VI: T'Amo.

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“Anche se non lo sai, ho bisogno di te”
[Mahmood, T'Amo]

Il silenzio che si creó in quella telefonata era turbato dai respiri irregolari di Riccardo.

Poi, parló:

«Cazzo vor dí che t'ha baciato? Ma é coglione?».

«...».

«Come stai?».


«Ho il suo burrocacao sulle labbra».

«E questa cosa come ti fa sentire?».

«Come se fossi in Paradiso, Riccà».

Durante la notte, Alessandro non riusciva a chiudere occhio.

Pensava a quel bacio, al sapore del burrocacao di Marco che piano piano andava via. Guardó l'orario sul suo cellulare e si accorse che erano ormai le 06:07.

Si alzó dal letto e andó in bagno a sciacquarsi il viso.

Alessandro's pov.

1 messaggio da leggere.

+39 *** ** ***: Ale senti, io non ho dormito stanotte. Posso venire da te?
06:09

«Ma questo c'ha la botta pesante». mormorai.

Tu: E che cazzo c'entra col fatto che non hai dormito?
06:10

+39 *** ** ***: Bastava dire di no
06:10

Continuai a fissare il messaggio “bastava dire di no” e non sapevo bene cosa rispondere. Mi faceva pena tutto questo. Ma proprio lui doveva esserci come co-conduttore?

Tu: Vabbè e vieni che ti devo dire
06:14

Eccallà, sono un coglione.

Toc toc

Mi avvicinai alla porta, ma prima di aprirla scrissi di getto a Riccardo:

Tu: Sta tornando in camera mia
06:16

Spensi completamente il cellulare e lo lanciai da qualche parte sul letto e mi sistemai i capelli.

Misi la mano sinistra sulla maniglia della porta con insicurezza e con un solo colpo si aprí, svelando la sagoma assonnata di Mengoni.

«Buongiorno Alessandro» disse sorridendomi.
«Buongiorno, entra» dissi facendogli spazio per entrare.

Si sedette su una poltrona di fianco al letto con molta calma e si passó le mani sul viso distrutto.

«Ho pensato a te tutta la notte».

Abbassai lo sguardo senza rispondere, toccandomi le guance bollenti con le mani fredde.

«Hei, non arrossire, é la verità».
«Ho fatto lo stesso».

Mengoni mi osservó con sguardo ammiccante, poi si alzó dalla poltrona, prese il mio cellulare dal letto e lo guardò.

«Che vuoi dal mio cellulare? È spento» dissi strappandoglielo dalle mani in modo prepotente.

«Quando me ne sono andato stanotte, chi ti ha chiamato?».


«Marco, perché non ti fai i cazzi tuoi?».
«E tu perché invece non abbassi il volume della tua voce quando parli?».

Indietreggiai di un passo, cadendo sul letto bianco e sfatto.

Affondai la testa nel cuscino. La federa aveva un bell'odore, mi ricordava qualcosa di molto simile al mare.

«Ti odio Marco. Perché non te ne torni a Milano? Per me puoi tornare anche oggi! Perché non vai? Eh?».
«Perché t'amo Alessà».

«Vai via Marco, ti prego» dissi alzando lo sguardo. Si sedette sul letto, si levó le scarpe e si mise dietro di me.

«Ti ho ferito e lo so, ti chiedo perdono».


«Non mi basta. Non puoi tornare dopo più di quattro anni e chiedermi perdono così, aspettandoti che io ti dica “ti amo anche io Marco” perché non funziona così».

Mi avvinghiai ancora di più al cuscino.

«Ti prego, fatti guardare negli occhi» disse accarezzandomi la nuca.

Mi girai. «Se mi tocchi ancora con queste mani fredde sulla nuca, giuro che ti uccido».
«Già lo stai facendo» disse guardandomi negli occhi.
«C'hai questi occhi strabilianti. Non ho mai smesso di amarli, come non ho mai smesso di amare te».
Il mio viso divenne bollente, completamente rosso per quello che Marco mi aveva appena detto.


Ridacchiò.

«Ale, vorresti davvero che io me ne vada?»

«...».
«Rispondi».
«No. Anche se non lo sai, ho bisogno di te, Marco».

Angolo duevitee #3.

Mi sto divertendo molto a scrivere questa storia e spero che vi stia piacendo!
Fatemi sapere qualsiasi cosa nei commenti.

Com'è profondo il mare | Marco Mengoni & MahmoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora