23. Lucine

725 77 4
                                        

Stiles solleva meglio il collo del capotto: si guarda fugacemente attorno e cammina rasente i muri cercando di non dare troppo nell’occhio. È quasi Natale ed è atterrato a New York solo il giorno prima. Scegliere la grande mela proprio in quel periodo gli era sembrata una grande idea: pensava di potersi mescolare tra la folla, confondersi tra le persone e riprendere finalmente fiato da quella fuga.

Quando Stiles aveva accettato di partire per quella missione tutto si era aspettato tranne che finire in una situazione così assurda.

“Parti davvero?”

Scott lo aveva trovato mentre caricava il borsone in macchina. “Stavo giusto per venire a salutarti.”

“Perché?”

“Cosa?”

Scott lo aveva guardato duro. “Perché te ne stai andando così?”

Stiles aveva alzato le spalle. “Mi hanno proposto quest’operazione e ho pensato che capitasse al momento giusto. Ho bisogno di cambiare aria.”

“Stai scappando senza nemmeno averci provato.”

Stiles aveva cominciato ad arrabbiarsi. “Pensi davvero abbia qualche possibilità con lui?”

“Perché no?”

“Perché sembra un dio greco, perché è antipatico, musone, aggressivo e, nonostante questo, riesco a trovarlo adorabile e sexy. Mi ha fottuto il cervello ed è meglio che me ne vado prima che mi fotta anche il cuore.”

“Avresti dovuto parlargli.”

“Per farmi prendere in giro a vita? No, grazie.”

“Come vuoi. Di cosa si tratta?”

“È un piccolo lavoretto sotto copertura, niente di pericoloso.”

Scott lo aveva abbracciato. “Stai attento.”

“E tu tieni d’occhio papà.”

Stiles si era reso conto che qualcosa non andava due giorni dopo al suo arrivo in quella che doveva essere la base operativa: arrivarci non era semplice ma dalle telecamere aveva notato un tizio piuttosto sospetto girare troppo spesso in quella zona. Stiles era abile con le telecamere ma lui sembrava esserlo di più. Ci aveva messo poco a chiamare il suo contatto e avvisarli che la copertura era saltata. Poche ore dopo era già stato portato via, un un altro stato e, in via preventiva, sempre in un posto sicuro. Ma non era bastato. Al terzo spostamento era diventato chiaro che lui era l’obiettivo di quella persona. A quella realizzazione Stiles aveca avuto un attacco di panico ma, una volta calmato, aveva cercato di mettere in pratica tutto quello che gli era stato insegnato sul campo in quegli anni.

Quindi ora si trova a Central Park, in orario di punta, senza riuscire a togliersi di dosso la sensazione di avere un bersaglio sulla schiena. Si siede al tavolino di bar, ordina un caffè e finge di leggere il giornale osservando le persone che gli passano davanti. Non nota alcun sospetto quindi si alza e ricomincia a camminare. Arriva fin sotto all’enorme albero di Natale e sente la tristezza prendere il sopravvento: è stato un idiota ad accettare quella missione solo per scappare dai suoi sentimenti. Scott aveva ragione. Vorrebbe davvero poterlo chiamare per dirglielo ma non può metterlo in pericolo. Spera stia bene così come spera che stiano bene anche suo padre, i suoi amici e Derek.

Va via che ormai è buio, quasi rilassato e ha appena finito di ascoltare un vecchio messaggio audio di Scott quando lo sente. è solo uno scricchiolio, ma è netto ed è vicino. Si blocca al centro del marciapiede deserto e si guarda intorno. Sembra non esserci nessuno, ma le sue sensazioni non si sono mai sbagliate. Si cala lentamente, fino ad arrivare agli stivaletti e a sfilare un coltello che si porta ormai sempre dietro. La pistola sarebbe troppo evidente, ma quello può tranquillamente nasconderlo nella vita di tutti i giorni e gli è sempre stato detto che è uno dei migliori con quello.

Non vede nulla oltre a qualche passante in lontananza, quindi continua a camminare verso casa, senza accelerare il passo. Entra nel portone, se lo richiude alle spalle e sale al quinto piano. Quando è dentro, come ormai tutti i giorni, ispeziona ogni angolo dell’appartamento, prima di rilassarsi.

***

È la Vigilia di Natale e Stiles pensa di stare per impazzire. Sono due notti che sente rumori fuori la porta di casa ma, ogni volta che si alza per controllare, non c’è nulla. Ha pensato al cane dei vicini, ma sono tutti fuori per le feste e non è nessun randagio. E non ci sono segni sulla porta. Ha addirittura pensato di mettere del sorbo a porte e finestre, ma non crede che sia qualcosa di sovrannaturale, quelle cose se le è lasciate alle spalle.

È quasi mezzanotte quando sente di nuovo quello stesso rumore, solo che quetsa volta è vicino alla porta e la apre di colpo. Nulla, non c’è nulla e comincia a credere che siano chiari segni di follia, ma poi la vede. Una lunga coda nera che scompare lungo la rampa delle scale. Stiles nemmeno si preoccupa di prendre una giacca, esce in pigiama e rincorre quel cane. Scende in strada, guarda da entrambi i lati e lì, all’angolo in fondo alla strada sulla destra, rivede quella stessa coda.

Sa che è una follia, che dovrebbe tornare a casa e soprattutto al caldo, ma non sa cosa gli prende. Comincia a correre e a inseguire l’animale. Stranamente le strade sembrano deserte e Stiles ha il fiatone quando arriva davanti allo stesso albero di Central Park sotto cui si era fermato solo qualche giorno prima. Gli gira attorno ma non trova nessuno, nemmeno la coda che ha seguito fin lì.

La neve ha cominciato a cadere e Stiles pensa di essere impazzito o non si spiega come sia finito lì, in pigiama, disarmato e mezzo congelato. Qualcosa di caldo si appoggia sulle sue spalle. “Così ti ammali.”

Quella voce. Quel profumo. Stiles non sa se scoppiare a ridere o urlargli contro. “Colpa tua.”

“Potevi almeno metterti qualcosa addosso.”

“Cosa vuoi?”

La domanda gli viene fuori con un tono più duro di quanto immaginava ma si sente davvero esausto.
“Sono riuscito a far parlare Scott solo due giorni dopo la tua partenza. Sei un idiota, lo sai?”

Stiles lo sa perfettamente ma… “Sei venuto fin qua per insultarmi?”

Derek si gratta il retro del collo mostrandosi per la prima volta in imbarazzo. “Diciamo che non è stata proprio una cosa voluta. Quando ho saputo della tua partenza il mio lupo è come impazzito. Quella notte mi sono addormentato a casa e mi sono svegliato in una città che non conoscevo.”

“Dove ti sei trovato?” gli domanda Stiles con un filo di voce.

“Non ne sono certo. Sei stato molto svelto a cambiare città.”

“Eri tu.”

“Mi dispiace.”

Stiles probabilmente dovrebbe essere furioso ma, invece, scoppia a ridere. “E io che ho pensato per settimane di essere inseguito da chissà chi e invece era solo un peluche gigante.”

“Ehi, non offendermi.”

“Un peluche molto carino. E anche tu lo sei.”

Derek lo prende per i fianchi. “Perché sei scappato da me?”

“Pensavo di non avere possibilità, che fossi troppo per uno come me.”

“Idiota” gli ripete Derek prima di baciarlo.

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
Advent Calendar 2023Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora