3. Lei mi ricorda molto una persona

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Silvia
Se fosse stata un po' più sicura di sé, Silvia avrebbe giurato di aver fatto colpo su quello che si rivelò essere Mattia Binotto in persona. Era convinta che l'incontro con un'aspirante tirocinante sprovvista dei requisiti sarebbe spettato a qualche impiegato di base. Invece il team principal in persona comparve sullo schermo del suo pc alle 12:30 precise.

"Buongiorno Silvia, mi scuso per l'orario che le ho proposto, ma ieri mi trovavo negli Emirati Arabi e non sarei riuscito a presentarmi prima."
In realtà quell'orario era perfetto per la ragazza dato che le aveva permesso di svolgere il colloquio direttamente dal posto di lavoro, nell'ora di pausa.
"Si figuri, nessun problema. Anzi, complimenti per il secondo posto. Sudato ma meritato." Silvia si rese conto subito di aver detto una stronzata, si morse la lingua e sperò che non l'avesse sentita.
"Decisamente sudato." Rispose Binotto sorridendo, stupendola.
"Senta, vado subito al sodo: lei non ha i requisiti, eppure qualcosa nella sua lettera mi ha incuriosito. Ho bisogno di capire che personalità ha, la motivazione, l'ambizione."

"Lei ha ragione, io non sapevo niente di Formula 1 fino a qualche mese fa, ma da quando ho iniziato a seguirla, a cercare di capire i meccanismi, è diventata un'ossessione. Ho trovato lavoro a settembre: un lavoro che mi piace, nell'ambito per il quale ho studiato, e che paga decisamente bene. Ma sono pronta a mollare tutto per venire lì. Però glielo dico, signor Binotto. Non mi vedrà esultare per un secondo posto. Avete un pilota eccezionale, dovreste puntare al mondiale, non a un misero podio."
Sputò fuori ciò che pensava. Adesso mi chiude la chiamata, ho esagerato, si disse Silvia tra sé e sé.

Invece Binotto sorrise. Di nuovo.
"Lei mi ricorda molto una persona. Riesce a venire domani mattina a Maranello? Mi rendo conto del poco preavviso, ma visto che la stagione è terminata non mi tratterrò in sede ancora a lungo."
"Certo, domani a Maranello." Ripeté Silvia, quasi per convincersi che fosse davvero reale.
A quel punto, stava iniziando a crederci. Chiese ferie a lavoro per il giorno successivo e prenotò il treno. Passò il pomeriggio in uno stato di tranche.
Lei mi ricorda molto una persona...

Charles
Aveva ricevuto la telefonata di Binotto alle 10.
"Beh, avete già finito di festeggiare? Hai già chiamato il sindaco per far diventare questo merdosissimo giorno festa nazionale?"
"Charles, il tuo contratto scade tra due anni, non vai da nessuna parte." Rispose il team principal ignorando i commenti polemici del suo pilota.
"Pagherò la penale, non me ne frega un cazzo. Non corro più."
La voce del monegasco era tremolante, ma decisa. Binotto pensò che avesse bevuto: quello non era il Charles che conosceva.

"D'accordo, vieni domani mattina in ufficio e firmi la rescissione. Dormici su stanotte."
"Davvero pensi che non ci abbia pensato e ripensato? Credi che sia una decisione dettata da cosa, dal momento? Sono mesi che non mi diverto, cazzo. Correre è diventata una tortura e voi non ve ne siete nemmeno accorti."
"Ce ne siamo accorti, e, come ti ho già detto molte volte, ho sbagliato. Sto anche rinnovando il team..."
"Non capisci? A cosa cazzo serve cambiare due persone se poi la mentalità è questa? Avete distrutto un hotel per festeggiare un cazzutissimo podio che non vale niente. Non ho iniziato a correre per questo, non mi vedrai esultare per un secondo posto."

Charles mise giù. Era incazzato. Era impaurito: adesso la sua decisione era reale. Non corro più. Lo disse ad alta voce. Poi lo urlò: non corro più. Poi si buttò sul letto e pianse.

PROMISES - Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora