Capitolo 1.

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Capitolo 1.

Sono sempre stata, fin da bambina un peperino viziato. Ho sempre avuto ciò che volevo, grazie ai miei genitori, che, senza troppi se o ma, me l'hanno permesso e mi accorgo giorno per giorno che in quella famiglia sono l'essere più strano ed opposto rispetto agli altri che ne fanno parte.

Ed eccola qui la bimba che veniva sempre accontentata, alla quale venivano comprate tutte le Barbie che desiderava, abituata a non farsi mancare assolutamente nulla.

Ed eccomi qui da adolescente a non aver cambiato esattamente una virgola. Sono cresciuta in statura, in corporatura, i miei capelli sono più lunghi ed insomma... più fighi, il mio seno fortunatamente non fa concorrenza a due pere secche, anzi somiglia a due cocomeri tondi tondi. Insomma, la piccola Grace è cresciuta ed è diventata una donna.
Chi l'avrebbe mai detto? Io, donna? Io con la gonna, tutta in tiro? Io vanitosa?

No, non può assolutamente esser così. No, infatti non indosserò mai una gonna, dovrà esser un evento alquanto raro e non assomiglierò neanche un po' a quella figona spilungona di mia sorella Emily. Sì, lei è bella, lo è sempre stata, ma fortunatamente io e lei siamo due universi a parte, che si incontrano solo per consigli da sorelle e per coccole o tenerezze notturne.

«Grace! Santo Cielo!» Mia madre piomba nella mia camera, disordinata al massimo, mentre io sono sdraiata sul letto con le cuffie alle orecchie, canticchiando ed ondeggiando la testa a ritmo di musica. In realtà la sento borbottare, ma fingo di non averla minimamente sentita e rimango con gli occhi socchiusi a fissare il soffitto.
Quando però la sua manaccia da elefante mi acchiappa un braccio stritolandomelo, sgrano gli occhi e stacco le cuffie con forza, «ma che cazzo fai?» La fisso.
«Grace mi sono stufata, la tua stanza è peggio di un porcile... c'è roba ovunque e santo cielo esci da questo posto!» Sbraita come una forsennata.
Questa casa, da quando è andata via anche mia sorella, è diventata una gabbia di matti. Non si fa altro che urlare, urlare e... ancora urlare. Le mie orecchie ormai ci hanno fatto l'abitudine, anche nel sentirmi dire "tua sorella non era così disordinata e strafottente".
«Mamma ti viene tanto complicato non rompere i coglioni?» Scandisco perfettamente ogni singola lettera, mentre lei arriccia il naso nera di rabbia e ringhiando indietreggia per uscire. «Vado che è meglio!» Sbatte la porta e finalmente ritorna il mio amato silenzio, il quale, immancabilmente, viene interrotto da un'improvvisa chiamata di Candi. Scorro velocemente il dito sul display dell'i-Phone e rispondo.

«Dimmi» sbuffo impietrita.
«Asociale... facciamo in giro? Un gelato? Un succo? Una sigaretta?» Domanda velocemente. «Dai ho voglia di stare con la mia migliore amica» borbotta con tono annoiato.
Ci penso per qualche secondo, «vada per sigaretta» accetto.
La sento esultare, «ci vediamo al Central Park... tra mezz'ora» mi saluta e riattacca.

Scendo giù dal letto con un salto ed apro l'armadio. Emily fortunatamente mi ha ceduto un bel po' di capi suoi che non indossa più, soprattutto per il fatto che non le entrano. Da sei mesi a questa parte la sua pancia si ingrassa un giorno per due. Sicuramente avrò altri due nipotini da coccolare. Forse saranno gli unici uomini che amerò per tutta la vita.
Indosso, così, un jeans strappato che mi ha ceduto lei ed una felpa bianca, accompagnati da un paio di converse sporche e sgualcite. Osservo allo specchio i miei capelli un po' arruffati e li porto sul seno. Senza neanche un filo di trucco esco di casa e raggiungo Candi.

