VIII - My Savior

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Hazel attraversò la collina dei Templi a passo spedito. I suoi occhi dorati, di solito così miti e calorosi, sprizzavano scintille di determinazione, mentre camminava verso l'edificio più importante di tutto il rilievo: il tempio di Giove Ottimo Massimo.

Il monumento torreggiava sugli altri con la sua titanica struttura bianca, in contrasto con le minacciose nubi rosse che a loro volta si levavano sopra il tetto d'oro.

La figlia di Plutone emise un sospiro: almeno era sicura che l'augure del campo Giove fosse al suo posto. Chi altro avrebbe potuto mettersi a scrutare il futuro nella casa della loro più importante divinità? Se Octavian avesse anche solo sospettato una cosa del genere avrebbe dato in escandescenze.

Si fermò davanti al tempio, osservando le nuvole. Una delle cose che più faceva arrabbiare Octavian (a parte tutto, s'intende) era venire disturbato durante i sacrifici; quindi, la ragazza si mise in paziente attesa di vedere che le nuvole di quel colore vermiglio si dissolvessero, per poter entrare senza correre rischi.

Il vento le scompigliava i riccioli castani, facendoli gonfiare e volteggiare come una corona attorno al viso rotondo che tradiva impazienza. Si torse la mani, guardandosi intorno alla disperata ricerca di qualcosa da fare in attesa che Octavian completasse il sacrificio.

C'era qualcosa che la turbava; anzi, che turbava soprattutto Jason. Anche se sia lui che Reyna avevano cercato di non darlo a vedere, Hazel aveva capito che c'era qualcosa che non andava. Qualcosa che in un modo o nell'altro sapeva anche Octavian. L'augure le era sembrato più irritabile del solito, e tutto il tempo che passava sulla collina dei templi non era sicuramente passato inosservato. Quindi, doveva esserci in ballo qualcosa di grosso. E se Octavian li avesse minacciati per ottenere il posto di Pretore? Era capacissimo delle azioni più subdole, pur di ottenere il potere. E vista la sua abilità retorica che avrebbe fatto invidia a Cicerone, sapeva toccare i tasti giusti per tirarsi dalla sua parte chiunque.

Tirò un respiro profondo, e si concentrò sulla melodia che le portava il vento nelle orecchie.

Ma ciò che sentì non assomigliava al suono che fanno gli alisei della California. Anzi, non assomigliava nemmeno al vento. Hazel non aveva mai sentito quel rumore, ma sapeva già di cosa potesse trattarsi. Si girò, in preda al terrore.

Ai suoi piedi, il campo era sotto attacco. Le legioni erano impegnate a combattere su diversi fronti, mentre cercavano disperatamente di contrastare... Delle arpie.

La figlia di Plutone si guardò intorno. Com'era possibile che non le avesse sentite arrivare? La collina dei templi non era molto vicina alla città, ma... Come per ricordarle la sua presenza, una raffica di vento più forte degli altri le schiaffò un ciuffo di riccioli bruni sul viso. Hazel si diede una pacca sulla fronte: certo, il vento!

Fino ad un attimo prima, era stato in direzione opposta alla città, ma ora che aveva cambiato improvvisamente senso, le urla dei mostri e dei suoi compagni le giungevano chiare e forti alle orecchie.

Senza pensarci due volte, iniziò a correre giù dalla collina, immemore del suo incontro con Octavian.

-Ma vuoi farti uccidere?- urlò Nico, rivolgendosi a Selena.

La ragazza avrebbe voluto rispondere a tono, con qualcosa di salace, ma si accorse di non trovare le parole giuste. Anzi, di non riuscire a trovare le parole e basta. Sentiva la testa piena di vento, come se qualcuno le avesse tagliato all'improvviso tutte le connessioni celebrali.

Aprì la bocca per tentare di dire qualcosa, ma il figlio di Ade fu più veloce.

-Coraggio, muoviti!- esclamò, prendendole la mano e costringendola ad alzarsi da terra.

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