settimo capitolo.

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Il viaggio in auto durò circa tre orette, era assurdo pensare che avevo davvero scelto di dimenticare tutto, di cambiare vita, storia, abitudini, routine, tutto insomma.
Scesi dalla macchina senza proferire parola, e mi diressi a scaricare le valigie. Mia mamma mi aiutó ed io ebbi l'opportunità di squadrarla. Indossava un tailleur blu con i bordini verdi, con una camicetta morbida in raso con un leggero rouche sul petto, degli eleganti tacchi e un filo di trucco su quel viso stanco e stremato.
Era bellissima ed elegantissima.
Le sorrisi timidamente e l'abbracciai, godendomi pienamente quel momento, in cui il suo fresco profumo mi inondava le narici e il suo "essere" mamma mi faceva sentire protetta e a casa.
Ci scambiammo un'altra occhiata di incoraggiamento e poi ci incamminammo verso il grande edificio.
Era davvero enorme, aveva praticamente tutto dentro. Un bar, un fastfood piccolino ma sempre intrinsico di gente, una piazza centrale, giardini enormi in cui era possibile godersi un attimo di pace e tanto altro.
Poi vidi gli enormi dormitoi. Quelli maschili erano nell'ala destra, mentre quelli femminili nel plesso adiacente.
Sgattaiolai verso la segreteria dopo aver chiesto indicazioni ad una ragazza e ritirai le chiavi della stanza.

"Lei é la signorina Alex - -?"
Feci cenno di si con il capo e afferrai il mazzo di chiavi.
In quell'istante, in quel preciso momento, sentivo che la mia vita stava prendendo una svolta diversa, stava subendo una veloce metamorfosi.
Niente sarebbe stato più come prima. Niente colazione pronta la mattina, niente rassicurazioni pe farmi stare meglio, niente abbracci che mi avrebbero migliorato la giornata, niente era più scontato ormai. Niente era più dovuto ora che la vita mi poneva come unica condizione quella di crescere e maturare.
Si, era proprio venuto il momento di farlo.

A mia mamma vennero gli occhi lucidi realizzando quello che stava per accadere ma si trattenne dal piangere, non poteva mostrarsi debole, lei era sempre stata la colonna portante della famiglia, e giuro che non avevo mai visto mia madre cedere, almeno non sotto i miei occhi o quelli di Gale.

Mi diede una pacca affettuosa sulla spalla e mi invitó a proseguire. Percorsi il lungo corridoio facendo sbattere le dita sulle porte che man mano scorrevano lungo il mio cammino. Mi fermai quando trovai la mia. "117b"
Cercai di andare incontro alla porta per infilare la chiave nella toppa, ma la mia corsa venne interrotta da qualcosa, o meglio qualcuno. Alzai lo sguardo imbarazzata quanto infastidita ma restai di stucco quando vidi meglio.
Non poteva essere così. No no, non stava succedendo davvero. Josh, si era lui, non poteva essere nessun altro. Avrei riconosciuto i suoi occhi fra miliardi, anche a centinaia di chilometri, odiavo ammetterlo, ma era così.

Anche lui a primo impatto sembrò stupito, lo avevo colto alla sprovvista. Poi abbassó lo sguardo indifferente, come se non mi avesse mai vista. Faceva male, ma non sapevo nemmeno il motivo.

"Cazzo, guarda dove vai."
Disse lui freddo risvegliandomi dalla mia trance.

Lo guardai cercando di trapelare indifferenza ma fallii, poi rivolsi lo sguardo alla toppa della porta.
Feci per inserire la chiave quando la sua voce mi blocco, di nuovo.

Cosa diavolo voleva ancora?

"Non credo sia il caso di entrare ora, disturberesti."

Cosa?

"Scusa? È la mia stanza, decido io cosa fare."
Ribattei determinata.

"Fa quello che cazzo ti pare, poi non dire che non ti avevo avvisata."
Ribatté disinteressato.

Sbuffai e finalmente inserii la chiave nella toppa e con una scatto aprii la aprii sbarrandola.
Ciò che vidi mi lasciò allibita.
Uno sconosciuto era intento a scoparsi una ragazza bionda su uno dei letti a disposizione.

Presi il coraggio che mi rimaneva e, con un colpo di tosse, interruppi i due ancora intenti a farsi a vicenda.
Un gridolino isterico provenne dalla stanza e il ragazzo scocciato si rivestì velocemente rivolgendomi un ghigno malizioso mentre abbandonava la stanza.
Ero ancora abbastanza turbata da quello che era successo, ancora di più quando capii che quella era la mia coinquilina.

"Ah e tu dovresti essere Ally?"
Squittí guardandosi le unghia fucsia.

"Si sono Alex, piacere."
Le rivolsi la mano ma lei mi fissó sdegnata, come se fossi un alieno.

"Ally, Alex, uguale no? Io sono Lexa, Lexa Stewart, sentirai parlare molto in giro di me, carina."
Disse con la sua vocetta isterica e seccante, afferrando l'asciugamano e sculettando verso il bagno.
Già odiavo quella stupida ochetta, la classica ragazza dal cervello siliconato.

Nella stanza aleggiava un odore nausenate di profumo e ogni base d'appoggio era piena di aggegini rosa o fucsia.
L'insieme era orrido, dico davvero.
Ero la da appena 10 minuti e già mi stavo pentendo di tutto.

All'improvviso mia madre fece irruzione nella stanza e potete immaginare che la sua reazione non fu tanto diversa dalla mia.
Entrambe fissavamo un poster di un modello semi nudo quando lei si avvicinò al mio orecchio e mi sussuró un "se vuoi ti cambio stanza" ma io feci subito cenno di no con la testa. Nonostante tutto non volevo essere etichettata già il primo giorno come la "mocciosa viziata."

"Sopravviveró a tutto questo rosa, tranquilla mamma."
Dissi sorridendole dolcemente.

Ricambió e sembrò subito più sollevata. Guardò l'orologio da polso e annunciò che erano le 12.00

Decidemmo di andare a pranzare al fastfood prima che mia madre ripartisse per Washington.
Tutto passó velocissimo e in un attimo di lucidità mentale mi ricordai della mia migliore amica.
Cazzo! Ally!
Le avevo promesso che avrei fatto un salto nella sua stanza subito dopo pranzo.
Avevamo progettato di stare in camera assieme, ma a causa di un errore non era stato possibile. Ma alla fine poco importava, ci saremmo viste lo stesso ogni giorno.

Salutai velocemente mia mamma accompagnandola alla sua auto e subendo tutte le sue raccomandazioni e i suoi abbracci e mi catapultai da Ally.
La sua stanza era la 142a, al piano sopra il mio.
Trovai senza problemi la stanza, e bussai per farmi aprire.
La mia amica mi si gettò praticamente addosso, stringendosi fortissimo.

"Ally così mi soffochi!"
Urlai divertita, ma lei sembrava non darmi bada.

Quando finalmente sembrò acconsentire nel lasciarmi andare, batte le mani felice ed emozionata. Vide subito la mia espressione stranita e non mi lasció il tempo di fare domande.

"Alex devo presentarti una persona."
Disse, con gli occhi che le brillavano.

Capii subito che si era fidanzata, ed ero davvero felice per lei.
Vedo che la sua bellezza non aveva perso tempo per colpire.
Aveva due occhi nocciola, quasi giallognoli che ti bloccavano non appena li incontravi.
I capelli erano ondulati e biondi cenere, un po' più chiari sulle punte a causa del sole.
Era bellissima.
Perfetta.
Una bambola.

Ad un certo punto, la porta si sbarrò ed un ragazzo fece il suo ingresso. Era alto, capelli neri ed occhi azzurri, davvero un bel ragazzo.
Le andó incontro abbracciandola, e lei non perse tempo a stampargli un bacio sulle labbra.

Erano davvero adorabili.

"Patetici."
Disse una voce alle mie spalle.

Non potevo crederci. Di nuovo lui. Ma mi perseguitava per caso?

Gli rivolsi un occhiata di sdegno e poi riconcentrai la mia attenzione sulla mia amica.

"Alex lui é Jack, il mio fidanzato, Jack lei é Alex, la mia migliore amica."
Il ragazzo mi strinse la mano sorridendo e vidi con la coda dell'occhio Ally esplodere dalla gioia. Si vedeva che era proprio presa da lui.

"Ah e lui é..."
Non la feci concludere che dissi

"Josh, si lo so."
Sbuffai.

"Ah vi conoscete già?"
Chiese lei interessata.

"Si, purtroppo."
Sbottai io.

Mi voltai velocemente verso di lui e lo vidi fissare il pavimento, senza osare dire una parola.

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