1 - La mia famiglia

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La mia famiglia

"Una festa bellissima, semplice, vera... e pensare a tutti quei ricevimenti a Versailles... eppure non c'è paragone. A quei balli neanche ho danzato mai, quasi mai", si corresse Oscar. "E oggi, invece, ho ballato persino con alcuni soldati: e tu non ne eri affatto geloso".

"No, assolutamente", rispondeva André, mentre iniziava a mettersi in libertà, e si allentava le maniche della camicia. Poi si inginocchiò di fronte ad Oscar, seduta sul letto, e cominciava a carezzarle le caviglie sottili: "Solo un po' di Fournier, forse, perché è più bello e più giovane di me", aggiungeva, ripensandoci.

"Nessuno è più bello di te", gli rispondeva con ammirata predilezione.

"E di Lambert, perché è più spiritoso".

"Devo dire che nessuno è più spiritoso di André?", iniziava a comprendere il suo giochetto.

"...E poi di Bonnard, perché direi che gli piaci: si vede".

"Ma io posso piacere solo a te. Giusto?".

"Questo mi piacerebbe dirlo", le sorrideva, mentre dai piedi risaliva su con lo sguardo fino al volto: "Nessuno potrebbe mai amarti e credere in te più di quanto faccia io. E se potessi vietarlo, proibirei a tutti gli uomini di fare delle fantasie su di te. Ma sei così bella che è inevitabile che in molti altri ti ammirino. E che Bonnard si rifaccia pure un po' gli occhi, in mezzo a tanta miseria e desolazione".

Non era certo il caso di cedere ai cattivi pensieri, ma il panorama, attorno a loro, non era dei migliori. I tumulti di Parigi, la presa della Bastiglia avevano provato la popolazione e portato ad emergere i segni ulteriori della fame e della disperazione. A causa di quella precarietà, Oscar e André non potevano più aspettare perdendo altro tempo, e avevano sentito il bisogno di sposarsi subito. La loro unione aveva anche sparso intorno fiducia e il bisogno di credere ancora nel bene.

Nell'androne del palazzo di Rosalie e Bernard, si era tenuto il pranzo di nozze di Oscar e André. Una zuppa di patate, poche cose raccolte dai vicini, una torta di mele fatta dalla vecchia governante, mandata a prendere perché non mancasse alla celebrazione dei suoi due ragazzi.

La nonna di André era l'unica giunta da palazzo Jarjayes ed aveva provveduto a far indossare ad Oscar un abito da lei confezionato: sobrio e lineare, senza ornamenti, ma degno della bellezza della propria "bambina". Il rito era stato officiato dal parroco conosciuto a quelle riunioni sociali. Ed era appartenuto alla madre di André l'anello di cui lui aveva fatto dono alla sua sposa, gesto che commosse Oscar nel profondo e fece versare a nonna Marie fiumi e fiumi di lacrime.

Tutto questo aveva reso quella giornata splendida, colma di affetto, annaffiata dal poco vino ma dalla sincera giovialità di ciò che rimaneva del loro vecchio reggimento.

L'unica nota triste in quella situazione benaugurale e fausta, era l'assenza del padre di Oscar. Non poteva che essere così. Lei non lo aveva reso partecipe, poiché sapeva non avrebbe potuto accettare la propria figlia in mezzo alla penuria, alla bassezza, ospite presso una coppia di popolani in una specie di tugurio. Anche se il generale stimava l'uomo che lei aveva scelto come marito, Oscar sapeva che suo padre avrebbe provato disappunto, nell'impossibilità di comprendere la sua autentica felicità.

Rosalie e Bernard avevano disposto che la propria casa, in cui già ospitavano la coppia dalla loro fuga nobiliar-militare, per la notte delle nozze fosse riservata unicamente agli sposi.

"Non preoccuparti Oscar, io e Bernard vogliamo così, ci ritiriamo dalla vicina. Vi ho personalmente preparato la vostra camera, riservandovi la migliore accoglienza possibile".

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