𝑾𝒂𝒔 𝑰𝒕 𝑱𝒖𝒔𝒕 𝒂 𝑫𝒓𝒆𝒂𝒎?

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POV. (T/N)
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Gliel'avevo promesso, ma l'avrei mantenuta? Non mi sembrava corretto nei confronti di Lumine... Sospirai per l'ennesima volta. Ci avrei pensato quando sarebbe arrivato il momento. Non volevo dargli false speranze, ma avevo altro a cui badare.
Camminammo per miglia e miglia. Il deserto sembrava non finire più.

Tartaglia: «Fa un caldo pazzesco qui...»
Disse improvvisamente lui, asciugandosi un po' di sudore dalla fronte.
«Durante la notte dovrebbe far più freddo.»

Lo sentii sospirare e farfugliare un "spero" a bassa voce. Ridacchiai leggermente. Era abituato al freddo estremo da quel che mi aveva detto. Era già tanto se stava venendo con me in quel posto paragonabile all'inferno durante il giorno.
Ci sedemmo su una roccia posta vicino ad una casa mal messa.

«Chissà cos'è successo qui.»
Mi guardai intorno. Ogni volta il mio sguardo si posava su rovine differenti.
Tartaglia: «Guerre e cose del genere. Sai, le solite cose. Ci conviene non rimanere troppo tempo in questo posto.»

Sospirai. Aveva ragione. Più tempo passavamo qui fuori, più rischiavamo di finire le scorte di acqua.
Ci accampammo lì vicino per passare la notte. Ci saremmo alzati la mattina presto, per poter camminare un po' al fresco. Non vedevo l'ora di andarmene da lì, ma Al aveva bisogno del mio aiuto e non mi sarei di certo tirata indietro proprio ora. Mi sdraiai sulla fredda sabbia. Osservai le stelle brillare nel cielo notturno. Sembrava un palcoscenico esclusivamente loro. Sorrisi a quel pensiero assurdo, cercando di addormentarmi.

Tartaglia: «Pensi che... Ce la farai a scoprire il perché dell'assenza del fratello di Lumine e di questo fantomatico Dain di cui non ho mai sentito parlare?»

Mi chiese improvvisamente. Gli avevo raccontato un po' come sarebbe dovuta andare veramente la storia. Non aveva detto granché al riguardo, ma non ci diedi peso a quei tempi. Non seppi come rispondere. Nahida era l'unica forse a sapere la verità. Già... Forse. Sentendo che non gli rispondevo, sbuffò pesantemente alquanto stizzito.

Tartaglia: «Capisco.»

Disse infine, girandosi sull'altro fianco. Il silenzio cadde di nuovo tra noi due. Tornai ad ammirare le stelle, sperando di trovare risposte in quelle costellazioni in cielo. Forse qualcuna centrava con me. Pian piano sentii gli occhi chiudersi. Mi addormentai di lì a poco.
Mi svegliai al richiamo del ginger. Sospirai. Volevo dormire ancora un po', ma non avevamo tempo da perdere. Mi alzai molto controvoglia, prendendo le mie cose subito dopo.

Tartaglia: «Dove siamo diretti esattamente?»
Chiese qualche minuto dopo.
«È un po' più avanti. Dovrebbe essere una specie di centro da come l'ha descritto.»

Lui rispose un semplice "capisco", riprendendo a camminare. Non dissi nient'altro.
Camminammo in silenzio tutto il tempo.

«Siamo arrivati. Aspettami qui, tornerò presto.»

Dissi una volta raggiunta la fatidica destinazione. Lui non rispose. Si limitò a guardarmi per qualche secondo, per poi andarsene quasi deluso. Non riuscii a capire appieno, ma non feci domande.
Su, giù. Destra, sinistra. Quante volte avremmo fatto avanti e indietro ancora? Il deserto era davvero un posto orrendo, anche se con dei bei panorami.
Dopo l'ennesimo giro, riusciamo a terminare i preparativi per salvare Nahida. Finalmente ero un passo più vicina alla verità. Nahida sarebbe riuscita a dirmi qualcosa che sicuramente non sapevo. O almeno era quello che speravo. Mi feci catturare come da programma. Aspettai e aspettai e aspettai ancora. Qualcosa non quadrava. La vista mi si appannò improvvisamente. Sentivo le forze abbandonarmi. L'ultima cosa che sentii prima di perdere i sensi, fu una strana e inquietante frase: Non dovresti essere qui.
Mi risvegliai nella mia stanza. Che quello fosse stato tutto solo un sogno? Mi alzai distrattamente dal letto, osservando la mia camera. La finestra era appunto aperta, come mi ero accorta la prima volta che mi sono svegliata a Teyvat. Posai lo sguardo sul mio computer, ancora scossa dal sogno. Sempre se era stato tutto un sogno.

Mamma: «(T/n)! È pronta la colazione!»

La voce di mia madre mi fece tornare alla realtà. Sentivo come se mi mancasse qualcosa. O per meglio dire... Qualcuno. Non riuscivo a capire quella sensazione. Se era stato davvero tutto un sogno, perché mi mancava così tanto quel ginger? Soprattutto perché sembrava così vero? Mi diressi al piano di sotto, ancora scossa. In cucina vi erano già mio padre e mio fratello.

Papà: «Era ora che ti alzassi.»
Disse ridacchiando. Guardai l'orario: erano le dieci e venti. Gli lanciai una piccola occhiataccia.
«Andiamo papà! Ieri è stata una serata dura.»

Lucas rise di gusto alla nostra solita faida. Non riuscii a trattenere un sorriso. Mi erano mancati così tanto. Addentai affamata il pancake posto nel piatto di fronte a me.
Le lacrime iniziarono a rigarmi il viso, senza che nemmeno me ne accorgessi. Mi sembrava di essere sparita per settimane, ma nessuno di loro sembrava sconvolto. Doveva per forza essere un sogno. Mia madre si avvicinò immediatamente a me, chiedendomi cos'avessi. Non potevo parlare di quel sogno, mi avrebbero presa per pazza. Scossi la testa è risposi che i pancake erano più buoni del solito. Ebbero qualche dubbio, ma se la bevvero. Tornai nella mia stanza e accesi il computer. Dovevo scoprire la verità a qualunque costo. Controllai ogni sito che parlava di sogni e dei loro significati. Niente che mi servisse. Sospirai amaramente. Avevo una voglia matta di rivedere il ginger almeno un'ultima volta...

𝒀𝒐𝒖 𝑱𝒖𝒔𝒕 𝑺𝒆𝒆 𝑴𝒆... 𝑨𝒔 𝑨𝒏 𝑬𝒏𝒆𝒎𝒚? [𝐓𝐀𝐑𝐓𝐀𝐆𝐋𝐈𝐀 𝐗 𝐑𝐄𝐀𝐃𝐄𝐑]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora