ventiduesimo capitolo

30 3 1
                                    

Mi alzo di scatto presa da una morsa improvvisa di panico, perché ho abbassato lo sguardo e il mio abigliamento mi ha fatto ricordare dello stato disperato in cui mi trovo al momento. Getto il mio panino nel cestino e scappo ciabattando per metà università, finché non raggiungo gli alloggi.

Spalanco l'armadio maledicendo la mia poca organizzazione in quanto a vestitini, scarpe alte e uscite all'improvviso, e decido di contare fino a 10 per non piombare nel panico, che di certo, ora non mi aiuterebbe.
Afferro un effimero vestitino color bronzo, scartando l'idea di frugare nuovamente nell'armadio della mia compagna.
Non avendo altra scelta mi infilo le mie ballerine nere e mi trucco appena, giusto per non dare a Grant e chi per lui l'impressione di essere una disperata, anche se è la pura verità.

Dopo un lasso di tempo che mi sfugge magicamente di mano, sento bussare alla porta, in tono più pacato ed elegante rispetto alla mia amica.
La apro e mi trovo addosso gli occhi di Grant, che mi fissano inscrutabili. Poi, alza gli occhi al mio viso e sorride, così posso tornare a respirare.

Mi porge una piccola rosa rossa e pare imbarazzato quanto me, non credo che sia una sua routine perdersi in smancerie e regali romantici, perché non credo serva questo per portarsi a letto le ragazze che lo circondano.

Gli bacio la guancia e lo ringrazio, e lui mi fa cenno di seguirlo nel parcheggio.
La sua macchina profuma di lavanda e di pulito, e il riscaldamento acceso è un ottima consolazione per le mie coscie nude.

Quando preme sull'accelleratore, comincio a prendere in considerazione la possibilità di imbattermi in Josh e la sua arroganza, perché finora quando Grant mi ha chiesto di uscire, c'era sempre di mezzo lui.
All'improvviso l'abitacolo della macchina mi sembra troppo piccolo e l'aria irrespirabile, c'è anche troppo caldo.

Devo impedire a me stessa di rovinarmi la giornata, prima ancora che possa farlo lui.

Ho perso tanto tempo nel preoccuparmi di cause esterne che ho ignorato il fatto di ritrovarmi la mano di Grant sulla coscia, il che è confortante ma allo stesso tempo un po' imbarazzante. Non mi accorgo nemmeno dell'auto che si ferma davanti ad un cancelletto bianco, un po' malandato.

Quando lo spalanca e ci incamminiamo in un vicoletto scosceso e irregolare, capisco che si tratta di un accesso privato al mare.
La spiaggia di settembre è meravigliosa, la sabbia è fresca, l'aria che mi sferza il viso è piena di brezza e il gusto salmastro del vento che si scontra con i miei capelli mi arriva dritto sulla lingua, e ne posso sentire il sapore.
Seguo i gesti di Grant e mi levo le scarpe, affondando i piedi nella spiaggia.
Mi ritorna in mente Los Angeles, e tutto ciò che si è portato via. Posso sentire la bellezza dell'estate sotto un cielo velato da nuvole grigie.

"È bellissimo, non è vero?"

"Si, è meraviglioso."
Scommetto che ho gli occhi che mi brillano dall'emozione e dalla felicità.
Passano attimi di silenzio, e fisso le onde del mare riversarsi sulla spiaggia.

"Non lo avevo mai fatto"
Si volta a guardarmi.

"Cosa?"

"Non avevo mai portato nessuna al mare, non avevo mai portato nessuna in qualunque altro luogo."
La sua sincerità mi spiazza e le parole mi seccano nella gola.
Io che ho sempre la risposta pronta ad ogni tipo di situazione, io che sono sempre un passo avanti agli altri, ora non so che dire o pensare.

"Ah."
È l'unico monosillabo che le mie labbra riescono a stillare.

Si sta avvicinando troppo, ed io resto con i piedi inchiodati alla sabbia.

"Alex, da quando ti ho vista quella sera a casa mia, non so cosa diavolo mi sia successo. Tu con i tuoi vestiti più lunghi di tutte le altre ragazze, con le scarpe più basse e quasi senza trucco, mi hai fatto cadere nell'oblio totale. Eri così persa e confusa quella sera, immezzo alle urla della gente e la musica alta, sembravi fuori posto, completamente inadeguata e dio, come sei perfetta."

due perfette imperfezioni.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora