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Le 19:00 arrivarono prima del previsto. La mia pausa merenda era durata giusto il tempo di mangiare una barretta proteica al gusto chimico di biscotti e crema. Avevo contato i minuti che mi separavano da Jannik almeno una decina di volte. Prima di raggiungerlo passai a depositare la divisa e il cerca-persone, avendo la premura di chiudere a chiave l'armadietto prima di andarmene. Salutai alcuni ragazzi che avevo visto giocare la mattina, complimentandomi con loro e accertandomi che la storta di uno di loro si fosse risolta.

Il campo B3 era l'ultimo prima del confine con le piscine. Jannik era seduto in panchina ad armeggiare con il suo cellulare.
-E' così che ti prepari alla partita?- esordii sfilandogli di mano la racchetta. Quel gesto lo sorprese e fece per sottrarmi il suo attrezzo da lavoro. Alzai la racchetta in aria e presi posto in campo, lasciandolo qualche metro più indietro.

-Come mai questa voglia di giocare? Occhio che la troppa convinzione frega anche il migliore dei giocatori-
Si posizionò dall'altro lato della rete e servì una palla lenta e controllata. Sfoggiai il miglior dritto che, con mia sorpresa, rimbalzò nel suo campo al confine con la riga di fondo. Continuammo a palleggiare, scherzare e ridere come se il contesto del torneo non esistesse. Sembrava di giocare come due ragazzi spensierati e liberi sulla spiaggia. Ormai la luna stava facendo capolino, quindi decidemmo di tornarcene nelle nostre abitazioni. Anzi, lui sarebbe rientrato nel lussuoso hotel che ospitava gli atleti e io sarei tornata al mio angusto monolocale a 600 euro al mese.

-Bella partita, combattuta. Ma stavolta mi prendo tutti e due i set- concluse.
Ci avvicinammo a rete per la fatidica stretta di mano di fine match, ma quando feci per afferrare la sua, lui fece un passo avanti e mi sciolse la coda che teneva in sè i miei capelli indomabili.

-No, ti prego. Mi è rimasto solo quel laccio per capelli!-
Lo rincorsi, ma non riuscii a riavere indietro ciò che mi apparteneva.
-Ormai questo appartiene a me- sentenziò dopo aver indossato il mio laccio come un bracciale al polso destro.

Quel gesto, seppur innocente, nascondeva qualcosa che ancora non ero in grado di capire. Evidentemente, anche per lui, i pochi momenti di leggerezza condivisi rappresentavano un ottimo modo per ricordare a se stesso che era un normalissimo ragazzo di 22 anni. Oltre alle partite ed ai viaggi in giro per il mondo, Jannik non aveva nulla di diverso rispetto ai ragazzi della sua età. Aveva la stessa voglia di svagarsi, di giocare alla play-station, di ridere a crepapelle per mettere a tacere pensieri indesiderati. Era cresciuto prima del previsto, tra un torneo e l'altro, cercando di godersi quel poco di giovinezza che riusciva ad intravedere nei suoi momenti liberi.

-Va bene, ma tu cosa mi dai in cambio?- continuai.
-Tieni-

Si avvicinò al borsone ed estrasse un polsino bianco, uno di quelli che usava sempre sia in allenamento che in partita.

-Spero non sia usato!-

Ci lasciammo in quel modo, ridendo di cuore e pronosticando i futuri qualificati al torneo. Parlavamo di tutto, di Montecarlo, della neve e di quanto fossi negata sugli sci. Quelle conversazioni erano la cosa più semplice del mondo. Bastava vederci per trovare un argomento di discussione, anche il più stupido al mondo. Riuscivamo a parlare di qualsiasi cosa, reale o immaginaria, concreta o astratta. Ci salutammo con la promessa di rivederci il giorno dopo.

Mentre rincasavo, pensai al fatto che quel rapporto con Jannik poteva andar bene. Io non mi sarei avvicinata troppo e tutto sarebbe rimasto confinato a qualche partita, due chiacchiere e un caffè. Nulla di più. D'altronde io avevo la mia vita, lui la sua. Per nessuna strana leggere dell'universo la mia galassia e la sua si sarebbero incontrate o, ancora peggio, scontrate. Avrei sfruttato quei momenti liberi per dimenticarmi del lavoro e della marea di problemi che, puntualmente rinchiudevo tra le quattro mura del mio monolocale. A breve si sarebbe focalizzato sul torneo dimenticandosi di me, delle mie palle corte e del mio laccio per capelli.

Drop Shot | Jannik Sinner Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora