2.0

914 41 5
                                    

La sveglia di Jannik suonò alle 6 in punto, mettendo fine ai miei sogni. Nonostante non dovesse giocare, voleva alzarsi presto per allenarsi prima dei quarti di finale che si sarebbero svolti il giorno successivo.  Infilai la testa sotto al morbido cuscino per cercare di sfuggire a quel suono infernale. Non poteva scegliere una sveglia diversa da quel fastidioso allarme?

Sentii il ragazzo agitarsi vicino a me e, finalmente, quel rumore fastidioso cessò. Mi rigirai nel letto godendomi gli ultimi minuti di sonno prima di dovermi ridestare e preparare per una nuova  stressante giornata di lavoro. Le lenzuola profumavano di fresco, le coperte morbide ma allo stesso tempo leggere mi avvolgevano e proteggevano da tutti i mostri che avrei dovuto affrontare nei giorni successivi. Un timido raggio di sole filtrava dall'ampia finestra, mentre l'acqua della doccia cominciava a scorrere. Jannik si chiuse la porta del bagno alle spalle e  decisi di mettere un piede fuori dal letto. Non ero pronta ad affrontare un'altra giornata come le precedenti.

Mi ero addormentata completamente vestita, con il cappuccio della felpa calato sulla testa. Mi specchiai rapidamente e mi pentii subito di averlo fatto. Due occhiaie nere e profonde mi scavavano il volto facendomi somigliare ad un orsetto lavatore. Notai anche di essere più pallida del solito. Nonostante quel sonno mi avesse rigenerato sia dentro che fuori, nessuno lo avrebbe mai potuto intuire, guardandomi in faccia. Dal bagno cominciò a provenire una melodia che riconobbi subito.''Holiday'' dei Green Day stava allietando la doccia rigenerante di Jannik che, timidamente, stava canticchiando il ritornello della canzone.

Mi misi a sedere sul bordo del letto, per poi cominciare a fissare la punta dei piedi. Avevo decisamente bisogno di una tanica di caffè espresso e di un cornetto. Decisi di infilarmi le scarpe e di andare a cercare un bar per comprare la colazione sia per me che per il ragazzo che mi aveva stretto a sè tutta la notte. Per fortuna, c'era una piccola pasticceria proprio vicino all'hotel. Presi due cornetti al pistacchio e due cappuccini da asporto. Non appena rientrai in camera, dopo essermi persa almeno tre volte per i lunghi corridoi dell'hotel, mi ritrovai davanti ad una visione quasi surreale. Jannik indossava solo un paio di pantaloncini grigi, i capelli ancora umidi gli incorniciavano il volto, mentre qualche gocciolina di acqua correva sul suo petto, per poi arrestarsi all'ombelico.

Rimasi ferma sulla porta per qualche minuto. Gli sorrisi e agitai il spacchettino con all'interno parte della nostra colazione.
-Sono o non sono una ragazza da sposare?-
Mi avvicinai a lui e gli lasciai un casto bacio sulla guancia.
-Vorrei avere la colazione in camera tutti i giorni.-

Il ragazzo mi si avvicinò e mi afferrò i fianchi. Le labbra ancora umide si posarono sulla mia fronte, per poi incontrare la mia bocca. Gli accarezzai il viso fresco e liscio, incastrando i miei occhi nei suoi. Quella mattina, Jannik era più bello del solito. Il pensiero di doverlo lasciare per dedicarmi al lavoro quotidiano mi turbava. Avrei tanto voluto passare un'intera giornata nel letto, assieme a lui, passando le ore a sfogliare il catalogo di Netflix per poi scegliere sempre lo stesso film. Chissà cosa piaceva a Jannik, oltre al tennis. Sapevo ben poco dei suoi gusti, di chi fosse il suo cantante preferito, oppure quale fosse la città più bella mai visitata. Eravamo così vicini, eppure così sconosciuti.

-Mangio il cornetto al volo e ti devo lasciare. Oggi attacco alle sette per il primo turno dei quarti di finale.-
La sua presa si fece più salda.
-Non voglio che te ne vai così presto-
-Doveri-

Addentai il cornetto e ingurgitai il cappuccino, realizzando di essere dannatamente in ritardo. Jannik mi chiamò un taxi e mi accompagnò nella hall, ovviamente dopo essersi messo addosso una maglietta rossa con il logo della Nike. Ci lasciammo con una abbraccio e la promessa di rivederci il prima possibile, dentro e fuori dal Foro Italico. Il taxi mi scortò fino al luogo che, ormai, consideravo come una seconda casa. Quella mattina i tifosi si erano moltiplicati. Centinaia di persone erano già in fila per entrare al Campo Centrale. Carlos aveva già iniziato la sessione di allenamento pre-partita. Lo salutai fugacemente con la mano e notai che si trovava in difficoltà per la presenza di persone che stavano disturbando il suo training. Le persone non conoscono il limite tra tifo ed ossessione.

Drop Shot | Jannik Sinner Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora