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Sedicesimi di Finale Internazionali BNL di Roma

La folla, le grida, il tifo forsennato.
La terra rossa, il sudore, i cori di acclamazione.
Le corse per gli autografi, le fughe dai fan invadenti, i tempi stretti.

Erano ufficialmente iniziati gli Internazionali d'Italia, ma sembravano,piuttosto, gli Hunger Games. I giocatori cominciavano a surriscaldarsi dalla tensione, morivano dalla voglia di accaparrarsi il trofeo e di strapparlo ai propri acerrimi rivali. Tutti si sfiancavano a forza di allenarsi, palla dopo palla, colpo dopo colpo. Scorrazzavo tra i campi, correvo di qua e di là, sperando che tutto quel da farsi potesse mettere a tacere i miei pensieri.
Le mani mi sudavano tremendamente, ma dovevo intervenire sul campo. Quel giorno avrei tanto voluto vedere Jannik giocare, ma ero di turno sul campo centrale per lo scontro di Alcaraz contro Marozsan. Lo spagnolo aveva implorato il suo team di scegliere me come membro in affiancamento, proclamandomi ''medico espacial''. Nonostante la sua affermazione così convincente, non mi sentivo affatto spaziale, anzi. Avevo il morale a terra, ero completamente assorbita dalle dinamiche folli di quella maledetta manifestazione sportiva.

Non c'era allenamento, seduta di fisioterapia o altro incarico a cui riuscivo a dire no. Volevo sfinirmi fisicamente, sperando di mettere a tacere quelle strane vocine che si rincorrevano nella mia testa. Non volevo ammetterlo, ma la situazione con Jannik mi stava facendo male. Dopo la fatidica sera del bacio, non avevamo più avuto occasione di incontrarci. Il ragazzo era preso dalla preparazione atletica, io troppo poco libera dalle mie mansioni quotidiane. Ci cercavamo tra la gente quelle poche volte che sapevamo di poterci incrociare. Correvamo per i corridoi in direzioni diverse, ma ci voltavamo sempre, sperando di inciampare nello sguardo altrui.

Jannik stava giocando nella nuovissima e super moderna Grand Stand Arena, mentre io stavo radunando tutto il necessario da portare a bordo campo. Carlos era teso, anche se, a vederlo da fuori, nessuno lo avrebbe mai potuto intuire. Saltellava per riscaldarsi, canticchiando canzoni spagnole a me sconosciute.
-E' il tuo rito scaramantico?- gli chiesi mentre mi accingevo a porgergli una borraccia con dentro un mix di integratori e sali minerali.
-Si, mi aiuta ad allentare i nervi e calma la tensione. Cantare fa bene, dovresti farlo anche tu-

Scossi il capo consapevole della mia tremenda capacità canora. Non avevo talenti diversi dall'ottima memoria e la passione per lo studio. Sebbene avessi tentato più di una volta la carriera sportiva, ero troppo poco competitiva per arrivare lontano. Perdere o vincere, per me, non faceva alcuna differenza.

-Ti senti pronto per il match? Secondo me lo fai fuori in due set-
-Dici? Guarda che mi fido dei tuoi pronostici-

Mi avvicinai a lui e lo abbracciai. Da quel momento le nostre strade si sarebbero separate, per poi rincontrarsi nell'arena dei gladiatori. Entrai in campo con il team di Carlos e presi posto, mentre la folla acclamava il nome del tennista spagnolo. Il match iniziò poco dopo e tutto filò liscio. Prima di uscire dal campo, Carlos venne nella mia direzione e mi disse di volermi incontrare subito dopo. Annuii e scappai via, prima che qualche ragazzino urlante mi facesse domande e provasse ad estorcermi un autografo dell'atleta.

Ci incontrammo in uno dei tanti studi medici. Avevo perso il conto di quanti fossero. Carlos aveva ancora i capelli bagnati, reduce dalla sua solita doccia fredda post partita.
-Hai avuto problemi in campo?- chiesi preoccupata.
-No, ma volevo comunque che tu controllassi l'addome con l'ecografo. Ho sentito tirare sugli ultimi tre servizi.-

Impostai il macchinario e lo feci sdraiare vicino a me. Non c'era nulla che non andasse.
-Tutto apposto, potresti aver avuto un crampo da carenza di potassio. La prossima volta lavoriamo sull'integrazione da assumere durante la partita-

Carlos fece per rivestirsi, ma si fermò.
-Tu sei sicura che vada tutto bene?-
-Si, l'ecografia è negativa-

Scosse il capo. Evidentemente stava alludendo a qualcosa di diverso.
-Non mi riferisco ai miei addominali, ma al tuo cuore-
Me ne restai in silenzio per una manciata di secondi, fissando come una stupida la sonda ecografica che ancora tenevo in mano. Mi mancava aprirmi con qualcuno. Tra quella mandria di tennisti e tifosi fuori di testa, avevo perso qualunque tipo di riferimento relazionale e affettivo, soprattutto a seguito del mio allontanamento con Jannik.

Drop Shot | Jannik Sinner Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora