34•capitolo -Non avere paura-

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Ana

Santiago non ha più parlato da quando è sceso dalla macchina, mi ha solo assecondato mentre salutavo gente di cui non mi frega niente.

Perché ho accettato di venire?

Perché mio padre ha insistito e, per quanto io non ci vada d'accordo, ho sempre avuto il desiderio di compiacerlo. E questo ahimè non è mai cambiato.

«Hai intenzione di dire una parola?»

Santiago scuote la testa, quasi si stesse riscuotendo solo adesso.

«Non ho nulla da dire»

«È per quello che ti ho detto in macchina? Tranquillo, Santiago, non ti bacerò!» lo prendo in giro, anche se so quanto mi costi questa stupida promessa. Ma non ho intenzione di venirne meno. Non voglio forzarlo a fare qualcosa che non desidera.

Che non desidera tanto quanto io lo desideri.

«No, non è questo.» Fa solo una smorfia e poi riprendiamo a salutare gente importante, che poco importa però per noi.

Ad un certo punto mio padre si avvicina con un sorriso sornione in volto.

«Sono contento di vederti!» afferma. «Con Santiago Bonachera» poi continua rivolgendo il suo sguardo verso il mio biondino preferito.

«Sono venuto in qualità di amico» ci tiene a precisare lui, facendomi rimanere male, proprio non capisco questo bisogno di puntualizzare con qualcuno che nemmeno conosce.

«Nel caso non mi dispiacerebbe. Io e tuo padre ci rispettiamo molto»

Come se fosse stato fatto apposta, ecco che il padre di Santiago si accorge di noi e si avvicina.

«Santiago?» apostrofa il figlio che si irrigidisce. «Pensavo non venissi» lo dice con una punta di astio. C'è tensione tra loro e mi chiedo il perché.

«E invece...»

«L'ho costretto» affermo con Nonchalance e scrollo le spalle. Il padre di Santiago punta i suoi occhi gelidi verso di me, mi scruta e poi guarda mio padre; si è reso conto solo adesso di chi ha davanti, come se io avessi un'importanza solo perché sono la figlia di Jeremias Piper.

«Quindi voi due...» tenta di dire con un sorriso compiaciuto stampato sulle labbra.

«No!» ancora una volta puntualizza Santiago, con disprezzo. E, ancora una volta, ci rimango male. «Io e Ana siamo soltanto amici»

«Be', se lei è riuscita a convincerti a venire alla "stupida festa di beneficienza"» virgoletta le ultime parole, facendo ben capire cosa ne pensasse Santiago di questo evento. «Evidentemente ci sarà un motivo!»

Il padre di Santiago sa bene che non avrà alcuna risposta da lui, perciò volge il suo sguardo verso di me per capire se riuscirà ad estorcermi qualche informazione.

«Si, Santiago è un buon amico e ha voluto accompagnarmi. Ma adesso dobbiamo andare. Senti, Santiago?» lui mi guarda stranito, non sa a cosa mi riferisco. «Questa canzone è bellissima, tutti stanno ballando. Andiamo anche noi.» Gli stringo la mano e lo trascino in pista, senza che lui abbia dato il suo consenso. Gli avvolgo le braccia al collo e lui sospira sul mio viso, come a lasciar uscire tutte le sue frustrazioni.

«Odio ballare»

«Oh, non avevo dubbi.» Gli accarezzo i capelli, i suoi occhi sono fissi nei miei, quasi trovasse conforto solo nel mio sguardo. Ma so che è solo un illusione, ricordo la faccia che ha fatto quando hanno ipotizzato un nostro coinvolgimento sentimentale.

«Che hai?» Santiago pare leggermi la mente e me lo chiede.

«Niente»

Si avvicina di più al mio viso, non sa che questo è un attentato al mio cuore, perché prende a fare un boato assurdo e non riesco neppure più a sentire la musica.

Photograph (completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora