13. Out of touch...

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Sette anni prima

Il vento autunnale giocava capriccioso con le foglie ammucchiate nel giardino, sollevandole in piccoli vortici che perdevano vita con la stessa rapidità con cui l'acquisivano. Narcissa osservava lo spettacolo al di là delle grandi vetrate con uno sguardo indolente. Sedeva muta e composta, il capo leggermente chino in atteggiamento di ossequioso rispetto, affiancata dalle sorelle che esibivano la stessa posa. Viste di profilo sembravano una schiera di statue gemelle scolpite in serie dalla stessa mano. Solo in questo potevano dirsi davvero sorelle. Per il resto, non potevano essere più diverse. Bellatrix, dai lineamenti duri e marcati che nemmeno la generosità delle sue forme riusciva ad ammorbidire, incarnava la bellezza oscura della Rosa Halfeti; Andromeda, che con Bellatrix condivideva solo la linea del mento e il taglio degli occhi, era una perfetta Rosa Foetida, dal fascino timido, quasi colpevole; e infine Narcissa, del tutto diversa non solo dalle sorelle ma da tutta la linea paterna della famiglia: con i suoi occhi azzurri, i capelli dorati e la pelle di porcellana spiccava tra loro simile a una Maiden's Blush in un campo di Akito. Ma se, come amava ripetere Cygnus Black, era la mano che le curava a rendere le sue rose tutte figlie della stessa terra, lo stesso valeva per le tre sorelle: non era la somiglianza, né tantomeno il legame di sangue, a unirle, bensì la forgia dalla quale erano state temprate.

Cygnus Black aveva appena finito di parlare ma le sue gambe continuavano a muoversi avanti e indietro alle spalle delle figlie, agitate da un invisibile formicolio. Narcissa aveva ascoltato ogni singola parola con attenzione, rifiutandosi tuttavia di aprire loro il proprio cuore. Mai come in quel giorno la verità le sembrò un'ospite tanto indesiderata. Per un attimo, conscia di essere al riparo dallo sguardo giudicante del padre, si concesse una smorfia di disappunto. A dire il vero non si capacitava di come fosse riuscita a mantenere la calma fino a quel momento. Sapeva che suo padre aveva parlato per salvaguardare il futuro di tutte e tre, e sapeva anche fin troppo bene come funzionava la giostra di pesi e di misure dell'alta società magica, eppure non poteva fare a meno di pensare che tutto di quella faccenda fosse surreale, a partire da quel discorso di raccomandazioni che era appena uscito dalle labbra severe di suo padre. Spazientita, si lasciò andare a un sospiro muto.

«Bene, è tutto. Potete considerarvi congedate».

Senza farselo ripetere una seconda volta, Bellatrix e Andromeda lasciarono lo studio, l'una con malcelato compiacimento e l'altra con imbarazzato sollievo. Narcissa invece rimase dov'era. Non aveva intenzione di fare scenate, voleva soltanto che suo padre notasse la delusione calata sul suo sguardo prima di lasciare anche lei lo studio. Si alzò lentamente, attendendo che la figura di Cygnus Black tornasse a sovrastare la scrivania con la sua ombra imperiosa. Per un attimo gli occhi di brace del capostipite dei Black incontrarono quelli azzurro marino della figlia minore, e un sussulto familiare gli ricordò che dentro il suo petto raggrinzito dalla vecchiaia batteva ancora un cuore vivo e caldo.

«Ebbene? Se hai qualcosa da dire è meglio che tu lo faccia subito» disse Cygnus senza troppi giri di parole, rifilando un'occhiata di sbieco alla figlia. Ma Narcissa continuò a restare confinata nel proprio silenzio, il busto rigido e lo sguardo basso. Anche se non aveva il potere di opporsi alla volontà del padre, le restava tuttavia un'arma ancora più efficace della ribellione: l'indifferenza. Suo padre aveva un debole per lei, Narcissa lo aveva sempre saputo, e finora non ne aveva mai approfittato, nemmeno da bambina. Ma in quel momento era l'unico strumento in grado di aiutarla a tenere ferma la sua posizione. Se suo padre aveva deciso di prestare fede alle maldicenze sui Malfoy, allora lei lo avrebbe privato dell'unica cosa che non poteva comprarsi con il denaro o le minacce: il suo affetto.

«In tal caso possiamo ritenere chiusa la faccenda». E così dicendo Cygnus prese a dedicare la propria attenzione alle carte ordinatamente impilate sulla sua scrivania. Ad attenderlo c'erano il resoconto mensile dei suoi investimenti e una catasta di missive di giovani rampolli che chiedevano con insistenza la mano di Andromeda.

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