19. Ventun anni - Parte 2

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Narcissa rincasò nel primo pomeriggio. Alla fine il giro di compere con Bellatrix si era allungato, e le due sorelle ne avevano approfittato per pranzare insieme. Quando Narcissa mise piede nell'ingresso di Villa Malfoy si sentì incredibilmente più leggera, quasi che la sé stessa di quella mattina non fosse che un vago ricordo chiuso a chiave nel polveroso cassetto del passato. Gran parte del merito risiedeva nel vestito commissionato su misura da Bellatrix ora accuratamente incartato e riposto nella grande busta rigida, e lei non aveva alcuna intenzione di vergognarsene. La vanità era sempre stata un suo tratto caratteristico, tanto distintivo quanto i grandi occhi azzurri e i lunghi capelli biondi. Affannarsi a nasconderlo sarebbe stato oneroso oltre che vano. Ma per quanto andasse fiera di ogni aspetto della sua personalità, Narcissa non era una sciocca; sapeva che rifugiarsi tra pizzi e merletti non poteva essere una soluzione definitiva, e che prima o poi la realtà dei fatti le avrebbe presentato il conto. Fino a quel momento, però, avrebbe goduto appieno di tutti i vantaggi di tale distrazione.

Troppo impegnata a lasciarsi cullare dalla prospettiva, non notò l'ombra seduta sulla poltroncina dell'anticamera d'ingresso.

«Dov'eri finita?»

La voce di Malfoy, resa più acuta dalla meraviglia di cui era tinta, la colse di sorpresa, facendola sussultare appena. Narcissa si voltò verso di lui, cercando di nascondere con movimenti rigidi la grande busta impreziosita dall'inconfondibile logo di Madama McClan. Di colpo, da scudo contro il malumore, il vestito si trasformò in un'ingombrante prova di colpevolezza.

«Ne ho approfittato per fare un po' di compere». Quella risposta vaga fu tutto ciò che riuscì a racimolare come difesa. «E tu? Non c'eri quando sono uscita».

Lucius intanto si era alzato e ora veniva verso di lei, le mani infilate nelle tasche e un piccolo sorriso pigro arrampicato sulle labbra.

«Avevo degli arretrati al Ministero. Non hai letto il messaggio?»

«Quale messaggio?»

Narcissa aveva aggrottato le sopracciglia, confusa. Non sapeva bene come comportarsi in presenza di Lucius dopo quanto accaduto tra di loro la sera precedente e soprattutto dopo ciò che aveva udito clandestinamente quella mattina nel suo studio. Gelosia e risentimento, orgoglio e desiderio si facevano la guerra nel suo cuore con così tanta virulenza che non sapeva quanto ancora sarebbe riuscita a tenerli a bada prima che le esplodessero in viso in un rossore indiziario.

«Quello che ho lasciato a Dobby per te» rispose Lucius con calma, dando prova di essere beatamente all'oscuro del conflitto in atto a pochi centimetri da lui.

«No, sono uscita subito, a dire il vero».

«Cos'hai comprato? Qualcosa che posso sperare di vederti indosso presto?»

A quel punto Lucius si sporse in avanti per sbirciare nella busta, che Narcissa strinse di scatto al petto. Poi, accorgendosi solo allora di aver commesso un'imprudenza, si costrinse a sfoderare un piccolo sorriso.

«È per la cena di domani. Bellatrix mi ha invitato a casa sua».

«Spero che non sia troppo bello, allora, o mi pentirò amaramente di non essere tra le grazie di tua sorella» mormorò lui, appollaiandosi con lo sguardo su di lei. Fu la malizia sfacciata di quelle parole a farla scattare. O meglio, fu il ricordo del tono usato da Lucius quella mattina mentre intratteneva la sua misteriosa ospite, così tremendamente simile a quello che stava sfoggiando ora con lei, a incoronare la gelosia come vincitrice del suo personale conflitto interno.

«Di certo la tua lista di conquiste non ne soffrirà, considerata la costanza con cui la rifornisci».

«Di cosa stai parlando?»

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