12•capitolo -Fra di noi c'è un cratere, puoi cadere-

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Ana

Mi sveglio con un cerchio alla testa e poca voglia di alzarmi da questo letto.

Mi ricordo ogni cosa di ieri sera, pure se ero poco lucida, non posso proprio dimenticarmi il modo in cui mi ha trattata Santiago, come ne avesse qualche diritto. Era l'unico che non volevo che assistesse al mio crollo emotivo e invece in due sere ha visto con i suoi occhi gli incubi che mi assillano ormai da anni e come mi sono ridotta a seguito di questa situazione.

Succede sempre così, sembra che riesca a smettere di farmi e di bere, e poi i miei incubi tornano a bussare alla porta e per scacciarli ci ricasco.

Sono stanca di tutta questa situazione.

Stanca di sopportare Santiago.

Voglio andarmene da questa casa.

E mentre lo dico, controllo il telefono per capire se ho ricevuto delle chiamate e mi accorgo che c'è un messaggio non letto del signor Jhonson.

Mi dice che mi aspetta questa mattina, che ha bisogno di fare delle fotografie. E io non ho alcuna voglia di andarci, perché non sto per niente bene e pure se non posso vedermi sono sicura di avere delle occhiaie da far paura.

Mi alzo comunque e corro a farmi una doccia per arrivare in tempo. Quando esco, stretta nel mio accappatoio, mi ritrovo Santiago davanti appoggiato allo stipite della porta. Nel momento in cui mi vede ha proprio un sussulto, stringe le labbra e incurva la testa. Invece io lo oltrepasso senza parlargli, è l'ultima persona che vorrei vedere dopo come mi ha trattata ieri sera. So che devo ringraziarlo per essersi preso un cazzotto in faccia a causa mia, so che non dovevo cacciarmi in quella situazione, ma insomma non gliel'ho chiesto io di venire a prendermi.

Deve essere stato di sicuro Felipe perché ho sentito Jack che lo chiamava per venirmi a prendere.

«Stai andando a fare delle foto per il signor Jhonson?» Mi chiede interrompendo lui il silenzio. Mi giro a guardarlo e mi sta osservando, è apatico, sembra proprio che non abbia neppure un pensiero. Vorrei potergli leggere la mente e capire perché è così stronzo nella vita, perché lo è con me.

Annuisco solamente e neppure gli rispondo.

«Vuoi...» inizia a dire ma tentenna, si gratta la nuca e fa scendere la mano al collo per poi stringerlo. «Vuoi un passaggio? Sto andando anch'io...»

«Sei diventato tutto ad un tratto gentile?» ringhio, con un sorriso amaro stampato in viso. Prima mi tratta male poi vuole pure darmi un passaggio.

«È solo un passaggio, ma se preferisci andare a piedi fai pure.» scrolla le spalle e si gira per entrare in bagno.

Si, assolutamente preferisco farmela a piedi piuttosto che passare del tempo in macchina con lui.

Adesso devo pure sopportarlo a lavoro, sicuramente mi guarderà con la sua solita aria giudicante che non sopporto.

Mi vesto e trucco molto in fretta e quando sto per uscire, mi accorgo che Santiago mi sta guardando, probabilmente in attesa di una risposta alla sua proposta. Non voglio parlarci, non dopo come si è comportato ieri sera e quindi esco di casa, facendogli chiaramente capire la mia decisione.

Lo so, sarebbe stato opportuno andare in auto con lui, perché ci metto parecchio per arrivare allo studio di Jhonson. Ci arrivo con dieci minuti di ritardo e quando entro trovo già tutti li.

Ovviamente al signor Jhonson non fa per niente piacere il mio solito ritardo e mi guarda in cagnesco, mentre io sorrido da gattina per addolcirlo.

«Ana, sei sempre in ritardo!» sbotta.

Photograph (completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora