CAPITOLO 3

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JULIET POV

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JULIET POV


Non ci sono molte cose che mi piace fare.

In realtà non ho nemmeno tanti hobby visto che sono quel tipo di persona che si stanca subito.

Ho provato di tutto. All'età di otto anni ho iniziato a prendere lezioni di flauto, inutile dire che tre mesi dopo mi ero già stancata di studiare.

A dieci anni mi iscrissi a pallavolo, bocciato
anche quello perché troppo competitivo e faticoso.

Provai allora con la ginnastica artistica, forse l'unico promosso. L'ho praticata per un paio di anni ma poi ho abbandonato anche quello.

C'è un'unica cosa che mi piace fare, camminare.

Di solito lo faccio insieme a mio fratello ma oggi era troppo stanco e io volevo farmi un giro per schiarirmi le idee.

E anche per guardare con i miei occhi in che razza di posto sono finita.

Un leggero venticello mi fa venire la pelle d'oca, dovevo prendere un golfino prima di uscire.

Noto con dispiacere che le strade sono completamente immerse nel buio, ogni tanto vi è qualche lampione che emana un leggero bagliore.

Tutto ciò mi fa venire solo più angoscia e paura.

Cammino alla cieca sperando solo che dopo riesca a tornare a casa.

Più volte mi imbatto in mozziconi di sigarette e lattine di birra vuote, la gente di qua non conosce proprio la civiltà.

Più cammino e più noto che le uniche anime vive che animano le strade sono vecchietti, uomini ubriachi o gatti, per lo più neri, e purtroppo questo è segno di sventura.

Sobbalzo quando un'auto della polizia, con le sirene accese, mi sfreccia di fianco, a pochi centimetri da me.

La polizia stava per investirmi.
Fa già ridere così.

Continuo a camminare stringendomi le mani al petto, l'unico suono che sento è quello dei miei tacchi picchiettare sull'asfalto.

Un'urlo sommesso fuoriesce dalla mia bocca quando un signore anziano, a giudicare dalle rughe che gli dipingono il viso e il cenno di barba bianca, mi afferra per un braccio.

Spalanca le iridi azzurre, aprendo il pugno e mostrandomi il palmo aperto. «Ne vuole un po'?» mi mette sotto il naso una bustina con della polvere bianca.

Strabuzzo gli occhi spaventata per quel gesto improvviso.

La mia mano va subito alla ricerca dello spray al peperoncino che tengo custodito nella borsa. «No, e mi lasci immediatamente», provo a svincolarmi, ma questo aumenta di più la presa.

«Una bella ragazza come te non dovrebbe girare da queste parti da sola» inizia l'uomo avvicinandosi ancora di più.

Trattengo un conato di vomito a causa del suo alito arido mischiato ad alcool. Un po' barcollante riesce ad agguantarmi dalla schiena, lasciandomi scontrare al suo busto.

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