2.6

787 42 7
                                    

Arrivammo in uno dei migliori ristoranti giapponesi della capitale. Ci avevano riservato una stanza privata per evitare i fan fin troppo invadenti. Io e il team di Jannik al completo ci accomodammo sulle sedie in pelle nera. Il ragazzo prese posto accanto a me, accarezzandomi poi una coscia.
-Insomma, oltre ad aver vinto il trofeo, hai vinto in altri campi...- esordì il fisioterapista di Jannik, alludendo alla nostra conoscenza durante il torneo appena finito.
Jannik sorrise e portò il suo sguardo su di me.

-Beh, a volte bisogna anche pensare a ciò che accade fuori dal campo...-
-Si, decisamente- confermai io. Ero leggermente in imbarazzo perché tutto il team del giovane tennista si stava focalizzando sulla mia persona. Non erano abituati a condividere pasti e serate con un membro di sesso femminile. La cena fu molto piacevole, tra una portata e l'altra, potei conoscere meglio i fedeli compagni di avventure di Jannik.

Il mio stomaco stava chiedendo pietà, dopo l'ennesimo vassoio di tonno crudo affettato.
-Ma quanti altri piatti avete ordinato?- chiesi, temendo per la risposta dei ragazzi.
-Penso una trentina...- disse Jannik.
Strabuzzai gli occhi, temendo per la mia salute intestinale. Non ero abituata a fare grandi mangiate, anzi. I giorni del torneo mangiavo ad orari improponibili, saltando molte volte il pranzo o gli spuntini di metà mattinata. Avrei, decisamente, dovuto tornare ad un regime alimentare regolare e salutare.

-Scherzo, adesso dobbiamo solo pagare e pregare di non esplodere durante il tragitto verso l'hotel...-

Jannik si toccò la pancia, con l'intento di comunicarci quanto fosse sazio. Anche lui non era abituato a sgarrare così frequentemente. Ci dirigemmo alle auto, sperando di non incappare in qualche gruppo di tifosi alla ricerca di una foto o di un autografo. Non fu semplice metterci in viaggio, ma ci riuscimmo in pochi minuti. Indicai all'autista l'indirizzo di casa mia, ma Jannik mi fece cenno di lasciar perdere. Avrei passato la nostra ultima notte insieme nel suo hotel di lusso.
L'indomani pomeriggio, dopo aver radunato tutte le sue cose Jannik sarebbe partito in direzione Montecarlo per proseguire con la preparazione ai successivi tornei che lo avrebbero visto protagonista. Io, invece, sarei tornata in ospedale. La mia prossima tappa sarebbe stata Parigi, in occasione del Roland Garros, al seguito del team di Carlos.

Molto probabilmente, io e Jannik, non ci saremmo rivisti per una settimana. Pensai al fatto che, molto probabilmente, i tornei di Carlos a cui avrei peso parte come membro dello staff, sarebbero state le nostre uniche occasioni per vederci. Ci saremmo, sempre e comunque, visti tra una partita e l'altra, con i minuti contati e con mille impegni tra cui districarsi. Ma noi meritavamo una possibilità, nonostante le difficoltà.

L'autista del ragazzo rallentò, per poi accostare. Lo salutammo e ci dirigemmo verso l'hotel. La suite di Jannik ci stava aspettando.
-Eccoli! Avete festeggiato la vittoria?-

Carlos si stava dirigendo verso la sua stanza proprio nel momento in cui le porte dell' ascensore si aprirono.
-Sei stato fortissimo, mi hai messo in difficoltà!-
Carlos scosse il capo.
-Facile parlare quando si è i vincitori....comunque sei una macchina da guerra, Jan, lasciatelo dire-

I due ragazzi cominciarono a parlare di colpi, di come aggiustare al meglio il servizio in vista del prossimo slam e di come si fossero divertiti sul campo. Oltre ad essere due atleti unici, erano due fantastiche persone innamorate del loro mestiere.
-Ti vedo troppo spesso da queste parti...-
Lo spagnolo stava alludendo al fatto che, ultimamente, avevo passato fin troppo tempo fuori dalle mura di casa mia.
-Beh, in un certo senso hai ragione...-
-Evitate di fare troppo rumore perchè devo dormire dopo quella partita massacrante-

Jannik si imbarazzò appena. Avevo notato che, a differenza della maggior parte dei suoi coetanei, provava molto imbarazzo quando si facevano allusioni alla sfera della sua intimità. Questo suo tratto caratteriale mi dava conferma della persona riservata che era. Jannik voleva tenersi per sè tutto ciò che più di intimo accadeva tra noi. Non potevo che essere d'accordo con lui. Volevo che la nostra storia fosse solo proprietà privata e non avevo intenzione di darla in pasto ai giornalisti.

Drop Shot | Jannik Sinner Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora