25 - Insieme (Cronaca di un amore)

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"Non sei stanca?".

Dopo aver addormentato François, insieme, solerte e affettuoso più che mai André sfiorava le tempie della sua donna davanti ai bagliori del camino, come esternando il timore di privarla del necessario riposo: "Domani devi alzarti di nuovo presto, per essere già alle otto alla Cittadelle".

"Non lo sono affatto", lo fissava. "Perché tu invece preferiresti...".

"No... ma che mi importa di dormire!", neppure la fece finire di parlare, e la porto con sé. "Vieni".

Stese una coperta in prossimità del camino acceso, in quella sera piuttosto fredda. E vi si spogliò con lei.

Un silenzioso gioco in cui era bello donare di sé tutto al piacere dell'altro, la goduria di favorirlo, eppure sprofondare in quel che l'altro regalava al proprio. Generoso. Darsi e perdersi, insieme, e voltolare sul suono dei crepitii delle fiamme, barbagli al contatto di due anime eccitate.

Un guizzo esaltato li fece interrompere ad un tratto, suscitando uno sguardo prolungato, occhi negli occhi. Immobili. Un'euritmia di splendore.

Il tempo infinito possedeva una forma. Si trovava in un luogo. Generava un calore. Ed era contenuto in una coppia di sorrisi o in quel giardino di primavera che gemmava sotto le loro dita intrecciate. Rivelato in ogni liberato respiro, disotterrata chiave di un nascondiglio segreto.

"Ti amo. Solo per questo mi fai felice", gli carezzava lei il volto con le labbra riconoscenti.

"Felice mi rendi tu, per desiderio di essere mia", spandeva il bene di dolci suoni insieme al fiato caldo, sulle ciglia commosse della sua sposa.

Saldati nell'armonia, ricominciando nell'amore a inoltrarsi in un cammino infinito di baci e di indugi. Quanta gratitudine era in quel piacere. Il gongolare dei loro cuori. Amarsi era insieme la fine della lezione, il fluttuare nell'acqua, il primo morso della fetta di torta della nonna, da bambini, o tutte le caramelle in un giorno di ricorrenza. Era come una ghiottoneria sfamata.

E persino la morte schivata nell'agguato, il galoppo a perdifiato lungo un destino mai più senza divisioni. Nemmeno il sonno della notte li separava davvero.

"Ti amo", le sussurrava al risveglio, dal bordo del collo, per destarla prima con l'amore che con il far del giorno. "Non te l'ho detto ieri sera".

"Lo hai fatto", ebbe lei un brivido, al tremito della sua pelle sotto le labbra di lui. "Dobbiamo proprio alzarci...", disapprovava.

"Hai già cambiato idea circa il tuo impegno?", la cingeva tra le braccia per coccolare la sua esitazione.

"No, no di certo... ma è così bello protrarmi in te, quando mi svegli", si sollevò di lato, cercando il suo viso.

"Siamo in anticipo per prepararci. E poter fare colazione insieme a François. Solo noi. E poi, ti porto io alla fortezza".

"Peccato non poterci andare in carrozza".

"Se hai freddo, ti ci porto...".

"Ma no", si poggiava su di lui, reclamando: "Che me ne faccio della carrozza, se tu resti in cassetta. È che sarebbe bello tirartici dentro", affidò il suadente appello in un bacio.

" Temi anche solo che i tuoi gendarmi possano spiarci mentre ci teniamo per mano: figuriamoci se una come te consentirebbe che fosse qualcun altro a condurci a destinazione, mentre ti lasci corteggiare dentro la vettura!", illanguidiva lui quei pensieri con un leggera ironia.

"Sarebbe però una bella visione", replicò Oscar con voce sognata.

"Ti riferisci alla nostra, o a quella di chi ci spia...".

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