È la sera della Vigilia di Natale, nevica per la prima volta a Beacon Hills dopo vent’anni, Stiles è a casa dopo tre anni di college, ha un lavoro, guadagna bene e lì con lui ci sono tutti i suoi amici. La serata perfetta che, però, perfetta non è. Stiles non è mai stato così triste.
Sì, ha sofferto per la morte di sua mamma e ancora gli manca, ma quello che sta provando ora è un altro tipo di dolore. È delusione, è vuoto, è certezza di non essere amati e sentirsi stupidi e inutili.
Stiles si sente come se fosse stato preso e messo da parte, dimenticato in un angolo in cui sono riposte tutte le cose abbandonate e che nessuno torna mai a riprendere. Abbandonato, solo, miserabile.
Vorrebbe partecipare alla festa. Alle sue spalle, nel grande salotto di casa McCall, ci sono tutti i suoi amici e suo padre che chiacchierano ancora seduti a tavola dopo il cenone. Li sente ridacchiare, percepisce la loro allegria, ma non si sente partecipe, non ci riesce. È come se fosse lì con il corpo, ma la mente fosse da un’altra parte, in un punto fisso da due settimane.
Vorrebbe ridere con Lydia, sente la sua risata squillante, ma non risce a fare altro che starsene lì, seduto davanti al camino, con lo sguardo fisso sulle fiamme che danzano. Si sente ipnotizzato da quella forza, dallo scoppiettare del fuoco, dal legno che si consuma lentamente. Quasi gli viene voglia di infilare la mano in quell’arancione per poter sentire qualcosa.
“Fratello, ti senti bene?”
È Scott, ovviamente, che si avvicina. Avrà sentito il suo odore, ma Scott non ne ha comunque bisogno per capire le sue emozioni. Solo che Stiles non sa cosa rispondere, perché dovrebbe raccontargli cosa gli è successo nell’ultimo anno e questo vorrebbe dire anche ammettere che per un anno gli ha tenuto nascosto qualcosa.
Nemmeno sa perché lo ha fatto. Forse perché sapeva sarebbe finita male? Può darsi. O perché nemmeno lui ci credeva.
Stiles annuisce, continuando a fissare le fiamme, sentendo la mano di Scott poggiarglisi su una spalla. “Ho solo mangiato troppo” risponde. È consapevole che Scott percepisce anche la sua menzogna, ma sa che lascerà perdere. Almeno per il momento.
“Va bene, noi prendiamo qualche gioco, se vuoi unirti più tardi, ti aspettiamo.”
Scott gli dà un bacio tra i capelli, prima di allontanarsi e tornare al centro della sala dagli altri.
Stiles capisce che hanno preso il Monopoly, li sente ridere e prendere in giro suo padre che ogni anno dimentica puntualmente le regole.
Non sa quanto tempo sia passato prima che un’altra persona si sieda al suo fianco. Solo che questa volta non dice nulla, si siede e basta. Lydia sta lì per qualche minuto, poi sfiora la guancia di Stiles con un bacio e torna a giocare. Stiles sa che potrebbe sfogarsi con lei, che lei capirebbe e darebbe man forte alla sua rabbia, ma per ora ha bisogno di vivere quei sentimenti da solo, di sentirli tutti. Non vuole reprimere quel dolore, vuole nuotarci dentro, vuole pensare che se sta così male, è perché è stato altrettanto bene.
Non sa quanto tempo sia passato, ma sa che i suoi amici hanno cambiato gioco, che hanno anche preso qualcosa da bere e che da qualche minuto sta piangendo. Sente le lacrime scendergli sulle guance e non fa nulla per fermarle. Sa che nessuno gli si avvicinerà, per quanto anche coi sensi da lupo abbiano capito cosa sta succedendo. Ormai lo conoscono troppo bene. Le fiamme continuano a scaldargli il viso bagnato, si sente quasi ardere e, misto alla rabbia, è una sensazione quasi piacevole. Vorrebbe bruciare fino a consumarsi, come i tocchi di legno.
Tira su col naso, abbassando lo sguardo sulle proprie mani che hanno raccolto qualche goccia di pianto e si rende conto che tutto intorno a sé è silenzioso. Sa che sono tutti ancora lì, ma sembrano essersi zittiti all’improvviso. È stanco, troppo stanco, anche per girarsi, probabilmente staranno solo guardando un video da uno dei cellulari o si saranno lanciati sui divani ormai stanchi.
Stiles si passa una manica del maglione sul viso, chiude per un attimo gli occhi sentendoli caldi e stanchi, poi sussulta quando lo sente.
Un tocco leggero sul collo, caldo, delicato, ma la sua pelle riconoscerebbe tra mille quelle dita. Il corpo di Stiles sembra rispondere ad un richiamo ancestrale, ad un legame che sa esserci, l’ha sempre saputo.
Non si gira, ma rimane lì, con gli occhi chiusi, per far durare quel sogno ad occhi aperti ancora e ancora e ancora.
Il tocco si fa un po’ più deciso, le dita divantano una mano e poi un braccio. Stiles è stretto in un abbraccio da qualcuno che, da dietro, gli sta cingendo le spalle.
“Sei reale?” chiede, ora singhiozzando, aggrappandosi a quelle braccia che sanno così tanto di casa.
“Sono reale e sono uno stupido.”
È la sua voce, la sua meravigliosa voce, che continua a parlare. “Ho lasciato che tornassi qui da solo perché avevo paura di tornare, di affrontare i ricordi, il branco. Solo che sono uno stupido e non mi sono reso conto che affrontare il passato non è niente in confronto al dolore che ho provato solo all’idea di dover affrontare un futuro senza di te. E non voglio, Stiles. Io una vita senza di te non la voglio più e sarò con te ovunque tu decida di andare.”
Stiles non riesce più a trattenere i singhiozzi. Sente l’intero corpo tremare, mentre Derek appoggia le labbra contro il suo collo in un lieve contatto. Sente il suo profumo, la sua stretta, la sua voce. Derek è lì, è lì per lui. È entrato in casa di Scott dopo cinque anni, si è presentato lì dal nulla, sapendo che Stiles non aveva mai parlato di lui a nessuno. Ha affrontato la paura del ritorno, è in una città che ha imparato a odiare, ma è lì. Per Stiles.
Stiles che si alza, si gira e finalmente lo guarda. Lo vede dopo due settimane di inferno, di una mancanza e una lontananza che gli hanno logorato l’anima e il corpo.
“Sei qui” sussurra, ovvio e ridicolo.
“Sono qui” sorride Derek, con gli occhi lucidi.
Stiles apre gli occhi: la testa è pesante, gli occhi gli bruciano e ha ricordi piuttosto confusi della sera prima. Ricorda di aver cenato a casa di Scott, ricorda di essersi alienato davanti al camino, ricorda di aver pianto, forse di essersi assopito e poi ricorda…
Due braccia lo stringono. “Sono qui, cucciolo.”
Stiles sente gli occhi riempirsi di nuovo di lacrime. La mancanza che ha sentito in quelle settimane è stata assurda eppure ha la sensazione che non sia solo sua. E quello è ancora più assurdo. Sa che deve parlare con Derek, parlare davvero. Ma è la mattina di Natale, è nella sua casa di Beacon Hills tra le sue braccia e non pensa di immaginare una situazione più perfetta di quella. Per il resto avranno tempo. Stiles si gira tra le sue braccia e si allunga per sfiorargli le labbra con le sue. “Buongiorno.”
Derek sorride. “Ti amo.”
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