35•capitolo -È solo colpa mia-

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Santiago

Ana sta tremando e io la sto accarezzando per cercare di tranquillizzarla. Ma la realtà è che quello poco tranquillo sono io, che quello che sta esplodendo sono io.

Che diavolo le ha fatto quello stronzo per farla stare così?

L'idea che possa averla sfiorata anche solamente con un dito mi fa andare in bestia. Vorrei spaccare tutto, vorrei spaccare la faccia di quell'idiota senza nemmeno aver ancora ascoltato la storia.

Quello che ormai sento per questa ragazza mi annebbia la ragione e non mi fa più elaborare nemmeno un pensiero sensato.

Se l'avesse toccata...

No! Scuoto la testa. Non è potuto succedere. Ana deve raccontarmi subito perché l'averlo visto la fa stare così.

«Ana, parlami, che cosa è successo?» alzo il tono di voce, anche se non vorrei. Non voglio metterle ancora più paura.

«È che...» gli occhi sembrano spiritati, come se davvero avesse visto un fantasma. Fa qualche passo per riprendere aria, mi dà le spalle poi si siede su una panchina. Ha le mani sul viso e non mi guarda, questa cosa mi fa dare di matto. Mi avvicino e mi inginocchio verso di lei. Ana è bellissima anche ora, con il trucco sbavato e gli occhi annebbiati dalla paura. Anzi, forse è più bella vestita delle sue fragilità.

«Sei bellissima» mi esce fuori e questo fa bloccare di colpo Ana, perché si rende conto che in questo momento non ha nemmeno un senso il mio complimento. Eppure ce l'ha, voglio farle riacquistare sicurezza, quella che ha perso dal momento che ha visto quell'idiota.

«Santiago...» bofonchia, ma la voce le trema e so che non è a causa del mio complimento, ma di quello che sta tenendo dentro.

«Lo sei» mi sporgo un po' di più verso di lei e cancello le sbavature del suo trucco con le mie carezze. Mi avvicino al suo viso e sento il suo respiro ansante su di me. «Parlami, so che hai paura, non so di cosa. Ma puoi parlare con me!» le prometto così che le starò vicino, qualsiasi cosa mi dica.

«Ho paura di non essere capita!»

«Ci. sono. Qui. Io.» ripeto, sillabando le parole. Fa un accenno di sorriso, come se si sentisse davvero rassicurata.

«Risale a molto tempo fa...» si morde così forte le labbra che riesco a intravedere la ferita che si è procurata.

«Non farti del male con quei denti!» la rimbecco, lei mi guarda con la coda dell'occhio ed emette un sospiro.

«Parlami, sono solo io...» poi le giro il viso perché non smetta di guardarmi. Vederla così fragile e indifesa mi uccide, mi ricorda quanto io sia stato superficiale a giudicarla. Un idiota senza speranza!

«Ero ad una festa, con Vic.» sentire quel nome mi fa già stringere le mani a pugno.

«Che ha fatto?» mi esce spontaneo chiedere, forse con fin troppo vigore. Tanto che Ana appoggia una mano sulle mie chiuse a pugno e mi fa un tenero sorriso.

«Non ha fatto nulla lui, è colpa mia.» quasi le biascica le parole. Sta male e si vede. Voglio aiutarla, ma non so se sono in grado perché l'ansia mi sta attanagliando il petto al pensiero che possa essere successo qualcosa di brutto. Non posso accettare che lei soffra!

«Non lo so cosa è successo, Santi. So solo che ci stavamo divertendo, probabilmente ho bevuto tanto, e ad un certo punto mi sono ritrovata nel letto di Borja e non ricordo nulla. Mi sono svegliata con le sue mani addosso, ma non ricordo nulla. Lui continua a negare che ci sia stato qualcosa tra noi, ma... io quella notte non riesco a toglierla dalla testa. Non riesco a dimenticare come mi sono sentita violata, come mi sono sentita inadeguata. Non riesco a dimenticare che Victor non era con me, che l'ho trovato addormentato a terra con gli altri. So che non è colpa sua ma...»

Photograph (completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora