8. Les Saints et les Anges

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«Ricordi tutto?»

«Credo di sì».

Le immagini del centro di Parigi sfrecciavano in una sequenza umida e grigiastra al di là del finestrino della carrozza. Il nord della Francia non era poi così tanto diverso da Londra, si ritrovò a pensare Narcissa, cercando a tutti i costi di appigliarsi anche al minimo straccio di familiarità per darsi conforto. Erano arrivati alla stazione di Parigi all'alba e da lì avevano preso la carrozza in cui tuttora stavano viaggiando per giungere puntuali all'orfanotrofio. Niente Metropolvere, smaterializzazione o qualunque altro mezzo di trasporto magico; Lucius aveva insistito molto su questo punto: se volevano colpire Carrson al punto da strappargli una confessione volontaria sul suo passato dovevano mostrarsi disperati, e la stanchezza sui loro volti causata dal lungo viaggio sarebbe stata una maschera di teatro perfetta.

«Cosa c'è che ti preoccupa? Abbiamo studiato il piano per tutto il fine settimana». Per l'intera durata del viaggio in treno Lucius non aveva fatto altro che leggere scartoffie arretrate del Ministero e rispondere a una serie interminabile di missive, lasciando Narcissa preda dei suoi pensieri. Solo ora che si avvicinavano a destinazione si era deciso a concederle del tempo.

«E se dovesse riconoscermi?» domandò lei, corrugando la fronte con aria impensierita.

«Dubito che tuo padre se ne andasse in giro a far vedere tue foto ai bambini orfani». Lucius accompagnò le sue parole con una smorfia sarcastica che presto si trasformò in un sorriso rassicurante. «Sta' tranquilla, andrà tutto come previsto».

Narcissa decise di credergli. Se non altro, almeno sull'apparenza non avevano di che preoccuparsi. Narcissa non aveva dormito quasi per niente la notte prima della partenza - lo testimoniavano le occhiaie che aveva invano cercato di camuffare con il trucco -, e il bustino del vestito che aveva scelto la stringeva al punto da renderle faticoso persino respirare, con il risultato che il suo viso era costantemente contratto in un'espressione sofferente. D'istinto tirò fuori lo specchietto dalla borsetta. Solitamente osservare la propria immagine riflessa la calmava, ma in quel momento la vista di tutte le micro-imperfezioni disseminate sul suo viso la infastidì. Chiuse di scatto lo specchietto e lo lanciò nella borsa con un gesto di stizza. Lucius osservò la scena di sottecchi, con un sorriso divertito appena poggiato sulle labbra.

Un paio di minuti dopo, quando la carrozza si fermò, Lucius uscì per primo. Il cocchiere aiutò Narcissa a scendere e in un attimo i due si ritrovarono all'ombra dell'imponente cancello dell'istituto. Non appena la carrozza ripartì, Lucius attirò Narcissa a sé con un braccio. Le sue labbra le sfiorarono delicatamente la pelle del viso accanto all'orecchio.

«Sei splendida» le sussurrò, causandole una serie interminabile di brividi che non avevano nulla a che spartire con il freddo parigino. «Farai un'ottima impressione su Carrson». Quindi le scoccò un lieve bacio sulla guancia, che s'infiammò all'istante. Sgomenta, Narcissa gli lanciò un'occhiataccia inequivocabile.

«Che c'è?» le sorrise lui, sornione. «Non posso dare un bacio a mia moglie?»

«Non sei molto di aiuto, così» protestò lei in un soffio. Ma non era del tutto vero; il bacio di Lucius aveva avuto il miracoloso effetto di distenderle i nervi, e ora Narcissa si sentiva più determinata ad affrontare il colloquio con Carrson. Accolse il suo braccio e insieme varcarono il cancello in ferro battuto. Quel particolare era l'unico elemento dell'edificio rimasto identico al giorno in cui era stata scattata la foto che ritraeva suo padre in compagnia di quello che avevano ipotizzato essere Carrson da bambino. Per il resto, la costruzione era stata del tutto ristrutturata, con il presumibile scopo di renderla più confortevole per i suoi ospiti. Più che un orfanotrofio, somigliava a una scuola dalle grandi promesse di familiarità. Lo si desumeva dalla presenza degli ampi spazi esterni, come il cortile circondato dal colonnato, i giardini curati con l'orto, e dai disegni che si affacciavano ai vetri delle finestre delle camere dei ragazzi. Nell'osservare tutti quei dettagli, a Narcissa si strinse il cuore. Se lei che aveva perso entrambi i genitori in età adulta si sentiva smarrita, come dovevano sentirsi quei bambini, nati soli al mondo? D'un tratto il freddo si fece più penetrante, e lei si strinse con maggior forza al braccio di Lucius.

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