6 - Soldati, mestoli e fette di torta

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Non un'esercitazione. Fu un'incantevole battaglia che procedette, rinvigorita, ostinata, per buona parte del pomeriggio, comprensiva di abbordaggio, momenti d'assalto, stato di invasione, azioni di conquista. E consentito uso delle armi: di seduzione, naturalmente.

Era scaturita dal gioco di André la fantasia di riavere la sua donna in divisa, di amarla con indosso la vecchia giacca da colonnello, che esibiva la pelle diafana di lei oltre il colletto lasciato aperto, e al di sotto delle lunghe code che scendevano sui suoi fianchi levigati.

Senza scopo belligerante e alcuna strategia di difesa, volto piuttosto alla soddisfazione invidiabile dei due soldati, lo scontro era via via mutato, anche in considerazione della loro dolce attesa, in un provvedimento col quale entrambi, pur senza alcun armistizio, si erano piegati l'una alle condizioni dell'altro, amandosi caldamente, sotto la coltre morbida del proprio letto accogliente.

"Che cosa sei...", si domandava André, beato di quell'amore, dal bordo dalle coperte, mentre sua moglie gli abbracciava il petto, distesa accanto a lui."Non so spiegarmi cosa di te preferisco. Se l'animo caldissimo che hai dentro, o quella melodia delicata, che sparge il tuo cuore".

"E tu non scegliere", gli rispondeva abbandonata e avvinta, "perché tanto di me ogni cosa ora ti appartiene".

"Sei impetuosa, impetuosa e travolgente, mio comandante".

"E tu sei sempre stato il mio miglior soldato", gli confidava, nel sistemarsi col viso tra il collo e le spalle del suo amato.

"Davvero?", lui le carezzava dolcissimo le braccia. "Credevo fosse Alain, in verità".

"Sì, certo, era bravo, ma tu... tu sì che sei sempre stato... ti ricordo, sai?", proseguì rievocando le parole di lui: "Non sono perfetto? Non sono forse diventato un ottimo soldato della guardia?".

André la guardava intensamente, come a volerle fare una domanda.

"Sì, io ero lì. E non te l'ho detto per non ferirti. Forse non te lo avrei detto nemmeno adesso, se non ti fossi operato. Sono così felice che tu lo abbia fatto... e preferisco non doverti mentire. Mai".

Restò per un istante ancora in silenzio. Quel silenzio che lui pure ascoltava.

Poi riprese a dare voce, fiera, agli apprezzamenti riguardo il suo combattente: "Persino con il tuo problema alla vista, di cui non ero a conoscenza, sei stato il migliore tra i miei soldati. Quella mattina tu scherzavi. Scherzavi, come fai sempre, come ti ritrovai allora. Però avevi detto la verità". Proseguiva convinta: "Tu sei sempre così capace, meticoloso, attento. Curato nella presenza, distinto nei modi".

"Accidenti, tutte queste cose?", si insuperbiva orgoglioso.

"Tutte queste cose. Che possiedi come uomo, non solo come soldato. E non si tratta solo di avere certe doti... soprattutto tu...".

"...Ora però stai esagerando".

"È proprio questo, invece", si sollevò da lui. "La tua innata modestia. Il tuo riserbo. Te stesso, sempre al meglio delle tue capacità, ma senza curarti di apparire, di abbagliare. Mi hai attirato a te, ma senza volermi incantare. Mai. E più sono tua, più mi accorgo che avresti potuto stregare chiunque".

"Di sicuro non te. Non sei fatta per questo genere di cose. È meglio, allora, che io non abbia di questi interessi", le disse puntandola dritta negli occhi, mentre ne fermava il volto trai capelli splendenti. "Come hai imparato ad aprirti, colonnello. Non sai che gioia che mi da", fece un sorriso per poi riprendere a custodirla in una stretta, tra le sue braccia. "Quanto ho desiderato questa comunicazione aperta tra di noi. E quanto dovevo stare attento con te: andare piano per non sbattere contro le tue recinzioni. Voglio dire, non mi preoccupava per me. Ma per te. Io li vedevo, i doni che possedevi. La tua bellezza, la tua magnanimità: a me parlavano. Comunque. Ma era come il linguaggio di una muta. Di una donna che non sapeva di possedere tutto questo, e di poterne godere. Sono felice che tu sia libera di farlo".

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