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Nono giorno prima delle Calende di febbraio (24 gennaio)

Quella fu una giornata di visite.

Il primo a importunarla, mentre ancora consumava una tardiva colazione, fu Tallio o Tezio - il Gallo che aveva ancora tutte le ossa buone.

Dopo una notte trascorsa a spiare l'abitazione dei Papiri, aveva lasciato il suo compare Noxos ed era corso al Palatino, dove aveva esalato, la lingua di fuori: «Domina, notizie da domus Papiria! È arrivato il testamento del senatore Cosso.»

«Eccellente!» gioì Livia, pensando che quella giornata, iniziata al meglio, si sarebbe rivelata assai proficua. «Ora vedremo chi aveva tutto da guadagnare dalla sua morte.»

«Faccio preparare la portantina?»

Livia stava per acconsentire, quando ricordò gli occhi fiammeggianti di Cosso iunior, il giorno prima. Per qualche motivo, la frenarono. «No» rispose, quasi incredula. «Per ora no.»

Poi disse a Tezio o Tallio di prendersi la giornata libera. Se l'era meritata e, dopo una notte passata al gelo, gli concesse anche un'immersione nel calidarium. Il Gallo si illuminò e corse via, prima che alla padrona venissero in mente altri incarichi per lui.

Livia mandò un altro schiavo a dare il cambio a Noxos, rimasto dai Papiri, quindi andò da Asclepiade, per controllare le condizioni della sua seconda spia.

«Ancora un paio di giorni e tornerà come nuovo» le assicurò il medico, mentre Tezio o Tallio sorrideva coraggiosamente.

Livia stava per andarsene, quando ebbe un ripensamento. «A proposito, com'è che ti chiami? Ti confondo sempre con tuo fratello ma ora, con quel naso storto, sarà in grado di riconoscerti subito.»

«Sono Tallio, domina

«Bene, Tallio. Buona guarigione.»

Livia lo lasciò alle abili cure del medico greco e stava per fare una capatina nella biblioteca, per salutare i figli alle prese con i loro precettori, quando uno schiavo lo avvisò che al portone una donna chiedeva di lei. Tornò subito sui suoi passi, pensando ci fossero altre novità sul caso dei Papiri, ma era solo una profumiera che voleva venderle le sue essenze. Livia sospirò, un po' scocciata, ma la fece entrare e accomodare nel proprio cubiculum. Aveva quasi esaurito la sua scorta, tanto valeva acquistare qualche nuova boccetta.

Ben presto la stanza fu invasa dal profumo di rosa, miele, vino, mirto, melagrana, resina, cannella, agresto e cento altre fragranze. Infine, mezza stordita, Livia optò per il classico Rhodinum, di cui si aspergeva sempre nelle occasioni importanti, e il Regale, un nuovo profumo che, a sentire la commerciante, usava nientemeno che il re dei Parti. Era molto più costoso di quel che Livia si aspettava, ma raramente si concedeva il lusso di gioielli o vesti preziose. E poi quel profumo era davvero buono e non vedeva l'ora di sentire l'opinione di Ottaviano.

I profumi erano contenuti in eleganti boccette a forma di colomba, in vetro azzurro soffiato. Livia li affidò alle schiave, pagò la commerciante, che si profuse in inchini e sorrisi smisurati, e uscì dal cubiculum, lasciando la porta aperta perché arieggiasse l'aria divenuta da deliziosa a irrespirabile.

Si stava dirigendo verso la biblioteca quando fu intercettata da un altro schiavo.

«Domina, la vostra figliastra è tornata.»

Il volto di Livia si congelò in un'espressione imperscrutabile. Ci mise qualche istante a ritrovare la favella e infine disse, con un sorriso di pietra: «Meraviglioso.»

Lo schiavo parve interdetto da quella sua reazione. «Volete vederla o...?» Lasciò la frase in sospeso, senza sapere bene quale alternativa la padrona preferisse.

La morte dell'arpiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora