Capitolo 33 | Schiarirsi le idee

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Alcune cose le vedi con più chiarezza solo mentre ti allontani; così come i quadri, così anche le persone.
- Elia Palesa


Sfreccio per le strade della mia città in moto, cercando vivamente di migliorarmi l'umore dopo tutto quello che è successo.

L'aria calda sbatte contro i miei capelli lunghi, qualche ciocca bionda la vedo svolazzare di tanto in tanto, ma quando passo accanto ad una Volkswagen T-Roc inizio a ricordare qualcosa che avevo completamente rimosso.

«Perché non c'è Daniel e Riccardo oggi?» Domando in piena agitazione. È la terza volta che ci ritroviamo io e lui da soli e non so come comportarmi.

«Perché ho bisogno di te per questo.»

Ingoio a vuoto. Non so davvero cosa aspettarmi, passo le mani sudate sui jeans e non appena la porta si apre rimango disgustata dall'uomo che mi ritrovo di fronte.

Avrà su e giù intorno ai trentotto anni.

Capelli mossi con tanto di gel che li tengono, o meglio, che cercano di tenerli per dietro ma dal risultato deduco che quel gel non terrebbe neanche un filo di paglia.

O magari è lui che ha troppi capelli.

La pelle già rugosa intorno agli occhi, una tuta Adidas rossa che lo fa sembrare un boomer e una collana d'oro così grossa che penso pesi almeno quanto me.

Riluttante.

I suoi occhi azzurri solo l'unica cosa decente che ha.

«Marino, prego.» Ci invita ad entrare, dopo avermi squadrata dalla testa ai piedi.

Seguo Michele, che cammina a passo lento verso la cucina.

Si appoggia al tavolo ed estrae una sigaretta dal suo pacchetto. Gliene offre una ma lui rifiuta.

A me ovviamente non ne offre neanche mezza, che strazio.

«Allora Michele. Hai portato i miei soldi?» L'uomo alza lo sguardo su di lui.

«Tieni.»

Quando Michele gli allunga una busta mezza aperta non faccio fatica a capire che si tratta di almeno diecimila euro.

L'uomo apre la busta ed inizia a contare.

Si, decisamente almeno diecimila euro. Non ne avevo mai visti così tanti in vita mia.

Dove aver finito lo guardiamo sbattere la busta contro il bancone da cucina accanto alla sua mano.

«È solo la metà. Che cazzo me ne faccio?» Inizia ad alterarsi ed io sposto subito lo sguardo su Michele.

«Per il resto dovrai aspettare qualche altro giorno. Ho avuto qualche intoppo.»

«E a me che cazzo mi interessa?» Protesta l'uomo. La mia testa segue entrambi ad ogni risposta.

«Posso lasciarti la macchina nel frattempo.» Si intromette buttando via il fumo, ma il signore in tuta Adidas sbatte un pugno contro il legno del bancone.

«Non me ne può fottere della tua stupida macchina, voglio il resto dei miei soldi, adesso.» Ribatte secco.

Michele non si smuove dalla sua posizione, mentre io faccio fatica a rimanere in piedi dall'ansia, lui sembra impassibile.

«Purtroppo questo è tutto quello che ho adesso, non ho altro da offrirti. Dovrai aspettare qualche altro giorno.» Proferisce continuando a fumare la sua sigaretta.

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