Capitolo 7.

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Capitolo 7.

Ho obbligato Brian a farmi compagnia al centro commerciale. E' il periodo di Natale ed io non so ancora che regali fare ai miei, ad Emily, Brady, i miei nipoti... per non scordare Nathan, Hanna e il piccolo. Così mi sono trascinata dietro lui, costretto a seguirmi in ogni negozio. Sbuffa continuamente, sbadiglia e guarda l'orario. E' buffo vederlo alle prese con una donna.

«Che ne dici?» Gli mostro una tutina per i bimbi.
Lui si guarda intorno ed osserva la commessa che ha gli occhi fissi su di noi. «Dico che qualcuno si è fatto una strana idea su di noi...» si gratta il capo, mentre io evito la ragazza, continuando ad osservare vestiti per neonati.
«Posso aiutarvi? Sapete... non è la prima volta che una giovane coppia viene qui, non preoccupatevi.» Quando la ragazza parla, Brian nasconde un occhio con una mano lasciando a me la possibilità di spiegare il malinteso.
«No guardi... si sbaglia» dico cauta.
Lei sorride, «dai, mica potrai nascondere all'infinito la pancia.» Detto ciò si allontana.
Rimango immobile, poi alzo la felpa e mi controllo il ventre. «Oh, ma è matta?» Faccio infastidita. «Più piatta di così si muore!» Sbotto. «Stronza» dico a denti stretti, mentre Brian se la ride nascondendosi tra i reparti.
Quando lo scovo, però, ho la possibilità di menarlo per bene.
«Ehi, ehi... calma. Lei ti ha dato della cicciona, mica io» ride a crepapelle, quasi gli escono le lacrime.
«Ti faccio piangere» lo avverto, senza guardarlo. «Oddio che carine, mi piacciono un sacco.» Prendo fra le mani un paio di scarpette.
«Ti do cinque minuti per sbrigare questa situazione, perché mi sto imbarazzando» alza gli occhi al cielo e sbuffa.
«Oh si, Brian.... Certo che voglio sposarti!» Sbraito. Tutti si voltano, mentre io gli salto al collo, quasi strozzandolo. «Adesso se non la smetti e chiudi quella bocca da serpente velenoso faccio di peggio» gli intimo in un orecchio.
Lui mi pizzica un fianco e si allontana, mimandomi con le labbra un "fanculo".
Nel frattempo una signora con il pancione si avvicina. «Siete così giovani... » sussurra, «quanti mesi? Suppongo uno o due...» sorride dolcemente.
Vorrei ridere ma mi trattengo. «Bè... sì, due.» Fingo.
Brian, poco più distante, avverte la conversazione e nota anche la mia risata che per poco interrompe il clima di maternità che si è appena creato. Finalmente la donna si dilegua ed io posso ridermela in santa pace.
«Ti stai divertendo?» Bisbiglia.
Annuisco. «Giuro di sì» smorzo un risolino. Acchiappo finalmente ciò che ho scelto e avanzo verso la cassa, seguita da lui.
La commessa ci guarda con gli occhi a cuoricino. «Un maschietto... auguri.» Commenta compiaciuta.
Mi mordo la lingua, per non fiatare, mentre noto di sottecchi che Brian si sta toccando le palle per scaramanzia.
Voglio uscire di lì. Mi viene troppo da ridere.
Pago con la carta di credito e dopo aver fatto prendere la busta a Brian, usciamo di lì.

«Tu sei completamente pazza!» Dal suo tono si risente quel tocco di ironia, mentre io non la smetto di ridere, sorreggendomi dal suo gomito.
La sua espressione è perplessa e questo mi fa ridere ancor di più. «E' stato spassoso lì dentro» riprendo fiato.
«Certo... certo, fingendo una gravidanza ed un matrimonio imminente.» Borbotta.
«Chi ti sposerebbe mai, baby!» Alzo le mani in segno di resa, mentre lui cammina avanti.
«Sai che la cosa è reciproca!» Esclama alzando il dito medio, senza voltarsi.
Lo raggiungo e mi affianco a lui.
«Prossima tappa regalo per Jonathan» sfrego i palmi delle mani e sistemo la sciarpa di lana intorno al collo, mentre i miei occhi sono attirati dalle lucine dell'albero di Natale, posto in mezzo ad una grande piazzola, con intorno i Babbi Natale che ondeggiano. E' divertente.
«Ti avverto, entri da sola» mi mette in guardia. «Abbiamo detto "amici" non "schiavi".» Brontola roteando gli occhi.
Non lo sto a sentire, come al solito e mi precipito in un negozio per bambini. Sbircio nei reparti e scovo un jeans minuscolo. Osservo la taglia, ma non capendone nulla, chiedo informazioni alla commessa.
«Scusi mio nipote ha 2 anni... mi potrebbe cercare lei la taglia esatta di questi?»
Lei annuisce e canticchiando la canzone che passa in radio, cerca l'indumento. «Ecco qui» me lo porge sorridendo e si allontana.
Pago anche questo e raggiungo Brian fuori. E' intento ad osservare dei bimbi seduti sulle gambe di un anziano signore che finge di essere Babbo Natale. Ha le braccia incrociate al petto, lo sguardo assottigliato e pensieroso.
Mi affianco a lui ed osservo la scena. «Ti sei imbambolato?»
«Da bambino mia madre mi portava al centro commerciale solo per quello... adoravo il periodo natalizio perché si sentiva un'atmosfera magnifica. Così...mi portava da Babbo Natale, mi sedevo sulle sue gambe, gli stritolavo la barba» ride, «credevo davvero che fosse quello reale» scuote il capo divertito, «era un periodo magico quello di dicembre.» Ricorda.
«Io nutrivo una forte antipatia per quegli anziani che si travestivano...» metto il broncio al solo pensiero, «Nate mi aveva detto fin da bambina che Babbo Natale non esisteva. Insomma, inizialmente ci credevo alla storiella... poi un giorno ho visto mia mamma e mio papà mettere i regali sotto l'albero. Quella notte non volevo dormire, volevo vedere come scendeva dal camino» scoppio a ridere. «La mia delusione è stata unica, ma ho finto di crederci per ancora qualche anno, fin quando ho svelato di aver inteso tutto... ma sì, era magico.» Sorrido.
«Che bambina presuntuosa!» Esclama lui. «La notte di Natale non si sbircia» ghigna.
Rido e non rispondo. «Cosa potrei regalare ad Emily?» Rifletto ad alta voce.
«Dovresti saperlo tu cosa le piace di più» dice.
Sospiro. «Mi sa che ritornerò la prossima settimana, ancora ho un po' di tempo.»
«Bè, io non ti accompagnerò» mugugna.
«Che bell'amico» commento sarcastica.
«Nah nah, non mi convinci.» Scuote il capo continuando a camminare.
Faccio lo stesso.
Improvvisamente il suo cellulare squilla dalla tasca dei jeans. Lo sfila velocemente e risponde.
«Sì...lo so» dice a denti stretti allontanandosi di qualche metro da me, ma io lo seguo curiosa. «Ho bisogno di tempo.Non li ho.... Dannazione. » Bisbiglia. «Per favore la prossima settimana» è l'ultima cosa che dice, dopo di che sospira e riposa il telefono. Quando si volta e si accorge delle mie mani sui fianchi e della mia espressione corrucciata, rotea gli occhi. Si avvicina come se nulla fosse ed abbozza un sorriso.
«Dove dobbiamo andare?» Chiede poi.
Penso per un nano secondo se farmi gli affari miei o chiedere cosa ci sia sotto. «Mi accompagni a casa...» dico tranquilla.
Lui annuisce e si avvia verso l'uscita. Non è il solito Brian, insomma.
Lo seguo svelta e arrivati al parcheggio, monto in auto dopo di lui.
Sgrana la voce, mette in moto, fa retromarcia ed usciamo di lì.
Accende la musica e per venti minuti esatti non parla.

Bisbetica viziataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora