Capitolo 21

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Capitolo 21

Mi sveglio con vento leggero sul viso. Il sole batte dritto sui miei occhi, ma nonostante ciò tremo dal freddo. Solo quando mi guardo intorno mi rendo conto di essermi addormentata, anzi di esserci addormentati in mezzo ad un campo fuori città. Dylan ha la coperta fin sopra il volto, quasi gli copre persino i capelli. Mi siedo sgranando gli occhi e sbadiglio. Sfilo il telefono dalla tasca del giubbotto e mi rendo conto che sono le sei, mia madre andrà a svegliarmi in camera e quando non mi troverà si scatenerà la terza guerra mondiale. Così le lascio un messaggio vocale su Whatsapp.


«Ehi mamma, sono uscita di casa prima per ripassare con Beth, stai tranquilla.»


Poi mi concentro su Dylan e su come svegliarlo. Scosto la coperta dal suo viso e lo osservo. Ha la bocca schiusa, gli occhi strizzati come se la luce lo stesse infastidendo.
«Dylan» dico con voce squillante.
Lui emette uno strano lamento, ma non si sveglia.
«Dylan non sei a casa» continuo seccata.
Nessuna risposta, nessuna reazione.
Sbuffo, getto il capo all'indietro ed osservo il cielo limpido azzurro.
«Dylan voglio tornare a casa» mugugno.
«Vattene dai miei sogni» borbotta a denti stretti.
Lo guardo e scoppio a ridere.
«Non stai sognando!» Esclamo. «Sono reale e ti devi svegliare» sbotto.
Così spalanca un occhio, scattante si guarda da una parte all'altra, poi emette un ghigno e si sfrega il volto con entrambe le mani.
«Non ci posso credere» sbadiglia mettendosi seduto, «ci siamo addormentati qui» scuote il capo quasi incredulo.
«Portami a scuola» dico senza pensare molto al mio aspetto.
Così lui mi squadra da capo a piedi, scoppia in una fragorosa risata, tappandosi persino la bocca con una mano. Peccato che la mia non fosse una battuta.
«Non puoi dirlo sul serio...» sogghigna, «potrebbe venire un infarto a tutti gli studenti» ironizza.
Lo fulmino con gli occhi.
«Questo sarà un grave lutto per l'azione studentesca, vediamo quanti ne farai fuori» ride sistemando la coperta. «Andiamo da me, ti metti qualcosa di Beth e poi si va a scuola» dice ammiccando.
Scuoto il capo. «No» dico con tono severo.
Lui mi fissa accigliato e confuso. «Mia madre non c'è...» rotea gli occhi.
«Non è per tua madre» balbetto, portando i capelli dietro l'orecchio.
Assottiglia lo sguardo per fissarmi meglio. «Ho capito» sembra deluso. «Ci inventeremo qualcosa... e poi siamo solo stati in un campo a guardare le stelle, non abbiamo fatto l'amore o chi sa cosa» dice nervosamente gesticolando.
Rido strizzando gli occhi. «Va bene Murphy» sospiro sedendomi sul sedile davanti, mentre lui dalla parte del guidatore.
«Hai paura dell'opinione altrui?» Chiede mettendo in moto.
«Non mi piace che si fraintenda» allaccio la cintura, ma con la coda dell'occhio osservo la sua smorfia antipatica. «Ehi ti vedo» lo ammonisco.
Sbuffa, «Grace sarò chiaro.» Alza il tono di voce con tono severo. «Non me ne frega un cazzo di quello che pensa la gente, soprattutto se riguarda la mia vita.» Sbotta. «E poi di cosa ti preoccupi? Siamo amici. L'hai detto tu.» Si mette per la strada e la osserva guidando.
Non fiato, per tutto il tragitto guardo di fuori senza rivolgergli lo sguardo, anche se mi accorgo che molto spesso lo fa lui, probabilmente involontariamente.
Intanto alla radio passa "Photograph" di Ed Sheeran e lui aumenta subito il volume.



Quando arriviamo davanti casa sua, posteggia e corre dentro. Beth sta facendo colazione accovacciata sulla sedia, in pigiama. Vede entrare entrambi e comincia ad ansimare e tossire. Sputa i cereali con il latte nuovamente nella tazza e si batte il petto con due mani.
«Voi mi farete venire un collasso» prende un lungo respiro. «Mi spiegate?»
Dylan si spoglia del giubbotto e della maglia. «Dai qualcosa da indossare a Grace» dice.
Lei ci fissa corrucciata, senza muoversi di mezzo centimetro. Scruta me attenta, accenna una smorfia con la bocca e si mette in piedi. Mi acchiappa dal braccio, dirigendomi al piano di sopra. Si chiude in stanza con me e rovista nell'armadio, porgendomi un paio di jeans boyfriend e una camicia a quadri verdi e blu.
Poi incrocia le braccia al petto attendendo una spiegazione.
Mi spoglio senza pormi problemi e non parlo.
«Lo sai» sospira lei.
«Okay... ieri sera siamo usciti in macchina, voleva farmi vedere una cosa e ci siamo addormentati» dico indossando i jeans.
Lei spalanca la bocca. «Che ti ha fatto vedere?» Domanda.
«Un campo, con le lucciole» metto la camicia, sistemandola dentro il pantalone.
Lei annuisce.
Improvvisamente Dylan spalanca la porta e ci osserva, «andiamo?» Chiede.
«Aspettatemi sotto, mi vesto e vi raggiungo» dice sospirando.
Seguo Dylan al piano di sotto e mi siedo sul divano, mentre lui allaccia gli scarponcini neri.
«Ce l'hai con me?» Chiedo grattandomi il capo.
Non mi guarda. «Mi infastidisci Grace» ammette con tono rauco.
«Mi dispiace okay?» Sbotto.
«Lascia stare» sussurra avviandosi verso la cucina.

Bisbetica viziataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora