Calende di febbraio (1 febbraio)
Il primo giorno dell'ultimo mese dell'anno si festeggiava Giunone Sospita, la protettrice. Tutta Roma si era riunita nel Foro Olitorio, davanti al tempio a lei dedicato. Il Pontefice Massimo Lepido e Augusto avevano invocato i Lari protettori delle famiglie dell'Urbe e avevano onorato gli avi che da tempo abitavano l'oltretomba. Sull'altare di marmo era stata sacrificata una cagna in onore della dea Terra: il suo sangue avrebbe purificato l'anno che andava concludendosi, avrebbe cancellato le sofferenze e i mali di quei mesi dolorosi, in modo che non si trasferissero all'anno nuovo, contaminandolo.
Dal tempio, poi, era partita una processione di sacerdoti e sacerdotesse, guidata da Lepido e dalle Vestali. Livia le aveva osservare una a una, soffermandosi in particolare sulla giovane Occia. Ma il volto della ragazza era velato e invisibile.
La processione era entrata di casa in casa, aspergendo gli atri con un liquido misto di acqua salata e sangue della vittima sacrificata. Litanie e preghiere rendevano quella colonna umana simile a un mare rumoreggiante. In mezzo alle bianche vesti rituali camminava una capra adorna di nastri colorati e rametti intrecciati alle piccole corna. Ai lati della processione procedeva il popolo, giubilando festivo, suonando strumenti musicali, intonando canzoni che inneggiavano alla prosperità e alla felicità dell'anno nuovo.
Per tutta la notte, la città sarebbe stata illuminata da fiaccole e lanterne, le donne avrebbero girato per le strade - per la prima volta sicure - recando funalia accesi in onore della dea Februa, assimilata a Giunone Sospita.
Era un giorno di festa, e Augusto e Livia seguivano la processione sorridendo e accettando le benedizioni e gli auguri del popolo. Per quel giorno non ci sarebbero stati altri drammi. C'erano ancora molte cose da fare, ma ci avrebbero pensato l'indomani.
Come a smentire i suoi pensieri, Livia si trovò accanto Papiria. «Sembra quasi per noi, questa festa» esclamò la donna, per sovrastare l'allegra confusione.
«Quasi» concesse Livia, con un sorriso. Una festa per loro, per aver risolto il caso e concluso l'indagine.
«Ho detto a mio fratello che dividerò l'eredità con loro» la informò Papiria, avvicinandosi al suo orecchie per farsi udire meglio. «Quella è sempre stata casa nostra e continuerà ad esserlo. E i proventi dei nostri affari e delle nostre proprietà andranno sia a Emilio che ai loro futuri figli maschi.»
«È giusto così» apprezzò Livia.
«Ora che non c'è più mio marito a sperperare il nostro denaro, offrirò molti sacrifici a Vesta, perché perdoni la mia famiglia per il disonore che le abbiamo recato.»
«La colpevole è già stata punita. Voi non avete avuto alcun ruolo nella faccenda.»
Papiria stava per protestare, ma Livia accelerò il passo. Quella donna era testarda come un mulo, quando si trattava del suo maledetto onore.
Quando la processione passò accanto a Porta Collina, Livia gettò uno sguardo al Campus Sceleratus, dove quella mattina era stata rinchiusa Aureliana. Si domandò se udisse le grida di gioia, o se le coprisse con le proprie di rabbia.
Il giorno prima, Augusto e Lepido avevano discusso a lungo l'anomala situazione di Aureliana. Alla fine, anche Livia aveva mentito: la vestale non era stata trovata in compagnia di un uomo. La verità era molto peggiore e lei aveva deciso di tacere, per molte ragioni. Quando Papiria e Tallio le avevano raccontato la scena cui avevano assistito, Livia aveva deciso di recarsi all'Atrium Vestae e aveva chiesto di parlare con la giovane Occia. La ragazzina non aveva retto un secondo: non appena aveva capito che Livia sapeva, era scoppiata in lacrime e aveva confessato. Era stata costretta a sottostare alle inopportune attenzioni di Aureliana da quando aveva acquisito le forme di una donna. Era un peso tremendo per lei da sopportare e non aveva avuto il coraggio di parlarne con nessuno. Livia le aveva promesso che quella situazione sarebbe finita presto e le aveva chiesto di serbare il segreto. Non c'era bisogno di mettere in discussione il suo onore e la sua purezza, quando l'unica colpevole era Aureliana.
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La morte dell'arpia
Historical Fiction27 a.C. Ottaviano è stato appena nominato dal senato imperatore di Roma. Livia decide di invitare a un banchetto tutte le matrone più in vista della città, per sondare l'opinione dei loro mariti senatori al riguardo. Aurelia è la moglie del senatore...