22. Veleno

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Le dita di Narcissa affondarono tra i capelli di Lucius, artigliandogli la nuca quasi con disperazione, mentre con l'altra mano si reggeva al bordo del divanetto. Nemmeno ricordava le dinamiche precise che li avevano condotti lì, sapeva solo che non appena si erano rinchiusi nello studio di Lucius, l'impulso di avvicinarsi li aveva vinti di nuovo, come una bruciante febbre. E ora eccola lì, tra le mani di Lucius che la spogliavano di tutti i pensieri accumulati nell'ultimo periodo. La verità era che da quando si erano baciati per la prima volta era stato come scoprire una nuova, irresistibile droga, incredibilmente a portata di mano e priva di effetti collaterali indesiderati.

E quella sera Narcissa sentiva di averne più bisogno del solito.

La cena, il confronto con Klaus, vedere la confessione del proprio amore per Lucius calpestata dall'egoismo della sorella... quella sequenza di eventi si era chiusa attorno a lei come un cappio, minacciando di soffocarla da un momento all'altro. I baci di Lucius, invece, le restituivano il respiro. Si abbandonò contro il suo petto, mentre lui si insinuava con le mani sotto la gonna per stringere le cosce fasciate dalle calze, annullando i confini tra i loro corpi. Avrebbe volentieri trascorso l'eternità così, a lasciarsi modellare dalle mani calde e sicure di Malfoy, che a ogni carezza la scioglievano per ricomporla poi in una materia nuova, più viva e forte.

Ma come ogni dipendenza, anche quella esigeva qualcosa in più. Prese a baciarlo, dapprima lentamente, assaporando la sua sorpresa, poi con più trasporto, scambiando morsi e baci. Sentì la pelle di Lucius prendere fuoco sotto di lei, e le mani farsi più esigenti, allargando i confini esplorati fino a quel momento. A quel punto Narcissa lasciò andare la presa sul divano per aggrapparsi con entrambe le mani alle spalle di Lucius. Il respiro le tremava, e dalle labbra le scappò un profondo gemito che soffocò in un'altra serie di baci appassionati. Proprio quando stava cominciando ad abituarsi a quelle nuove carezze, Lucius si fermò, e con delicatezza tornò a sfiorarle le gambe. Poi si scostò un poco da lei per poter interrogare i suoi occhi. Subito sul volto acceso di Narcissa comparve un'espressione contrariata.

«Stai bene?» le domandò in un sussurro, facendosi largo a fatica tra la nebbia di passione che ancora copriva gli occhi di entrambi. Narcissa assentì, e tuttavia lo sguardo le precipitò verso il basso al ricordo delle ultime parole che sua sorella le aveva rivolto. Non che le ritenesse vere, era ovvio; Bellatrix poteva essere capace di tutto pur di ottenere quel che voleva, perfino di deformare la realtà dei fatti con una storia fantasiosa. L'aveva già fatto, e Narcissa aveva buona memoria. E poi, conosceva Lucius. Sapeva che amava troppo la sua indipendenza per votare la sua vita all'altare di una schiavitù perversa. No, non era stato quello a turbarla. Le radici del suo malessere erano molto più profonde e antiche. Quante volte in passato Bellatrix aveva calpestato le sue ambizioni, deridendola o infuriandosi, solo perché non rientravano nei confini del suo personale disegno? Narcissa avrebbe dovuto esserci abituata, e invece ogni volta non poteva impedirsi di soffrirne, chiedendosi quanto ancora avrebbe dovuto aspettare prima che la sorella manifestasse anche solo una smorfia di approvazione per la sua felicità.

E ora che era stata privata del conforto del padre, si sentiva completamente, irrimediabilmente sola, con una sorella che l'aveva abbandonata e l'altra che non perdeva occasione di contestarla, incapace di amarla senza l'ombra di un severo giudizio.

Lucius intanto aveva ritirato una mano dalla gamba per accarezzarle il viso.

«Ne sei sicura?»

Quell'insistenza la punse come un insetto molesto, irrigidendola.

«Non fraintendermi, mi piace quando ti lasci andare, è solo che... mi sembri diversa. È successo qualcosa?»

Lucius continuava a scavare nelle iridi marine di Narcissa, eppure più cercava e più si ritrovava con le mani piene di sabbia, ignaro che nel cuore di lei era in atto una lotta sanguinosa tra la vergogna e la paura.

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