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Il mondo, visto dal finestrino di un aereo, sembrava un posto incantato e fermo nel tempo. Le cose perdevano, lentamente, di importanza e spessore, vise da quell'altezza spaventosa. Poggiavo la testa, delicatamente, sulla spalla destra di Jannik mentre mi perdevo in una marea di pensieri. Sentivo i nervi rilassarsi, i muscoli sciogliersi e i miei sensi venire meno. La stanchezza di Parigi si stava facendo sentire. Quelle due lunghissime settimane di lavoro mi avevano devastata, sia fisicamente che psicologicamente. Lì, su quel volo diretto a Montecarlo, stavo, finalmente, dopo tempo, trovando pace. Jannik era intento a fissare il mondo fuori dal finestrino, dietro quei suoi buffi occhiali quadrati. Visto da quella prospettiva, sembrava uno dei tanti ragazzi che si potevano incontrare su un volo di linea, il campione che era in lui veniva nascosto da quella sua aria dimessa. Non gli piaceva dare nell'occhio, non amava il lusso, tantomeno ostentare fama e ricchezza. Era una persona semplice, concentrata su se stesso, totalmente disconnessa dalle dinamiche tossiche del mondo dei vip.

-Ti stai addormentando?-

La voce del ragazzo interruppe il mio flusso di pensieri, misto ad una strana sensazione di rilassamento.

-Potrebbe capitare...-

Il ragazzo mi carezzò una guancia, cercando il mio sguardo. Amavo il modo dolce con cui mi sfiorava, come se avesse paura di farmi male. Il suo tocco leggero e caldo mi fece sentire al sicuro, come protetta. Mi sentivo invincibile, ogni volta che mi perdevo in quei suoi occhi così profondi. La sua mano passò ad accarezzarmi una coscia, in modo del tutto naturale e non inappropriato. Il suo contatto mi piaceva, non lo respingevo mai, a differenza di molte altre persone che avrei preferito tenere alla larga.

-Ti sveglio quando atterriamo?- mi chiese, invitandomi ad addormentarmi.
-Mh, quanto manca?-

I display davanti a noi indicavano ancora un'ora di viaggio.

-Penso proprio che mi farò un pisolino!-

Jannik si sfilò la felpa grigia e la stese sopra il mio corpo rannicchiato in un sedile di aeroplano, come se fosse una coperta.

-Ma non avrai freddo così?- chiesi, preoccupata.
Il ragazzo scosse la testa e mi cinse le spalle con un braccio, accogliendo la mia testa nell'incasso tra il collo e la spalla. Così, cullata da qualche piccola dolce turbolenza e stretta tra le braccia di Jannik, mi lasciai accogliere nel magico mondo di Morfeo.

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La voce metallica del pilota che annunciava l'imminente atterraggio mi ridestò. Sbadiglia, profondamente delusa per aver dovuto interrompere quel sonno così ristoratore. Non dormivo così bene dalla prima notte a Parigi, la stessa sera in cui crollai sfinita senza nemmeno cenare. Le notti successive erano state un incubo. Faticavo a prendere sonno e, qualora riuscissi ad addormentarmi, mi svegliavo ogni poche ore in preda agli incubi ed ai pensieri intrusivi. La mia ansia riusciva a perseguitarmi anche nel sonno, segno che la mia mente non smetteva mai di rimuginare.

-Siamo arrivati?- chiesi stropicciandomi gli occhi.
-A minuti-

L'aereo atterrò sulla pista senza troppi problemi e scossoni, seguito dall'applauso di rito. Io e Jannik prendemmo i bagagli a mano e ci dirigemmo verso la zona per il ritiro dei bagagli in stiva. Odiavo quella lunga attesa imbevuta dall'ansia di aver perso tutti i propri averi e dalla paura che qualcuno potesse scambiare i suoi bagagli con i miei. Dopo una quarantina di minuti, io e Jannik ci dirigemmo verso il parcheggio dell'aeroporto, dove il SUV del ragazzo sostava da qualche ora.

-Quindi tu sei partito da qui per Roma stamattina, per poi tornare con me?- chiesi stupita.
-Sono abituato a viaggiare, non devi preoccuparti! Penso che volare sia una delle cose che più riesce a rilassarmi...-

Drop Shot | Jannik Sinner Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora