XXXII - Ray Of Sunlight

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Quasi due mesi. Due mesi. Mi pare impossibile.

Questo pensava Selena mentre camminava distrattamente verso la caffetteria del Campo Giove.

Due mesi da quando mi sono lasciata con Nico. Se solo ripenso a quella sera... Bé, si, perché negarlo, ci sto ancora male. Non mi aspettavo una cosa del genere, questo é poco ma sicuro. E poi, dopo... Dopo all'inizio é stato complicato. Voglio dire, non potevo mica costringere Piper e gli altri a smettere di parlargli, soprattutto perché io ero l'ultima arrivata, mentre lui era loro amico da anni. All'inizio si, é stato brutto. Il trovarsi a pranzo e a cena, le mani che si sfiorano inavvertitamente e subito si ritraggono, come colpite da una scarica elettrica. Gli sguardi vacui, o taglienti come lame, i silenzi imbarazzati, gli altri che ti guardano come se avessero capito qualcosa... Già, perché almeno Piper deve aver capito qualcosa. Insomma, prima nemici, poi amici, poi ancora estranei, qualche sospetto te lo fai venire.

Meno male che c'é Octavian.

Sorrise, al pensiero di quel nome.

Già, Octavian. L'augure, il discendente di Apollo, lo stronzo, come lo considerava l'ottanta per cento dei ragazzi del Campo... Proprio Octavian era stato la sua ancora di salvezza.

Dopo quella sera famosa, inspiegabilmente, ne erano seguite altre. Si erano incontrati per caso, due giorni dopo nella piazza principale di Nuova Roma, e lì avevano iniziato a chiacchierare come se non avessero mai smesso. Octavian aveva sicuramente un carattere particolare, e non era stato facile farlo aprire, all'inizio. Aveva notato subito la sua diffidenza verso chiunque avesse due gambe e un cervello, e in effetti durante le loro prime uscite era soprattutto lei a parlare, raccontandogli della vita a Washington, dove viveva suo padre, dei suoi pensieri riguardo all'essere figli di questo o quel dio, dei suoi pensieri sulla vita in generale, ma anche di quello che le capitava di giorno in giorno, di un verso di Saffo che le era rimasto particolarmente impresso a lezione, di un allenamento con la spada troppo faticoso, di Drew che occupava il bagno per decisamente troppo tempo.

E poi, piano piano, aveva iniziato a parlare anche lui. Le aveva raccontato del suo mestiere, dei suoi rapporti con il Senato e con Reyna, della sua famiglia. Anche lui sentiva le pressioni da parte dei suoi consanguinei, e questa era una cosa che aveva decisamente facilitato la loro confidenza. Come Selena era la "figlia perfetta" di Afrodite, quella che più di tutte incarnava i suoi ideali e che ovviamente doveva essere sempre all'altezza di ogni situazione, anche la famiglia di Octavian si aspettava sempre il meglio: erano una stirpe di auguri illustrissimi, gente che si era accaparrata in fretta il potere e aveva saputo tenerselo stretto, e da lui ci si aspettava come minimo che continuasse la tradizione di Pretore.

Una cosa che in realtà non l'aveva mai convinto molto; era un ottimo oratore, questo era vero, e ci sapeva indubbiamente fare con il Senato. Ma una cosa era fare l'augure rompipalle che ogni tanto arriva e fa girare i coglioni a tutti, un'altra essere effettivamente Pretore e portare sulle proprie spalle tutto il peso del Campo.

Reyna ci riusciva in modo invidiabile, le aveva confidato, perché la gente la rispettava e la vedeva come una guida. Un augure asociale, che non ha rapporti con esseri umani al di fuori di Reyna stessa, e appare per di più piuttosto menefreghista nei confronti di tutto ciò che succede intorno a lui, che Pretore avrebbe potuto essere?

SI attorcigliò una ciocca di capelli attorno al dito, come faceva sempre quando era pensierosa. Quel giorno aveva indossato il suo paio di shorts preferiti, una semplice canotta rosa pallido e una camicetta aperta dello stesso colore. Il suo outfit per quando doveva succedere qualcosa di speciale.

A volte le capitava di svegliarsi e sentire che, durante quella giornata, sarebbe accaduto qualcosa di importante. Non l'aveva mai detto a nessuno, di stranezze ne aveva già troppe, però quando accadeva le piaceva vestirsi così.

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