Venne l'inverno col suo manto bianco, ma non lavò il mio cuore dalle angosce. Addirittura la neve mi pareva un nemico. "Rallenterà i trasporti" pensavo inquieto "Chissà quanto impiegheranno i messaggi da Roma a raggiungere il Nord!".
Per la prima volta, rimanere ai margini era un obbligo a cui mi sarei sottratto volentieri e, se non ricevevo notizie costanti, tornavo a studiare le lettere di Cornelio in cerca di dettagli che avevo trascurato.
«Ti fai male» commentava puntualmente Flacco «Metti via quei papiri, porta i tuoi amici ad Andes e scordate l'Urbe.»
Un buon consiglio che, però, non seguii. Lo spettro di Roma mi perseguitava, avevo bisogno di sapere e, più chiedevo, più Cornelio diventava vago. Così, appena Asinio Pollione si trasferì al Nord in qualità di governatore delle terre sul Mincio, gli scrissi nella speranza di ottenere un invito. La sua risposta entusiasta mi diede un po' di fiducia e corsi subito da Flacco per informarlo.
«Non sei felice?» esclamai col respiro mozzato «Finalmente, ti presenterò un mio amico della capitale. È un uomo socievole, esperto di culture esotiche e il compagno ideale per un convivio.»
Flacco inarcò un sopracciglio. «Fratello, non mentire.»
«Non sto mentendo! Domattina trascorreremo qualche ora nella sua villa, mangeremo cibo eccellente, parleremo...»
«Parlerete della Repubblica» completò lui «È l'unico motivo che ti spinge fuori casa. Vuoi conoscere la situazione di Sesto Pompeo, di Quinto Cicerone, dei giovani che...»
«E tu lo ritieni sciocco» sbuffai «Per te, sono semplici nomi: se il Senato li condanna, non perdi niente. Di contro, io...»
Flacco mi posò una mano sulla spalla. «Lo capisco, Publio. Desidero solo vederti sereno.»
"Sereno" quel sentimento non mi apparteneva nemmeno nei momenti più lieti; tuttavia, m'imposi di svuotare la mente, impiegai la giornata per sistemare le strenne ricevute durante i Saturnalia e andai a dormire presto, ansioso che venisse l'alba successiva.
"Una notte rapida e senza sogni" pregai, infilandomi sotto le coperte. Sentii le palpebre farsi pesanti e persi conoscenza con quella supplica ancora sulle labbra. Gli Incubi che ammorbavano la pianura, però, scelsero di non ascoltare.
Le liste di proscrizione hanno lunghi artigli, sghignazzarono, trascinandomi in una dimensione sospesa.
Lunghi artigli, lame affilate e un vaso pieno di promesse.
Poi, caddi nel seminterrato di una rustica villa di campagna. Ero in un corridoio, circondato da pareti umide, e udivo dei bisbigli provenire dalla stanzetta alla mia destra.
«La Libertà?» mormoravano in tono talmente nitido da apparire reali voci di uomini «L'hanno garantita davvero?»
Mi stropicciai gli occhi e aguzzai la vista. Stipato in un cubiculum, un pugno di schiavi confabulava mosso da un misto di nervosismo ed euforia. All'ennesima domanda, il più anziano tra loro annuì solenne, aggiungendo poche frasi in una lingua straniera.
«Ottaviano e Antonio cambieranno il mondo» applaudì un nerboruto individuo dall'aspetto barbaro «Speriamo che il tri... tru...»
«Triumvirato» spiegò un ragazzino accovacciato su un giaciglio di paglia «Si tratta di un governo quinquennale con tre uomini forti al potere.»
«Tre, uno o venti che siano, se questi uomini forti ci donano la cittadinanza, hanno il mio supporto!». Il barbaro stava per dire altro, quando una giovane donna frigia entrò nella stanza in punta di piedi.
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Acheronta Movebo
Historical Fiction"I poeti canteranno gli eroi, consegnandoli all'Immortalità" Ecco ciò che mi hanno insegnato. E io ho consumato la vita per cercare parole con cui glorificare Roma. Però, mentre varco la soglia dell'Ade, non è all'Eneide che penso. Sono altre le dom...