E' seduta su di una panchina con un gelato fra le mani. La prendo alla sprovvista da dietro facendola spaventare e sbadatamente il suo cono si versa a terra.
La sua espressione è quasi distrutta. Lei ama il mangiare, adora tutto ciò che si collega con il cibo, è la ragazza più golosa che abbia mai conosciuto e non si direbbe proprio dal suo aspetto fisico, visto quanto sia magra. Non ha un filo di grasso o di cellulite, odio ed invidio le sue cosce, insomma sembrano due stecchini in confronto alle mie. Non che io sia grassa, per carità, potrei urlare al mondo intero quando sia sensuale il mio corpo, soprattutto nudo, ma... le sue cosce sono troppo perfette, sembrano scolpite.
«Sei davvero una stronza!» Mette il broncio incrociando le braccia al petto ed osservando di sottecchi.
Me la rido convinta, mentre sfilo dalla borsa con le frange un pacco di Camel. Accendo la sigaretta e la porto alla bocca, mentre ne offro una alla mia amica. Fuma di rado, ma quando è nervosa e soprattutto al mio fianco non rifiuta mai. La madre si lamenta sempre che ormai è colpa mia se la figlia non sta mai a casa a studiare. Insomma sono diventata la pecora nera che trasporta Candi in giri loschi.
«Allora che mi dici di letteratura?» Chiede accennando una smorfia mentre smaneggia con l'accendino.
Scoppio in una risata morbosa e la fisso, «se non la prendo domani una C, non la prendo più» bofonchio.
«Grace, dobbiamo metterci a studiare... cazzo» è sempre così, ci mettiamo forza e coraggio a vicenda e nell'atto di studiare non concludiamo mai nulla. Ci riuniamo pomeriggi interi, rimaniamo in biblioteca anche ore per farci entrare qualcosa in testa, ma ogni minima cazzata attira la nostra attenzione. Qualche giorno fa stavo davvero riuscendo a ripetere un argomento di senso compiuto, ma quando gli occhi di Candi caddero sfortunatamente sul fondoschiena di un tipo figo del quarto B, la nostra concentrazione e voglia di fare svanì all'istante, costringendoci ad ammirare il panorama formato dai fusti della stessa sua classe, della squadra di football. E' davvero devastante pensare che con così poco riusciamo a stravolgere le nostre idee. Non che fossi chi sa quanto interessata a quei coglioni, però gli occhi... ahimè son fatti per guardare ed una sbirciatina perversa non guasta mica!
«Lo ripetiamo ogni giorno e puntualmente facciamo tutt'altro... ad esempio adesso potevamo esser nella biblioteca della scuola a studiare per il test di domani ed invece siamo qui a fumarci la nostra bella sigaretta spensierate!» Spiego cauta e con tono rilassato. Non mi sono mai posta problemi in realtà. Mia madre fa visita al preside quasi ogni giorno, dal primo anno di liceo. Ormai, arrivati al terzo anno ha perso le speranze, non sa più come comportarsi e non sa più che dire. Io e Candi siamo devastanti in quella scuola. Quando accade qualcosa, nonostante ci siano altri cinquecento o più studenti, il preside sa già che, probabilmente, la colpa è nostra. E' un po' triste pensare che due ragazze siano così poco tranquille e garbate, ma non si tratta di educazione o femminilità... il fatto è che noi se abbiamo un'idea che ci frulla nella testa non di certo ce la facciamo sfuggire. Ed è per questo che le altre ragazze della nostra classe ci trattano come se fossimo merda. In realtà hanno solo paura che le loro unghie finte e le loro extensions si sfascino a causa nostra. Le odio terribilmente e mi fanno ridere. Credono di essere le regine della scuola, ma in realtà, oltre quei quattro imbecilli che gli vanno dietro come cagnolini arrapati, nessuno se le fila.
«Sai... potremmo chiedere aiuto al coach Adams... in fondo tu hai un bel rapporto con lui no?» Azzarda lei.
La fisso e scoppio a ridere, «Marcus? E come potrebbe aiutarmi? E poi lo direbbe a mia sorella e finirebbe che devo assorbirmi le prediche pure sue...» sbuffo.
«A proposito prima ho visto Brandon» alza le mani al cielo e sorride eccitata. «Mi ha sorriso e mi ha salutato, cazzo quant'è bello!» Ripete ancora con occhi sognanti.
«Tu non hai idea di quanto rompi coglioni siano entrambi insieme» sbotto, «anche se Brady rimane comunque il mio Brad Pitt o il mio Ian Somerhalder... insomma avrei una lista» sogghigno. «A proposito, domani a cena sono da loro... sai che divertimento!» Sorrido pensando a quanto sarà complicato sopportare quella balena arenata di Emily, che non riuscirà neanche a muoversi di mezzo centimetro. Per non parlare delle sue poppe che sono diventate due meloni. E' assurdo pensare che la gravidanza faccia certi miracoli!
«Stavo pensando... ma se stasera andassimo in quel locale figo dell'altro giorno? Fanno il karaoke, beviamo qualcosa... che dici?» Propone lei gettando la cicca a terra.
Sospiro ed annuisco facendo lo stesso gesto suo e calpestando la sigaretta sotto il piede.
«Mia madre un giorno di questi mi lancerà fuori di casa con un calcio in culo, fidati» boccheggio ironica.
«Figurati... mio padre per quante volte me l'ha detto, ormai ci ho fatto l'abitudine!» Ghigna.

Bisbetica viziataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora