Capitolo 12.
La villa dei Turner è parecchio immensa. Mentre Brian se la passa da schifo a New York, tra un lavoro e l'altro, la sua famiglia se la spassa in Virginia. Percorro un vialetto immenso, cosparso dal verde di piante, fiori ed alberi addobbati ed illuminati.
Quando giungo di fronte al portone, busso ed attendo. Mi prenderanno per pazza.Una donna mi accoglie corrucciata.
«Ha bisogno di qualcosa?» Chiede lei. Ha i capelli lunghi lisci, biondo scuro, la carnagione chiarissima e delle rughette sotto gli occhi marroni.
«Lei è la signora Turner» dico con tono ovvio.
Lei annuisce confusa.
«Piacere, Grace Stewart» prendo un lungo sospiro e le porgo la mano, mentre lei la stringe.
«Posso sapere chi cerca?» Accenna un risolino.
«Se mi invita ad entrare le spiego meglio, stia tranquilla, non sono una ladra, una mendicante o chi sa chi» ghigno.
Lei tentenna per qualche istante e poi mi fa spazio. Entro lenta e vengo accolta da un'atmosfera natalizia magica. Albero gigante nel centro di un salone e decorazioni ovunque.
«Conosco suo figlio» esordisco di spalle.
Poi mi volto e lei ha gli occhi sgranati, deglutisce rumorosamente, respira profondamente e mi indica la poltrona per mettermi a sedere, mentre lei si accomoda di fronte a me.
«Come sta?» Chiede lei nervosa.
«Se la passa» alzo le spalle.
«Non mi dirai mica che si è trovato la ragazza» abbozza un mezzo sorriso facendomi cenno con il capo.
«No... no» balbetto, «siamo amici» decreto.
«Ti ha mandata lui qui?» Si irrigidisce e distoglie lo sguardo.
Scuoto il capo. «Lui non sa che io sono qui.» La fisso. «Davvero suo figlio non le manca?» Azzardo.
Lei boccheggia quasi offesa, «Brian ha sbagliato» dice con tono severo.
«E sta pagando.» Sbotto. Poi mi ricompongo. «Lavora dalla mattina alla sera e non lo pagano chi sa quanto bene.» Borbotto.
«E' giusto che diventi indipendente. Non vedo quale sia il problema.» Che stronza!
«Non voglio crederci» accenno un riso amaro. «Senta io non sono venuta qui per dirle che il suo comportamento è giusto o sbagliato, ma per farle capire che fra pochi giorni è Natale e Brian è a New York... da solo» spiego, «ha diritto anche lui di trascorrerlo con la sua famiglia. So quanto abbia sbagliato, ma tenerlo così distante da voi non cambierà le cosa. E' pur sempre un figlio... un fratello.» Concludo.
Lei abbassa lo sguardo, «bè questi sono affari nostri» si mette in piedi.
Improvvisamente la porta di casa si spalanca e ciò che vedo è sicuramente il padre di Brian. Si somigliano.
Avanzo e mi presento senza timore.
«Sono un'amica di Brian» abbozzo un sorriso.
Lui sorride, «Brian» annuisce pensieroso, «ti manda quel burlone di mio fratello, suppongo» mi posa una mano sulla spalla, mentre la moglie ci fissa curiosa. «Hai offerto qualcosa a questa ragazza?» Chiede osservando la moglie.
Quest'ultima scompare dal salone, mentre il padre mi invita ad accomodarmi.
«So tutto di Brian e della sua situazione, sono contento che lavorerà da mio fratello.» Si massaggia le mani.
«Ma a quanto vedo non fate nulla per sistemare la situazione tra di voi» mi schiarisco la voce.
Lui non fiata subito. «Mia moglie non riesce a perdonarlo» sussurra.
«Ma lei sì» rispondo secca.
Annuisce. «E' mio figlio.»
«E allora faccia qualcosa per lui... è quasi Natale. Gli farà bene trascorrerlo insieme a voi.» Quasi lo imploro.
Mi fissa di sottecchi e sorride. «Quanto bene vuoi a mio figlio?»
«Abbastanza» decreto.
«Si vede» annuisce.
In quel frangente la signora Turner avanza verso di noi con un vassoio fra le mani. Lo poggia di fronte, sul tavolinetto in legno e rimane in piedi.
«Se Brian sapesse della tua presenza qui, conoscendolo, non ne sarebbe molto entusiasta» mormora la madre incrociando le braccia al petto.
Alzo lo sguardo ed incrocio il suo, «mi hanno insegnata fin da piccola che se si vuole aiutare qualcuno, bisogna farlo anche a costo di doversi farsi odiare» spiego tranquilla, sorseggiando poi il tè.
«Sai Grace... io credo che Brian non verrebbe mai qui da noi» esordisce il padre. «Ma se mia moglie è d'accordo, non vedo perché non dovremmo chiamarlo» non osserva la signora Turner, anzi la sua espressione è quasi intimorita dalla risposta della moglie.
«George lo sai...» sussurra lei a denti stretti.
«Maya sta bene adesso.» Il signor Turner si mette in piedi di fronte alla moglie, sorreggendole le spalle con entrambe le mani. La fissa quasi implorandola di capire.
Lei abbassa la testa. «Per fortuna» borbotta.
«Carla diamo una seconda occasione a nostro figlio» continua lui.
Si guardano dritti negli occhi e nessuno dei due fiata.
La signora si posiziona di fronte a me subito dopo. «Nessuno ha mai fatto qualcosa per Brian, ti ringrazio io da parte sua... so che non ne sarà capace.» Annuisce, ma rimane sempre sulle sue. Non sa che somiglia a suo figlio più di chiunque altro. E' fredda come il ghiacco, distante anni luce, riservata ed anche molto arrogante. Da qualcuno doveva pur prendere Brian.
«Cara ho il piacere di accompagnarti io stesso a casa, così ho l'opportunità di rivedere mio figlio...» dice il signor Turner. «Carla prepararmi una valigia, metti dentro il necessario... voglio trascorrere un paio di giorni lì, non sarà facile dialogare con quella testa calda di nostro figlio» accenna un risolino. Appare così buono d'animo, quest'uomo.
Lei scompare al piano di sotto, mentre noi attendiamo di sotto.
«Ti farei conoscere Maya... è bellissima» mormora lui, «ma è da una sua amica, posso solo dirti che ho fatto due figli uguali a me. Maya ha solo gli occhi di Carla...» ridacchia soddisfatto.
«Sicuramente sarà una bella bambina, conoscendo il fratello» sorrido intimidita.
Lui mi guarda di sottecchi, mentre indossa un cappotto e dei guanti di pelle. «Tu e Brian... chi sa perché non ti credo che siate solo amici» parla come se mi conoscesse da una vita. Ha la straordinaria capacità di farmi sentire a mio agio, a casa, nonostante mi trovi in Virginia, nella casa di sconosciuti... E' questo mi ricorda proprio il figlio. E' così che mi fa sentire Brian. A casa. Al sicuro. Protetta. E' strano.
«Ecco l'occorrente tesoro» Carla scende le scale e gli porge una valigetta. «Non stare troppo...fra poco è Natale.»
«Direi che due giorni bastano, sarò qui il giorno della vigilia, promesso» la saluta con un bacio lungo, sorreggendola dal volto, come fossero due adolescenti.
Sorrido e mi dileguo, avanzando verso l'uscita.
«Arrivederci signora Turner» saluto con il petto in fuori e le spalle alte. Fiera. «Grazie.»
Lei mi fissa ammiccante e saluta con un cenno di mano, mentre sia io che il marito usciamo.
STAI LEGGENDO
Bisbetica viziata
RomanceDal capitolo 6. «Sono la classica ragazza che nessuno vorrebbe avere al suo fianco, per il suo caratteraccio. Sì, i ragazzi mi cercavano all'inizio... ma quando vedevano come venivano trattati scappavano a gambe levate.» Ed ecco che per la prima vol...