22. Ho fatto una cazzata

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Silvia
Charles era appoggiato alla ringhiera, lo sguardo verso l'orizzonte, il Golfo Persico che faceva da sfondo. Sentì la porta chiudersi e si voltò. Silvia aveva creduto di trovarlo giù di morale, invece Charles sembrava tranquillo.
"Allora, come è stato l'impatto con la gara?"
"Vuoi la risposta generale o quella relativa alla tua, di gara?"
Lo vide sorridere.
"Entrambe."

"È stato incredibile. Non sono mai stata così stanca in tutta la mia vita. Però è stato bello, una scarica di adrenalina. Uno dei migliori weekend della mia vita, almeno fino a quando non hai deciso di schiantarti."
Charles rise di gusto.
"Per questo volevo parlare con te, sei l'unica che poteva farmi ridere in un momento del genere."
"In effetti c'è poco da ridere." Continuò seria Silvia.
"Ho fatto una cazzata, lo so."
"Quello lo sapevo già. Vorrei capire perché."
Lui sorrise, come se aspettasse quella domanda.
"Non lo so. Volevo essere il migliore, dimostrare al team che non sono un ragazzino. Che sono in grado di reggere le critiche, la tensione. Che posso fare meglio di anno scorso."
"E pensavi di dimostrare tutto questo non ascoltando il muretto e spaccando la macchina?"
"Ovviamente nella mia testa avrei superato Perez, poi Max, avrei vinto, tutti mi avrebbero fatto i complimenti e tu mi avresti guardato in un modo diverso da quello in cui mi stai guardando ora."

Silvia rimase stupita da quelle parole: in una situazione del genere aveva davvero inserito il suo giudizio nella lista delle cose di cui preoccuparsi? Sentì riaccendersi la scintilla che aveva faticosamente spento e cercò di defilarsi da quella situazione.
"Dovresti fidarti del tuo team." Svicolò.
"Proprio tu mi fai la morale? Non ti sei fidata di loro e pretendi che lo faccia io?"
Silvia non sapeva cosa rispondere.
"Però avevi ragione sui decimi persi. Ho riguardato i video durante la notte." Continuò il pilota, avendo forse notato la sua titubanza.
"Infatti oggi i tempi erano migliori."
"Smettila di sottolineare che sono un coglione."
"Però lo sei, Charles."

Charles
Non la sentiva pronunciare il suo nome da mesi, e bastò un secondo per avvertire il desiderio farsi strada con prepotenza dentro di lui. Aveva bisogno di quella conversazione: le critiche piovevano da ogni dove, il suo team era decisamente incazzato, Binotto sembrava deluso. Come se non fosse più tanto convinto di volersi tenere il predestinato in scuderia.
Quello che non aveva messo in conto, era il vortice che Silvia avrebbe inevitabilmente scatenato.

"È solo il primo, puoi recuperare. Cerca di non pensarci troppo, ok?"
La voce di Silvia era diventata improvvisamente dolce, come se fosse in grado di leggere le sue paure, anche se ben celate dietro alla faccia da duro.
In quel momento sentì la voglia improvvisa di avvicinarsi, stringerla, baciarla.
Porca puttana Charles, toglitela dalla testa.
"Comunque le Red Bull sono veloci quest'anno."
Continuò lei.
"Ti stai già arrendendo?"
"Eh se guidi così..."

In una situazione normale Charles avrebbe riso dell'ennesima provocazione della giovane. Quella sera, complice la tensione che non aveva ancora avuto modo di scaricare e l'attrazione che non lo faceva ragionare, si scoprì vulnerabile.
"Magari se avessi seguito la scelta del team non mi avresti fatto dubitare di loro."
Vide la ragazza incupirsi.
"Wow, quindi adesso sarebbe colpa mia?"
Sentì la sua voce spezzata. Non voleva ferirla: non avrebbe voluto dire quella cosa, non in quel modo. Era evidente che la colpa fosse unicamente sua, ma le sue insicurezze avevano preso il sopravvento, e come spesso gli era successo aveva finito per gettare le proprie responsabilità addosso alle persone che sentiva più vicine.

"Non intendevo..."
"Cosa non intendevi, eh? Darmi la colpa per averti fatto migliorare di tre cazzutissimi secondi sul giro completo? Non ti fidi del team e vuoi farmi credere che sia a causa mia? Cazzo Charles non ti fidi di loro perché l'anno scorso ti hanno fatto perdere il mondiale! E mi sta sul cazzo che invece di farti sentire con loro vieni a rompere il cazzo a me."
Si aspettava una reazione del genere. E la meritava. Quelle parole furono come coltellate: non aveva mai avuto il coraggio di esprimere quel pensiero ad alta voce, eppure adesso che le sentiva pronunciate si rendeva conto di quanto fossero vere.

"Silvia..."
"Che c'è, vuoi farmi sentire in colpa per qualcos'altro? Per averti baciato, magari."
Se fossi più coraggioso ti bacerei proprio adesso, avrebbe voluto dire il monegasco.
"Fammi un favore, evita di farti sentire. Se sei incazzato non è un mio problema."
E se ne andò, lasciandolo solo in terrazza.
Charles si odiava. Odiava averla fatta sentire insicura, di troppo. E odiava soprattutto averle lasciato credere che quel bacio fosse una sua colpa.
L'aveva chiamata per sentirsi compreso, per starsene un'ora tranquillo, per non ascoltare altri giudizi. E aveva rovinato tutto.
Aveva sentito le emozioni amplificarsi e non era riuscito a sedarle se non in quel modo. Facendola soffrire.
Charles non ne andava fiero, ma a volte non riusciva a controllare tutte le emozioni che sentiva. Gli era riuscito bene fino all'anno prima, quando aveva gradualmente iniziato a perdere il controllo. Ogni volta che andava a muro, ogni volta che sbagliava in gara, sentiva scivolare dalle mani la sua vita. Tutti gli errori in formula 1 lasciavano ripercussioni nel privato.

E neanche Silvia era sfuggita a quel lato autodistruttivo di Charles. Si sentiva un coglione. Aveva atteso quel weekend con ansia, e si era rivelato un completo disastro.

PROMISES - Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora