Sono arrivata a dedurre che il vento che ora mi scompiglia la massa di capelli sciolti è piú consistente delle promesse che mi sono state fatte finora dalla gente che mi circonda.
Sono arrivata a dedurre che il destino non è crudele con noi stessi, perchè ci in qualche modo ci avverte, siamo noi a farci del male e crogiolarci nel dolore.
Siamo noi che scegliamo chi o cosa prima o poi ci farà soffrire.Quindi mi dico, smettila di piangere, è solo colpa tua.
Chiediti scusa, quello si ma ti prego, non sembrare patetica a te stessa. Perchè peggio di quello che potranno mai pensare gli altri di te, c'è solo quello che sei.
Scappo, scappo, scappo e scappo. Solo questo. Ma ora basta, non distruggeró di nuovo i miei progetti per il capriccio di qualcuno per cui non vale la pena farlo.
Che qualcuno, poi.
Senza accorgermene sono già sulla soglia aperta della biblioteca. Giro a destra, settimo corridoio, fila b davanti alla finestra, quarto scaffale.
Passo le dita sulla pelle rilegata dei classici, da Wilde a Joyce, dai dilemmi del tardo ottocento alle disfatte novecentesche.
Poi ancora Fitzgerald, le quale pagine ingiallite, lette e rilette del romanzo mi scorrono tra le dita.Ci sono Dasy e Gatsby che danzano a cavallo di un capitolo, mentre il tempo passa veloce nei righi dei paragrafi dopo.
Il salto è breve e mi ritrovo a sognare sopra le parole di Jane Austen, mentre si compiono i litigi piú disparati e l'amore piú profondo.Una lacrima bagna la carta e si allarga sulle vecchie pagine e mi riscuoto dai miei sogni, perchè finora sognare mi ha dato solo problemi.
Fa male.
È stupido, peró in questo momento, soffocata, derisa, annebbiata, persa tra le magnifiche storie di persone comuni,
Che peró vivono vite favolose, seppur finemente scontate, ma comunque quasi immaginarie, è inevitabile pensare a quanto normale e monotona sia la mia vita, insignificante e impercettibile, perchè nessuno mai, scriverebbe un libro su di me, nessuno lo leggerebbe e nessuno perderebbe il proprio tempo a trascorrerci i quarti d'ora tra una pausa pranzo e l'altra a lavoro, nessuno preferirebbe stare a casa il sabato per scoprire subito come continua la storia.Perchè i passanti, la folla, sono un pubblico difficile, e il tempo, la vita, è un palcoscenico troppo impegnativo.
Ed io, io sono solo Alex, non vivo in una villa del barocco o una casa di Venezia, sono una ragazza americana con troppe parole dette da persone che non conosco conficcate nel cervello che mi fanno da morale.
Alzo gli occhi che ormai di azzurro hanno ben poco, mia madre si dispererebbe se li vedesse ora.
Una signora sulla cinquantina, bassa mingherlina ma dai fianchi tozzi, con un paio di scarpette marroni, una gonna di lana beige e un cardigan rosa abbottonato sul petto, impunta gli occhiali sulla punta del naso e mi addita con l'indice ossuto.
"Signorina, puó portare via solo due libri alla volta, non ne metta fuori posto altri, non mi pagano abbastanza per tirare fuori l'indice di catalogazione e ri-impilare i volumi per nome e per anno."
Sbuffa e si porta le mani ai fianchi.Mi fa cenno di seguirla e non obietto, perchè potrei far capitolino a un repertorio non molto carino di offese imparate dal web e dai suoi sedicenni arrabbiati con il mondo.
Si piazza dietro ad un computer bianco dallo schermo ibarazzantemente grande e tintinna le dita sui tasti, passando a macchina i codici dei libri.
"Una settimana, non piú. Abbiamo tempi e regole ristretti, mi spiace."
Annuisco poco convinta e mi dileguo, evitando di dirle che ho letto quei libri almeno 100 volte, ed ero li solo per sfogare gli ormoni.
Li ripongo nella borsa e sto per rimettere piede nel mio dormitorio, se non fosse che due mani tanto fredde quanto prepotenti mi bloccano le spalle e interrompono la mia corsa.
Mi volto esterrefatta e subito i suoi occhi blu mi si inchiodano davanti.
"Che diavolo vuoi?"
Sbotto, nervosa e delusa, delusa e nervosa.
Un mix letale."Voglio solo un minuto, devo parlarti."
"Come mi hai trovata?"
Chiedo, non sapendo fosse anche uno stolker.
Un momento, e se lo fosse davvero?Deve aver interpretato la mia espressione stranita e indica con un cenno la mia mano.
Guardo il mio telefono e noto che ho lasciato la chiamata aperta, troppo confusa dai pensieri che mi ballavano nella testa.
Ecco, come ha fatto. Avrà sentito e riconosciuto la voce di Lizth.
Mi volto di scatto e cerco di camminare a passi veloci, ma lui con due falcate è già da me.
"Merda ascolt..."
Non voglio sentire una parola in piú uscire dalle sue labbra."Perchè? Che cosa diavolo avrai ancora da dirmi di cosí importante? Hai avuto tanto tempo e non lo hai fatto, domani finalmente vai via, e spero anche dalla mia vita, e fino a qualche ora fa non ne sapevo niente, quindi a cosa serve parlare ora?"
Tace ed è il silenzio piú stupido che abbia mai sentito.
"Bene"
E cerco di voltarmi.
Ma non ci riesco."Ok. Ti racconteró tutto. Ma ascoltami. Ascoltami. Non dovrei farlo, ho promesso di non raccontari mai di questo, nè a te nè a nessun altro. Ma mi sa che hai tutti i motivi e le ragioni per saperlo. Solo cinque minuti. Devo tirarmi fuori da questa storia."
Lo dice come se finalmente si stesse liberando di un peso enorme.
Mi ha chiesto cinque minuti, poi potrà sparire dalla mia vista ed io non saró piú allo scuro di tutto.
Decido di annuire e mi siedo sulla panchina dove quella sera ho ricevuto la sua chiamata e mi sono affrettata a cambiarmi scorazzando per l'ateneo con addosso una tuta.
Questi ricordi ora mi danno la nausea.
"Tutto è cominciato il giorno in cui sei arrivata e hai incontrato Josh di nuovo."
Di nuovo? Come fa a sapere del miei incontri passati con lui?
"Me ne ha parlato, e mi ha chiesto un favore."
Tituba quando tocca l'argomento."Parla."
Lo spingo a continuare."Bhe suona davvero male, ma è cosí che tu ci creda o no e ho bisogno che tu mi ascolti bene.
Ecco, lui, Josh mi ha chiesto se io potevo cercare di avvicinarmi a te, di prendere la scusa del fidanzamento come un deterrente per riferirgli di te. Come sei, come ti comporti, i tuoi punti deboli, ció che ami fare. Io ero solo il mezzo, Alex.
Ma ti giuro, non so se ora ha in mente qualcosa, se sta confabulando alle tue spalle, credimi, mi ha solo chiesto questo favore."Sono attonita. Ringrazio il cielo di essermi seduta perchè da stamattina, ogni cosa che mi venga detta, ogni rivelazione, mi dilania peggio di un coltello.
Sapevo che mi mentiva, ma non fini a questo punto.
Sento l'aria nel petto bloccarsi e impedire l'accesso alla bocca alle parole che vorrebbero uscire a fiumi, migliaia di insulti che rimango sepolti sotto il mio shock.Ma non piango.
Non soffro.
Non si soffre per qualcosa che non esiste. Sarebbero lacrime stupide. Sprecate per preoccupazioni che non sono mai esistite realmente, per ricordi mutati in allucinazioni, per stupide risate che chiamavo gioia, per una strana e maledetta sensazione che provavo nel petto e che chiamavo amore.Quella peró c'era. Dio, se c'era.
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Hate, hate, hate.
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due perfette imperfezioni.
Romance"si trova l'amore come le cose perdute, sempre nel posto che non si sarebbe mai immaginato."