Le strade di New York non avevano segreti per Evelyn, che in sella alla sua moto vi sfrecciava infrangendo ogni limite di velocità. Erano due anni che non percorreva quella strada, eppure la ricordava come se le fosse stata scolpita nella sua memoria.
Sterzò bruscamente solo quando fu davanti al maestoso cancello in ferro battuto, lo guardò per un lungo momento prima di togliersi il casco e svelare alle guardie la sua identità.
Non ebbe bisogno di presentarsi, la conoscevano bene i due uomini che facevano da sentinella all'entrata, quindi, quando le spianarono la strada partì sgommando lungo il vialetto alberato.
Quando si fermò davanti la grande fontana che era situata al centro dell'immenso prato e di fronte alla villa scese dalla moto, scosse un po' la testa sistemando i lunghi capelli neri e si guardò attorno. Tutto di quell'ambiente le era familiare, e fu strano per lei trovarsi di nuovo lì, ma non diede peso al macigno che le fece sprofondare il cuore nello stomaco e si avviò verso l'entrata.
Nulla era cambiato in quei due anni, tutto era come lo ricordava, e sorrise quando flash di attimi passati con lui le piombarono prepotenti davanti agli occhi.
<<Evelyn>>
La voce anziana di Helen riecheggiò nella stanza facendo trasalire la ragazza dal suo stato di trance, non ebbe il tempo di rispondere che le braccia della domestica l'avvolsero in un abbraccio a cui non seppe sottrarsi.
<<Oh cara, sei sempre più bella>>
Evelyn sorrise e guardò la donna. I ricordi di come Helen si prese cura di lei dopo la morte della madre riaffiorarono causandole un moto d'emozione, quella che doveva essere una semplice domestica si rivelò la sua più grande ancora di salvezza in un periodo dove lei, era sicura di non provare più sentimenti di alcun tipo.
Fu lei ad insegnarle tutte quelle canzoni italiane di cui Evelyn si era perdutamente innamorata.
<<Quante volte ti ho detto di stare al tuo posto serva?>>
Tuttavia quella frase fece scattare Evelyn rompendo così l'abbraccio con l'anziana donna, e fu sorpresa di ritrovarsi di fronte ad una ragazzina. Serrò la mascella non appena notò l'aria altezzosa che invadeva il suo spazio vitale, e non le piacque come venne intitolata Helen.
<<Porta rispetto ragazzina>> l'aggredì
<<Tu chi sei? E che cosa ci fai in casa mia?>>
La voce stridula della ragazza diede fastidio ad Evelyn, eppure non riuscì ad ignorare come aveva chiamato quel posto.
<<Potrei farti la stessa domanda>>
<<Io sono Camille, la fidanzata di Aleksander>>
Camille, che fino a quel momento era riuscita a mantenere alta la messa in scena della ragazza sicura, tremò quando guardò la ragazza che aveva davanti. Gli occhi sembravano essere diventati più scuri, e si meravigliò di come questo particolare la potesse rendere molto più bella. Ne studiò ogni tratto, i capelli neri e lunghi oltre le natiche, il fisico asciutto e allenato, l'altezza non indifferente. Sembra una modella pensò, però quando i suoi occhi ritornarono fissi su quelli di Evelyn un brivido di paura le attraversò la schiena, e solo quando se la ritrovò ad un palmo di distanza tremò sommessamente.
Evelyn fu soddisfatta, compiaciuta oltre ogni limite che, quella ragazzina definitasi la fidanzata di Aleksander, ebbe paura. Tuttavia per quanto volesse risultare indifferente al tono, all'etichetta che si era affibbiata addosso non riuscì a provare un profondo fastidio.
<<E da quando?>>
<<Da... da un anno...>>
La voce di Camille tremò insieme al suo corpo, ma Evelyn riuscì a sentire solo il suo cuore cadere in frantumi.