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''Tonight
We are young
So let's set the world on fire
We can burn brighter than the sun''

Non so ancora bene cosa successe dopo le risate e gli scherzi con Jannik e Carlos. Ricordo solo che il sole si stava lentamente congiungendo con l'orizzonte, lasciando spazio alla luna e a qualche spruzzo di stelle. La brezza di Roma rendeva il tutto ancora più magico e surreale.
-Ho avuto un'idea, ma non dobbiamo farci scoprire- esordì Jannik.
Io e Carlos restammo in silenzio aspettando le sua proposta. Nei suoi occhi si accese una scintilla che non avevo mai visto prima.
-Prendiamo la mia auto, andiamo al Colosseo e poi torniamo in hotel senza dare nell'occhio-

Ero a metà tra l'essere sorpresa e l'essere contrariata. Avrei rischiato, e tanto. Carlos non ci mise molto a dichiararsi favorevole a compiere quella malsana pazzia, mentre io, non so per quanti minuti o secondi, restai ferma a fissare l'incrocio delle righe di fondo campo e corridoio. Non volevo rischiare il lavoro, ma il mio cuore mi diceva di dare una possibilità a quei due pazzi tennisti.

-E' fatta, ma dobbiamo evitare che turisti, persone e tifosi facciano foto-
I due si guardarono, ricordandosi solo in quel preciso istante di essere due atleti di altissimo livello, conosciuti più o meno da chiunque. Avevano decisamente fatto i conti senza l'oste.

-Okay, nessun problema. Evitiamo di scendere dall'auto e facciamo un car-party?- propose Carlos.
-Si, sarebbe perfetto!- rispose l'altro.

Scossi il capo e mi arresi al fatto di essere, ormai, parte del loro piano malefico e folle. Sorrisi e annuii in segno di assenso. I due saltellarono e mi abbracciarono. Senza pensarci due volte, corremmo verso gli spogliatoi per cambiarci e fare una doccia veloce. Dovevamo nascondere, a chiunque avessimo incontrato, il nostro stato di agitazione misto ad eccitazione. Incrociai Rafael Nadal e lo salutai con timidezza, ancora incapace di rapportarmi con lui come facevo con tutti. Era stato il mio primo idolo, la prima cotta, il motivo per cui avevo preso in mano una racchetta, per poi mollarla presa dalla disperazione.
-Come stai?- mi chiese di botto. Restai per qualche secondo in silenzio, cercando una risposta che non mi facesse apparire come una ragazzina alle prime armi con la crush del momento.
-Stanca, estasiata, emozionata. E' un onore lavorare per te e per tutti gli altri-

Lo spagnolo appoggiò a terra il suo borsone, per poi aprirlo. Estrasse una delle sue tante fascette che usava per evitare che i capelli gli impedissero di giocare con una buona visuale. Il gesto che fece successivamente mi lasciò completamente di stucco. Con i denti stappò un pennarello indelebile blu. Mi porse la fascetta con sopra il suo autografo. Ammirai quella striscerà di tessuto per un tempo che, a me, parve interminabile.
-Mi hanno detto che, da piccola, non eri riuscita a farti autografare una pallina. Spero di aver rimediato-

Mi abbracciò, per poi mettersi il borsone in spalla e scomparire al di là dei tornelli di uscita. Doveva essere stato Jannik a parlargli di quel buffo aneddoto di circa 14 anni prima.

-Beh, almeno ora la ''te adulta'' è felice!-
Jannik apparve alle mie spalle, mettendomi un braccio attorno al collo. Scossi il capo rassegnata al fatto di non poter più fare a meno delle sue attenzioni e della sua compagnia. Carlos ci raggiunse e ci dirigemmo verso il parcheggio privato degli atleti. Controllammo che non ci fosse nessuno e Jannik ci invitò a salire sul suo fantastico e luccicante SUV.

Lasciammo silenziosamente il Foro, per poi dirigersi verso il centro della città.
-Che mortorio! Avevamo detto di fare un car-party- protestò Carlos dal posto del passeggero. Io avevo optato per i sedili posteriori.
-Mettiamo qualcosa alla radio?-

Drop Shot | Jannik Sinner Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora