Capitolo 13.

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Capitolo 13.


POV BRIAN

Quando apro gli occhi mio padre mi sta fissando. Ha le lacrime, lo sguardo perso.
«Che cosa hai combinato...» mormora.
Mi guardo intorno e sono in una sala d'ospedale. Brady compare dalla porta, con le mani nascoste dentro le tasche del camice.
«Signor Turner può uscire un attimo?» Chiede poggiandogli una mano sulla spalla.
Lui annuisce e si mette in piedi dileguandosi lentamente.
Brady rimane in piedi di fronte a me.
«Brian... ti ricordi qualcosa?» Chiede incrociando le braccia al petto.
«Stavo chiudendo l'auto, quando mi hanno sbattuto contro e mi hanno massacrato» spiego con calma.
«Riusciresti a riconoscerli?» Chiede poi.
Non sono riuscito a vederli bene in faccia, «non credo» giro il capo dall'altro lato.
«Fortunatamente non hai niente di rotto, mancava poco che ti rompessero il setto nasale... ti è andata piuttosto bene» sospira. «La devi smettere con questa gente Brian.»
«Era quello che avevo intenzione di fare» sbuffo. «Grace?» Chiedo sgranando gli occhi.
«Tuo padre ti ha portato qui stanotte, lei non sa niente» scuote il capo, abbozzando un sorriso, «e forse è meglio così.» Aggiunge.
«Passami il mio telefono, se è ancora vivo» intravedo la mia giacca poggiata su di una sedia.
«Vediamo» avanza e rovista nelle tasche. Lo prende in mano, lo osserva ed annuisce, «qualche ammaccatura, ma normale...» preme il tasto centrale e ride, «Liz? Hai venti chiamate sue...» me lo porge avvicinandosi.
Mi metto a sedere con il cuscino dietro il capo ed avverto dei lievi dolori in tutto il corpo.
«Ti dimettiamo nel pomeriggio... hai solo qualche graffio, qualche livido...» spiega Brady, mentre io leggo i messaggi che mi sono arrivati ieri notte, dopo l'accaduto.

Ti avevamo avvertito brutto pezzo di merda. Adesso che farai eh?

Deglutisco rumorosamente.

«Ascoltami bene» mi punta un dito, «se sai chi ti ha ridotto così, fai bene a denunciarli di corsa. Questa gente non se ne va facilmente una volta che adescano la preda.» Parla con tono più elevato. «Non costringermi a mettermi in mezzo.»
Lo guardo ed annuisco.
«Perfetto, adesso prova a mangiare qualcosa» dice facendomi cenno di osservare il tavolinetto di fronte. «Io ho degli appuntamenti.» Mi saluta con una mano ed esce.
Osservo subito dopo un messaggio di Grace. Lo leggo sottovoce:

Brian dove diavolo sei?

Digito il suo numero di telefono, imparato già a memoria, ed attendo che risponda.

«Cristo santo!» Esclama furiosa. «E' da una mattina che provo a chiamarti, si può sapere che cazzo stai facendo?» Continua furibonda.
Mi scappa un risolino. «Sei la mia ragazza per caso?» Domando ironico.
«No e non lo sarò mai» scandisce ogni parola, ma questo mi fa sorridere ugualmente.
«Sono in ospedale, ma non preoccuparti... sto bene» sospiro strofinandomi un occhio.
«Cosa?» Sbraita. «Sei da Brady? Perché non mi hai detto niente? Io vi uccido.» Riattacca senza darmi il tempo di finire di parlare. E' pazza. E' decisamente andata.
Alzo le spalle e scoppio a ridere, posando il telefono sul comodino.

Dopo mezz'ora di pensieri, mi metto in piedi barcollando per i dolori e mi avvicino per acchiappare una mela dal piatto. Do un morso e nel frattempo mi avvicino alla sedia, dove sono poggiati i miei vestiti, puliti suppongo.
Sfilo il camice ed indosso i miei jeans, mangiucchiando la restante mela. Infilo la maglia grigia di lana ed avanzo verso la finestra. Sotto di me noto la sagoma di Grace che corre dentro. Rido e dopo aver messo anche le scarpe esco dalla stanza, andandole incontro.
Con l'ascensore arrivo veloce al primo piano, dove lei sta dialogando in toni accesi, con una giovane, sexy e provocante infermiera.
«Si levi dal cazzo» sbotta lei gesticolando, «le manca poco per mettersi in mezzo alla strada, puttana» continua.
«Ma come si permette?» Domanda lei sguaiata.
Mi godo la scena poco più distante, poggiato al muro con una spalla e la braccia incrociate. Spero solo che Grace la smetta di fare la bisbetica e si volti, ma è così impegnata ad insultare quella ragazza che non riesce proprio a farne a meno.
Brady improvvisamente compare da un corridoio e l'acchiappa dal braccio.
«Tu sei impazzita...esattamente come tua sorella» ghigna trascinandola via, «scusala per favore, è una ragazzina viziata» si scusa con la collega.
«Ma ragazzina viziata dillo a tua nonna!» Sbotta Liz.
Continuo a ridere scuotendo il capo.
Brady si accorge di me, sbuffa e guarda la cognata. «Stai calma. E' lì Brian» Le fa cenno di voltarsi e lei in men che non si dica si guarda le spalle. Mi fissa e sbuffa. Avanza con andatura scazzata e mi salta al collo abbracciandomi. Solo dopo, osservandomi accuratamente, si rende conto dei lividi che mi ricoprono il volto e del cerotto che nasconde il mio naso.
Mi attanaglia il viso con entrambe le mani, mi fissa dal basso con occhi sgranati e mi sfiora con una mano il livido sotto l'occhio. Accenno una smorfia di dolore.
«Io so chi è stato. Credi che mi spaventi a prenderli a calci in culo?» Sbotta.
Sogghigno. «Non ce n'è bisogno» scuoto il capo.
Improvvisamente avverto la sirena di un ambulanza ed in men che non si dica compaiono all'entrata due barelle con due paramedici affianco.
Abbasso la testa per non guardare. Fin da bambino ho la fobia del sangue. Mi è capitato spesso di svenire. E' imbarazzante probabilmente, sì. Grace, invece, si gode la scena curiosa e pettegola.
Quando però afferro il succo della conversazione mi blocco. Stanno parlando del posto in cui sarei dovuto intervenire io la sera prima.
«Sono vittime di una sparatoria» dice un medico.
«Sono riusciti ad arrestare solo il capo, un ragazzo piuttosto giovane, con il tatuaggio di una carpa sul bicipite... ed un altro collaboratore.» Parla un'infermiera.
Prendo un lungo respiro e riconosco dalla descrizione l'uomo che mi ha lasciato trecento messaggi intimidatori, persino in segreteria. Sicuramente colui che mi disse "così impari", prima di lasciarmi marcire a terra. Attanaglio il braccio di Liz e la trascino poco più in là.

Bisbetica viziataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora