava.

La menta mi gelava l'aria che salliva su per la gola, mentre l'accenno di colonia mandava in tilt il mio olfatto già compromesso.
La sua pupilla si dilató talmente tanto da far ridurre l'iride verde ad un sottile anello, mentre armeggiava con le dita sulla mia pelle.

Chiusi gli occhi quando la sua mano furtiva e veloce scese a sfiorarmi la mandibola e il collo, rendendomi vulnerabile e regalandomi brividi confusi con quelli causati dal freddo.

"Josh..."
La mia voce uscì come un flebile lamento, mentre lui continuava a giocare con le mie emozioni. Non riconobbi la mia stessa voce e non capii se quello era un avvertimento o una disperata richiesta di non fermarsi.

La sua mano calda si fermó sulla mia guancia ghiacciata e velata da un sottile strato di sudore, causato dal troppo nervosismo.
Si avvicinó lentamente a me, continuando a fissarmi le labbra.

Sapevo che alla luce del giorno la mia mente sarebbe tornata scettica, che mi sarei giudicata una stupida e sapevo anche alla perfezione che era questione di ore, forse minuti, prima che lui ricominciasse con i suoi soliti insulti.
Ma non mi importava nulla, in quel momento ciò di cui avevo bisogno era più forte di ciò che mi urlava di fare la ragione.
Ma con tutto quel vino e con Josh a pochi millimetri da me, la ragione era l'ultima delle mie preoccupazioni.

In istanti platonici, che però mi parvero infiniti, si avvicinó a me, sempre di più. Io restai ferma, anche se dentro di me gli ormoni lottavano contro il buonsenso. Le sue labbra stavano per combaciare con le mie, il suo respiro si intrecciava al mio perfettamente,
Ma il tonfo della porta sul retro ci fece sobbalzare.

《《《《》》》》

Aggiornamento! Scusate il ritardo. (:

due perfette imperfezioni.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora