introduzione

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Ciao, mi chiamo Alice e ho compiuto da mesi 18 anni. Vivo a Milano da quando ero piccola.. e nonostante ciò non la ritengo casa mia.
La frenesia di questa città mi ricorda ogni giorno di più che non riesco a starci al passo.
Mentre tutto e tutti vanno avanti io rimango nel passato a farmi mangiare dai miei stessi demoni che mi perseguitano da anni.
La mia "famiglia" si è spezzata quando mia madre ha lasciato me e mio padre quando avevo solo 8 anni, l'incidente che me l'ha portata via difficilmente me lo dimenticherò.
Da allora tutto non fu più lo stesso.
Mi ero chiusa in me stessa e non riuscivo più a socializzare con nessuno e mio padre non aiutava.
Dalla morte di mia madre si buttò sull'alcool e sulla droga in modo da cercare di reprimere il dolore che gli causava la sua mancanza. 
Funzionava? Ammetto di si.

Ogni volta che toccava una bottiglia di qualsiasi alcolico sapevo già come sarebbe andata a finire. Diventava un altra persona, irriconoscibile ai miei occhi, ma anche a quelli di sua moglie.
Lo temevo. Ogni fottuto giorno di più. Da quando mamma non c'era più avevo paura di lui.
Diventava violento e aggressivo, forse nemmeno se ne accorgeva..
A scuola nascondevo i lividi il più possibile con i miei trucchi, il correttore era la mia salvezza purtroppo.
Ma alle volte quando esagerava dovevo assentarmi e rimanere a casa in quando il misero trucco non era sufficiente a nasconderlo, perché si, nessuno doveva sapere come stavo veramente.
A nessuno doveva importare. Mi prendevano probabilmente per pazza, quindi non aveva nemmeno senso condividere il mio dolore con qualcuno che non avrebbe capito.

Se nemmeno mio padre, l'ultimo elemento della mia famiglia, si preoccupava per me, chi avrebbe dovuto farlo? Non mi piaceva nemmeno che la gente entrasse nel mio spazio personale, avevo imparato a star da sola, avevo imparato a mie spese che la solitudine se non ti uccide, ti fortifica.

Non aveva molto senso che qualcuno si preoccupasse.. perché tanto non avrebbero capito, ma non gliene facevo una colpa, nemmeno io mi capivo, come potevano farlo gli altri?

Mi sentivo cosi sola in una città piena di persone.
Mi sentivo inutile a me stessa, come se la mia esistenza fosse frutto di un errore.

Trovare il mio posto in una città così grande doveva essere facile?
Assolutamente no. 
Il mio umore variava dal sentirmi uno straccio, al non sentire proprio niente. 
Come se in realtà non esistessi nemmeno, e niente mi legasse a questo mondo.

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