XXVIII - Love stuff

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I tre semidei si fermarono con il fiatone, le armi ancora ben salde in mano, pronte all'utilizzo nel caso del bisogno.

-Ragazzi... Siamo sicuri che siano morte?- domandò Leo, fra un respiro e l'altro.

-Si, o almeno lo spero...- rispose Nico, girandosi indietro sospettoso.

-Le abbiamo fatte fuori, non preoccupatevi. Siamo al sicuro, adesso- li rassicurò il figlio di Giove, raddrizzandosi per darsi un contegno.

-Fino al prossimo mostro...- borbottò il figlio di Ade, ottimista come sempre.

Erano passati altri quattro giorni dall'attacco delle Dracene al campo, ma sembrava già una vita: da quel momento in poi era stato tutto un correre, scappare, essere attaccati e insomma rischiare la pelle ogni secondo minuto.

Quello era stato il turno delle Erinni, le temibili furie vendicatrici, che avevano dato loro del filo da torcere, e si erano rivelate più forti del previsto. O forse erano solo loro che erano semplicemente troppo stanchi per rispondere a tono a quella raffica di imboscate.

-Comunque, dovremmo essere nella zona dell'indirizzo- riprese a parlare Jason, guardandosi intorno.

Si trovavano in una zona montuosa del Colorado, circondati da alte vette e stretti canaloni. Uno scenario meraviglioso, se avessero avuto il tempo di goderselo.

Il ragazzo controllò sul foglietto dove si era appuntato l'indirizzo "gentilmente" fornitogli da Octavian.

-Si, questa é la Statale 82, dovremmo esserci...-

iniziò ad incamminarsi, seguendo la strada asfaltata che si inerpicava su per le montagne.

-Voi aspettatemi qui, torno subito!- urlò, accelerando il passo e sparendo dietro una curva.

Nico e Leo gli gridarono delle frasi di assenso di rimando, poi si sedettero su delle rocce lì vicino, mettendosi comodi per rinvigorire le forze.

Il figlio di Ade alzò lo sguardo sul latino. Lui e Leo non avevano mai avuto un rapporto di amicizia strettissimo; era vero, frequentavano lo stesso gruppo, e avevano anche compiuto delle imprese insieme, ma appunto, sempre insieme ai Sette. Non che si odiassero, semplicemente non avevano mai avuto l'occasione di conoscersi davvero. Inoltre, il carattere solare e buontempone del figlio di Efesto mal si accordava con il suo, cupo e tenebroso, per cui entrambi dovevano aver pensato che non valesse la pena avvicinarsi ad una persona apparentemente così diversa.

Eppure, durante la missione si era ricreduto su molti suoi aspetti; aveva capito, per esempio, che Leo dubitava molto delle sue capacità, e che il dono speciale con cui era nato gli dovesse aver fornito non pochi grattacapi. In questo si ritrovava anche lui: essere figlio del dio degli Inferi non é cosa di tutti i giorni, soprattutto quando si é anche il Re degli Spettri. Per Leo doveva essere stato uguale; figlio di Efesto, cosa normale (per quanto possa essere normale essere figli di un dio), ma con quel potere così grande, così potente, così devastante...

-... giusto?-

Nico alzò lo sguardo. Il latino lo osservava con espressione curiosa, come in attesa di qualcosa.

-Come, scusa? Non ti ho sentito...-

-Ho chiesto, ormai siamo in viaggio da più di dieci giorni, giusto?-

-Esatto...- rispose lui con un cenno del capo.

-Speriamo di essere nel posto giusto, voglio dire, non ci sono più stati attacchi al campo, certo, ma non si può mai essere sicuri, e poi sinceramente non ho voglia di affrontare altri agguati da parte di questi o quei mostri...-

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