Sesto giorno prima delle Calende di febbraio (27 gennaio)
La seconda moglie di Ottaviano aveva quarantadue anni ma era ancora la bella donna di un tempo. I capelli color nocciola conservavano la loro lucentezza, gli occhi della stessa tonalità erano sempre grandi e seducenti, con ciglia lunghe e arrotondate sulla punta. Il naso era dritto, le narici piccole, la bocca grande e morbida, gli zigomi affilati, il viso ovale e armonioso. Era la versione adulta di Giulia, con un corpo slanciato e prosperoso nei punti giusti, la vita sottile, i fianchi magri, le gambe lunghe e snelle.
Livia la studiò mentre sorseggiava un bicchiere di vino offerto dalla padrona di casa. Le si era seccata la gola, quando la sua mente aveva fatto tutti i collegamenti. Scribonia, la donna che Ottaviano aveva sposato e poi abbandonato, era l'amante segreta del senatore Cervo. Dopo aver avuto il primo uomo di Roma, si era accontentata dei bassifondi del Senato. Era talmente incredibile che Livia avrebbe riso, se non avesse avuto la testa piena di pensieri.
Scribonia. Seconda moglie di Ottaviano. Madre di Giulia. La donna che lei aveva usurpato.
La matrona non tentava nemmeno di nascondere il suo astio, ma aveva cercato di essere comunque accomodante, offrendole un calice di vino. Ora sedevano una di fronte all'altra al piccolo tavolo della sala da pranzo, studiandosi come due gladiatori pronti al duello.
Non erano sole. Scribonia abitava col suo primogenito, Cornelio Marcellino. Aveva venticinque anni ma non era sposato e non lavorava. Era un ragazzo strano, gli occhi strabici, che sbavava quando parlava. Non era del tutto normale. Livia era stata colta da un brivido di ribrezzo quando lo aveva visto, Scribonia se ne era accorta e il suo sguardo aveva lampeggiato d'odio. Lo aveva chiamato a sé e gli aveva carezzato la testa, pelata qua e là, sulla quale sopravvivevano radi ciuffi castani.
«Tesoro mio, ti va di giocare con Emilio? La mamma deve parlare con questa kyria.»
Cornelio Marcellino aveva sorriso, scoprendo denti gialli e storti, ma Emilio pareva abituato a quella prassi, perché saltellando lo aveva preso per mano e lo aveva guidato fuori dal cenaculum. Livia aveva lasciato fuori i suoi schiavi, compreso Zosimo, e ora cercava di trovare le parole per cominciare quella spinosa conversazione.
Ma Scribonia la precedette. «Aspettavo una vostra visita, prima o poi.» La sua voce era estremamente sgradevole. Alta, stridula, graffiante. Feriva le orecchie. «Per Giulia. Ma, considerando che siete qui con il figlio di Cervo, presumo vogliate parlare di lui. Mi aveva detto che stavate ficcando il naso nelle sue faccende private. Non mi è molto chiaro perché, tuttavia.»
«È una lunga storia. Da quanto siete amanti?» andò dritto al sodo Livia.
«Qualche mese.»
«Perché?»
«Cervo mi aveva assicurato che, alla morte del suocero, avrebbe ereditato l'intera fortuna dei Papiri. Diceva che suo cognato sarebbe stato estromesso dal testamento e che sua cognata, la vestale, non sarebbe stata un problema. Ma, a quanto pare, si sbagliava.»
«Sapete del testamento?»
«Cervo è venuto a piangere sulla mia spalla, ieri sera. Voleva che lo consolassi.» Il disgusto le disegnò una smorfia sulle belle labbra. «Non appena ho saputo che non avrebbe visto un asse di quell'eredità, l'ho sbattuto fuori.»
«Lo frequentavate per i soldi?»
«Per quale altro motivo avrei voluto accompagnarmi a un uomo come lui?»
«Ottaviano vi dà ancora del denaro.»
La sola menzione del suo ex marito le fece divampare un incendio in volto. Allargò le braccia, a comprendere il piccolo cenaculum. «Guardate dove vivo! Credete che i suoi spiccioli inviati due volte l'anno bastino per rimediare a quello che mi ha fatto?»
Livia non si sarebbe lasciata intimidire. «So che avete raccontato tutto a Giulia.»
«Aveva il diritto di sapere la verità.»
«Le ho promesso che mi sarei scusata con voi per il modo in cui abbiamo gestito quella faccenda.»
Una risata aspra ferì i timpani dell'imperatrice. «Sapete che me ne faccio delle vostre scuse?» Scribonia si tese verso di lei, allungandosi sopra il tavolo, gli occhi cattivi. «Mi avete rovinato la vita. Mi avete tolto mia figlia. Mi avete strappata a un bel matrimonio, costretta a divorziare dal mio secondo marito per essere abbandonata dal terzo dopo appena un anno. Ottaviano mi ha usata e gettata via quando non gli facevo più comodo.»
«La politica...»
«Cos'è cambiato in un anno?» la interruppe Scribonia, furiosa. «Ha sposato me perché gli faceva comodo la mia parentela con Pompeo Magno e l'anno dopo ha sposato voi che non eravate nessuno, vostro marito non era nessuno, i vostri avi non erano nessuno. Non gli servivate. Eppure vi ha scelta lo stesso. È bastato un anno a fargli capire che la politica non era poi così importante?»
Livia inspirò a lungo dalle narici. «Non sono venuta per litigare...»
«E allora per cosa?»
«Sapete che Cervo è scomparso?»
«No, e non mi importa.»
«Voi potreste essere l'ultima persona che l'ha visto. Vi ha detto dove sarebbe andato?»
«L'ho sbattuto fuori. Non mi interessava più.»
«Biasimate Ottaviano e poi voi vi comportate esattamente allo stesso modo.»
«Ma io non sto facendo soffrire nessun bambino» sibilò Scribonia, alzandosi di scatto e iniziando a passeggiare per la stanza.
Livia cercò di mantenere i nervi saldi, ma iniziava a detestare quella donna. «Dovete smetterla di mettermi contro Giulia. Siamo una famiglia, ora, che ci piaccia o no.»
«Giulia è mia figlia. È l'unica cosa buona che mi ha dato Ottaviano. E voi volete portarmela via.»
«Non è così. Sapete che Ottaviano ha ottenuto la piena custodia di Giulia ed è solo grazie alla sua generosità che potete vederla.»
«Per pochi giorni al mese!»
«La potreste vedere di più, se cambiaste atteggiamento. Ma ogni volta che Giulia torna da casa vostra è arrabbiata, chiusa e capricciosa. Esercitate una cattiva influenza su di lei.»
«Invece quando è qui è felice, ride e chiacchiera senza freni. Questo dovrebbe farvi capire che sta meglio con sua madre.»
«Giulia non verrà mai a vivere con voi. Starà con suo padre fino a quando non si sposerà.»
Scribonia posò le mani sul tavolo, incastrando gli occhi in quelli di Livia. «Già, dovremmo parlare anche di questo. Chi ha scelto per lei, Ottaviano? Scommetto qualche borioso senatore di mezza età che possa recargli un qualsiasi tipo di vantaggio politico.»
«Non ha ancora detto nulla in proposito» mentì Livia, alzandosi. Non intendeva perdere altro tempo in compagnia di quella donna, doveva organizzare le ricerche di Cervo. La sua sparizione poteva essere importante. Se era ancora vivo, avrebbe potuto avere qualcosa di interessante da dire. Altrimenti, anche la sua morte avrebbe potuto dare una svolta alle indagini. «Ma se volete potete organizzare un appuntamento e venire al Palatino.»
«Lo farò» promise Scribonia, serrando la mandibola.
«Sono lieta che le circostanze ci abbiano fatte incontrare» disse Livia, prima di congedarsi. «Era giusto che parlassimo a quattr'occhi.»
Scribonia non replicò, si limitò a chiamare quel suo strano figlio e a riconsegnarle Emilio. Livia non poté fare a meno di controllare che non gli fosse stato torto neanche un capello, perché era sotto la sua custodia e Livia non poteva neanche immaginare la reazione di Papiria se qualcuno avesse fatto del male al suo unico figlio.
Tornata alla domus, organizzò le ricerche, dividendo i suoi schiavi in squadre. Non appena Ottaviano rientrò dal senato, gli chiese di mettere a disposizione dei soldati per cercare il senatore. Ottaviano acconsentì e quella notte ronde di militari muniti di torce percorsero tutte le vie della città, da quelle larghe e lastricate del centro a quelle strette e buie della Suburra.
Del senatore Cervo non fu trovata alcuna traccia.
DIZIONARIO DELLE PAROLE LATINE
Cenaculum: appartamento di un'insula
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La morte dell'arpia
Fiction Historique27 a.C. Ottaviano è stato appena nominato dal senato imperatore di Roma. Livia decide di invitare a un banchetto tutte le matrone più in vista della città, per sondare l'opinione dei loro mariti senatori al riguardo. Aurelia è la moglie del senatore...